Un duro scontro interno sta agitando il governo israeliano: il Ministero della Sicurezza e quello delle Finanze sono ai ferri corti per la copertura dei costi legati alle recenti offensive su Gaza e Iran, escluse dal bilancio statale 2025. Il Ministero della Sicurezza ha richiesto 60 miliardi di shekel in fondi d’emergenza, ma il Tesoro si è rifiutato di approvare l’aumento, provocando ritardi nell’acquisto di elementi considerati essenziali, come i missili Arrow e veicoli blindati per le truppe operative.
Perchè non possiamo avere anche noi un capo del governo “normale”? Uno che ragioni primariamente nell’interesse dei suoi cittadini? Perchè il buon senso, una volta onnipresente, è ormai diventato una specie di merce rara, quasi introvabile nei politici odierni?
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Sopravvissuto ai campi di concentramento, Stephen Kapos denuncia il genocidio sionista di Gaza e l'orrore nel vedere gli israeliani che sono diventati più razzisti degli stessi nazisti.
A Washington la guerra dei vaccini è in pieno svolgimento. Da una parte Robert Kennedy cerca di mettere sotto controllo i criteri con cui i vaccini vengono messi sul mercato, dall’altra Big Pharma cerca addirittura di organizzarsi da sola, per vendere i vaccini direttamene al pubblico, bypassando interamente il sistema governativo.
Come ricorderete, un paio di settimane fa Robert Kennedy aveva licenziato in tronco i 17 membri del comitato consultivo del CDC (ACIP), accusati di lavorare in conflitto di interessi. Ora ne ha già sostituiti otto, e con questi otto ha fatto partire la nuova proposta, che prevede come prima cosa una ricerca approfondita sugli effetti cumulativi delle vaccinazioni infantili.
Li abbiamo sentiti tutti, in questi giorni, i vari commentatori televisivi che ci ripetevano fino alla nausea che “L’Iran lo ha scritto in costituzione che vuole cancellare Israele dalla faccia della terra”
E’ una balla colossale.
Basta andare a leggere la Costituzione dell’Iran, tradotta in italiano dall’istituto di Cultura iraniano, per rendersi conto che non soltanto quella frase non esiste, ma che la stessa parola “Israele” non compare mai, nemmeno una volta, nei 177 articoli da cui è composta la Costituzione.
Lo stretto di Hormuz è uno snodo cruciale nel mercato mondiale di petrolio. Largo circa 40 km, vede il passaggio quotidiano di 20 milioni di barili di petrolio, provenienti dai paesi del Golfo (Iraq, Kuwait, Arabia Saudita, Bahrain, Qatar, Emirati, e lo stesso Iran), e diretti in ogni parte del mondo.
Chiudere lo stretto sarebbe come chiudere la stazione Termini di Roma: metà del traffico nazionale verrebbe bloccato.
La prima conseguenza immediata sarebbe un aumento del prezzo del petrolio. Oggi è di 75 dollari a barile, e potrebbe tranquillamente raddoppiare in poche settimane. Questo a sua volta porterebbe un aumento del costo dell’energia, con ricadute sul costo della vita, sull’inflazione, e sui ritmi di produzione industriale, soprattutto nei paesi occidentali.
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(La puntata di Bordernights è stata registrata venerdì sera).
Dopo il suo ultimissimatum di lunedì scorso (“L’Iran ha tre giorni di tempo per accettare la resa incondizionata”), Donald Trump ha fatto una vistosa marcia indietro, concendendo ora agli Ayatollah “due settimane di tempo” per prendere una posizione più ragionevole sul suo progetto nucleare. Anche di ammazzare Kamenei, per ora non se ne parla più.
Questo dietro-front palese dimostra alcune cose: 1) che Trump non sa distinguere una partita di poker con amici da una crisi geopolitica mondiale. Per lui la tecnica del bluff è identica, con la differenza che una volta scoperto il bluff sulle minacce all’Iran si rivela in pieno la sua debolezza come leader mondiale.
E' da 30 anni che gli iraniani sono ad un passo dal costruire la bomba atomica.
Questo articolo descrive con precisione l’effimero “lavaggio di coscienza” che abbiamo vissuto in Italia a favore di Gaza. E’ durato una settimana.
di Pasquale Liguori
Non pochi avevano creduto - ingenui - a un barlume di rinsavimento del sistema. Persino i media liberal padronali (Repubblica, Corsera, Mentana & co.), dopo mesi di complicità, sembravano accorgersi che a Gaza si stava consumando un genocidio. Addirittura, il PD balbettava qualcosa del genere e quelli del “né con… né con…”, del “7 ottobre condannato senza se e senza ma” in premessa, si erano messi in marcia. E via poi con Ong, Onlus, Pro Loco, scout, festival, tavoli per la pace, arcobaleni, gruppi facebook infervorati. Tutti in un nuovo coro, allineato. Con le loro grafiche emotional da “ultimo giorno”, i leggiadri hashtag solidali, le bianche lenzuola stese e quei cinque minuti di buio programmato per dar luce alle coscienze.
Ricorderemo questo vivace mese di redenzione.
Aleggiava perfino un’ebbrezza da “massa critica” - l’ho sentito dire da insospettabili. Il sistema vacillava! L’opinione pubblica si destava!
Leggi tutto: Tel Aviv: la guerra è finita, ma la crisi è appena iniziata