Le parole sono estremamente importanti, questo lo sappiamo tutti. L’uso di un termine piuttosto che di un altro può cambiare il senso di un intero discorso. Ma le parole diventano ancora più importanti, quando al loro posto si usano le etichette.
Le etichette sono micidiali. Sono parole che, in un colpo solo, hanno il potere di descrivere ed insieme di giudicare una persona.
Nei tempi moderni, è stata la CIA la prima a scoprire la potenza devastante delle etichette. Quando, nel 1964, cominciarono a circolare i primi dubbi sull’omicidio Kennedy, qualcuno coniò il termine “conspiracy theorists” (teorici del complotto) per tutti coloro che non credevano alla versione ufficiale del governo americano.
Questa etichetta ebbe un doppio risultato devastante: primo, insinuava una accezione negativa del termine (per cui scoraggiava le “persone perbene” a dubitare della versione ufficiale, per “non fare brutta figura” in pubblico), e secondo – molto più importante – permetteva a chi la utilizzasse di non doversi confrontare sui fatti specifici. In altre parole, usando quel termine, da una parte si gettava discredito sul complottista, e dall’altra si era esentati dal discutere con lui.
Secondo un rapporto di Reporter Senza Frontiere pubblicato martedì, quasi la metà di tutti i giornalisti uccisi nell'ultimo anno sono stati uccisi dall'esercito israeliano nella Striscia di Gaza.
Il rapporto annuale dell'organizzazione, con sede a Parigi, copre il periodo dal 1° dicembre 2024 al 1° dicembre 2025. Il rapporto ha rilevato che 67 giornalisti sono stati uccisi in tutto il mondo durante quel periodo, di cui 29, ovvero il 43%, a Gaza.
"L'esercito israeliano è il peggior nemico dei giornalisti", afferma il rapporto, aggiungendo che un totale di 220 giornalisti sono stati uccisi a Gaza dall'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e dalla successiva guerra biennale condotta nella Striscia.
Il rapporto menziona anche specificamente il doppio attacco israeliano all'ospedale Nasser di Khan Yunis ad agosto, durante il quale sono stati uccisi quattro giornalisti.
Due belle notizie da Israele, una più edificante dell’altra.
La prima è che Netanyahu ha chiesto al presidente Herzog il perdono per i reati di cui è accusato in tre processi differenti (corruzione, frode e abuso di fiducia). Lo ha fatto, naturalmente, senza ammettere la propria colpevolezza. Netanyahu ha detto: "Nonostante il mio interesse personale nel portare a termine il processo e dimostrare pienamente la mia innocenza, credo che l'interesse pubblico imponga diversamente".
Praticamente: dopo aver fatto rimandare i suoi processi con mille scuse infinite, lui rinuncia a provare la propria innocenza, e chiede il perdono (per qualcosa che ovviamente non ha fatto), nell’interesse di tutta la popolazione. Che tenero, è quasi commovente nel suo generoso altruismo. Quando si dice avere il senso della nazione.
Ieri a Londra è stato diramato questo comunicato congiunto da parte di Francia, Germania, Italia e UK sulla situazione in Cisgiordania. Come la interpretate voi? Secondo voi, qualcosa sta cambiando?
Noi – Francia, Germania, Italia, Regno Unito – condanniamo fermamente l'aumento massiccio della violenza dei coloni contro i civili palestinesi e chiediamo stabilità in Cisgiordania. Le attività destabilizzanti rischiano di compromettere il successo del Piano a 20 punti per Gaza e le prospettive di pace e sicurezza a lungo termine.
Il numero di attacchi ha raggiunto nuovi picchi, con 264 attacchi a ottobre secondo l'OCHA [Ufficio delle Nazioni Unite per le Questioni Umanitarie], il numero più alto di attacchi dei coloni in un singolo mese da quando le Nazioni Unite hanno iniziato a registrare tali incidenti nel 2006. Questi attacchi devono cessare. Seminano terrore tra i civili, sono dannosi per gli sforzi di pace in corso e per la sicurezza duratura dello stesso Stato di Israele.
Noi, ministri di Francia, Germania, Italia e Regno Unito, chiediamo al Governo di Israele di rispettare i suoi obblighi in base al diritto internazionale e di proteggere la popolazione palestinese nei territori occupati.
Anche Israele ha la sua Francesca Albanese. La “strega” maledetta si chiama Yifat Tomer-Yerushalmi, ed è un General Maggiore dell’IDF, con il ruolo di Military Advocate General, ovvero una specie di Ministro di Giustizia dell’esercito.
Esattamente come la Albanese, anche Tomer-Yerushalmi ha commesso il più alto crimine che si possa commettere in questo momento contro Israele: raccontare la verità.
Nello specifico, Tomer-Yerushalmi è responsabile per il rilascio dei video della prigione di Sde Teiman, nei quali si vedevano i soldati israeliani maltrattare e violentare alcuni detenuti palestinesi. Fu all’epoca uno scandalo mal represso, con i giornalisti di mezzo mondo che fecero a gara per dare la notizia (impossibile non darla) senza attribuirle troppa importanza.
Francesca Albanese ha presentato all’ONU il suo rapporto intitolato “Genocidio a Gaza: un crimine collettivo”, accusando gli stati occidentali di complicità nel genocidio. Il rapporto è stato criticato non solo – ovviamente – da Israele, ma anche dal nostro stesso ambasciatore all’ONU, Massari, che lo ha definito “totalmente privo di credibilità”
COSA DICE IL RAPPORTO
Israele, ha detto Albanese, ha lasciato Gaza “soffocata, affamata e distrutta”. Il suo rapporto, che esamina il ruolo di 63 Stati nelle azioni di Israele (sia a Gaza che in Cisgiordania), denuncia un ordine mondiale coloniale, sostenuto da un sistema globale di complicità.
“Attraverso azioni illegali e omissioni deliberate, troppi Stati hanno danneggiato, fondato e protetto l’apartheid militarizzato di Israele, permettendo alla sua impresa coloniale di trasformarsi in genocidio, il crimine supremo contro il popolo indigeno della Palestina”.
In Palestina continua il teatrino delle illusioni.
Dieci giorni fa abbiamo avuto gli “accordi di pace” fra Israele e Hamas, che sono stati firmati da mezzo mondo, ma non da Israele nè da Hamas. E non è certo un caso che Hamas abbia appena dichiarato che “senza il ritiro totale dell’IDF da Gaza non deporremo le armi”, mentre Netanyahu ha dichiarato che “a Gaza ci siamo per restare. Dobbiamo garantire la sicurezza di Israele”.
Quindi, in sostanza, nulla di fatto. Hamas rimane, l’IDF pure, e presto troveranno un pretesto per ricominciare a combattere. Con la differenza che ora Israele avrà le mani completamente libere, perchè gli ostaggi vivi sono tutti tornati a casa.
Però al mondo è stata servita la bugia della “pace in Palestina”, perchè era necessario far scendere un pò il livello di indignazione nel mondo, prima che andasse fuori controllo. E’ stata una grande operazione di ipnosi di massa, che grazie alla connivenza dei media mainstream ha funzionato alla perfezione.
Pensate di assistere ad una meravigliosa festa di matrimonio. Ci sono ospiti venuti da ogni parte d’Italia. Ci sono i parenti, gli amici, gli zii, i cugini, i vecchi compagni di scuola, i colleghi di lavoro… Insomma ci sono veramente tutti, ma mancano loro: mancano gli sposi.
Questo è, mutatis mutandis, quello che è accaduto ieri a Sharm el-Sheikh. C’erano tutti, per la firma dell’accordo “di portata storica”. C’erano gli Stati Uniti, l’Egitto, la Turchia, l’Arabia Saudita, la Giordania e il Qatar. C’erano Macron, la Meloni, Keir Starmer, Friedrich Merz e Pedro Sanchez. C’erano il Pakistan, l’Indonesia, l’India, e persino il Canada.
Mancavano solo loro due: Israele, e Hamas.
"Sosteniamo che vi sia una presumibile complicità del governo italiano nei crimini israeliani menzionati e che la relativa responsabilità sorga presumibilmente in capo ai principali componenti del governo italiano e cioè il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro degli esteri nonché vicepremier Antonio Tajani, e il ministro della difesa Guido Crosetto, da ritenere presumibilmente colpevoli in quanto titolari del potere decisionale in ordine alla cooperazione militare e di sicurezza con Israele e all’autorizzazione delle forniture di armi, senza che possano opporre alcuna immunità di natura personale e funzionale, dato che le relative attività si sono svolte nel più evidente dispregio delle normative interne e internazionali".
E’ probabile che gli stessi organizzatori dell’operazione flottiglia, all’inizio, non avessero previsto quelle che sta succedendo, e quello che probabilmente succederà, nei prossimi giorni.
Inizialmente, devono aver pensato: “Facciamo una azione dimostrativa: arriviamo fino a Gaza, ci facciamo arrestare, e in questo modo attireremo l’attenzione del mondo sul genocidio in corso”.
Ma quello che sta succedendo è ben altro: ciò che non avevano previsto, infatti, è la stupidità di Israele che, invece di ignorarli fino all’ultimo momento, sta facendo di tutto per attirare l’attenzione del mondo sulla flotta in avvicinamento. Nel tentativo di scoraggiare i partecipanti ad avvicinarsi a Gaza, li stanno attaccando addirittura con i droni, quando ancora si trovano a centinaia di miglia dalla loro destinazione. Evidentemente questa flottiglia deve aver toccato un nervo scoperto in Israele, perchè in questo modo le prime pagine di mezzo mondo parlano già del problema, prima ancora che diventi tale.
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