Esiste una discussione aperta, fra storici e giuristi internazionali, sulla legalità dell’esistenza dello stato di Israele. Alcuni sostengono che la fondazione di Israele sia pienamente legittimata dal diritto internazionale, altri ritengono di no.
I passaggi fondamentali della costituzione giuridica di Israele sono quattro: la Dichiarazione Balfour (1917), il Trattato di Sanremo (1920), la risoluzione 181 delle Nazioni Unite (1947) e la Dichiarazione di Indipendenza di Israele (1948).
LA DICHIARAZIONE BALFOUR
Nel novembre 1917, Lord Arthur Balfour, ministro degli esteri inglese, scrive una lettera a nome del proprio governo, indirizzata a Sir Lionel Rothschild, con la preghiera di trasmetterla alla Federazione Sionista. La lettera recitava testualmente: “Il governo di sua Maestà vede con favore la creazione in Palestina di una casa nazionale per il popolo ebraico, e si adopererà al meglio delle sue possibilità per facilitare il raggiungimento di questo obbietivo, con la chiara intesa che nulla sarà fatto che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non-ebraiche già esistenti in Palestina, nè i diritti o lo status politico di cui godono gli ebrei in qualunque altra nazione.”
Dopo una breve pausa nei combattimenti nella Striscia di Gaza, il 4 dicembre è ripresa con vigore la guerra condotta dal governo israeliano contro Hamas.
Utilizzando come pretesto l'eliminazione definitiva della "minaccia terroristica", l'esercito israeliano sta dimostrando ancora una volta di non avere alcun rispetto per la popolazione civile palestinese.
È evidente a qualsiasi osservatore obiettivo che non si tratta più di protezione, ma di un attacco mirato - un attacco che accetta volentieri la distruzione di decine di migliaia di vittime innocenti, tra cui migliaia di bambini.
Quali sono le ragioni dietro questa mostruosa disumanità? Cosa si cela dietro di essa e, soprattutto, chi ne è responsabile? Alcuni eventi di fondamentale importanza, spesso ignorati dai media tradizionali, potrebbero rivelare la verità e avere un impatto significativo sullo sviluppo futuro del conflitto.
(Questo articolo è stato scritto nel 2009)
PRIMA PARTE
C'era una volta una bella penisola, fatta a forma di stivale, che si allungava ridente nel più bel mare del mondo, il Mediterraneo.
La penisola era popolata di pastori, agricoltori e commercianti, quasi tutti ex-beduini in via di urbanizzazione. Non particolarmente colti magari, erano certamente un popolo di gente allegra e calorosa.
Parlavano l’arabo antico, una lingua molto ostica per gli altri popoli, che si adattava invece alla perfezione per loro espressioni gutturali. Vivevano in grande armonia, scambiandosi prodotti agricoli e commerciando da una regione all'altra, in un perfetto equilibrio naturale, risultato di una tradizione millenaria.
Accadde che in posto lontano ebbe luogo una terribile guerra, alla fine della quale furono scoperti dei campi di concentramento, nei quali erano stati sterminati alcuni milioni di esseri umani (sul conto preciso c’è ancora qualche discordanza, ma erano comunque tantissimi, e la cosa non fu bella da vedere).
La seguente testimonianza è stata resa da Zakaria Baker l'11 novembre 2023. La testimonianza è stata raccolta da Amplify Gaza Stories, un'organizzazione che lavora sul campo per raccogliere e tradurre testimonianze degli abitanti di Gaza, per fare in modo che le loro storie di lotta, resilienza e sopravvivenza vengano conosciute al mondo.
Mi chiamo Zakaria Baker, sono una delle persone sfollate dalle proprie case quattro giorni fa, intorno al 7 novembre 2023.
L'inizio dello sfollamento avviene così: un ufficiale dell'intelligence israeliana ha chiamato uno dei miei cugini. Eravamo circa una ventina, seduti sulle sedie. Il bombardamento del campo profughi di Al-Shati non si è fermato un solo secondo. I missili lanciati contro il campo, non potevamo né vederli né sentirli. Erano bombe a botte [barrel bombs]. Quando furono sganciate su un blocco residenziale di sei o sette case, le distrussero completamente. La cosa più spaventosa e dolorosa è che questi missili vengono lanciati contro case piene di persone. I corpi nel campo di Al-Shifa sono ancora sotto le macerie. Potevamo sentire l'odore dei cadaveri.
di Alessandro Orsini (post Facebook 21 nov 23)
Lo scrittore e attivista Edward Curtin ha pubbicato una lettera aperta intitolata “Epistola a Robert Kennedy Jr.”. Non solo una lettera di alto valore morale, ma anche una bella lezione di storia.
Caro Bobby,
Come sai, ho sostenuto la tua candidatura alla presidenza ancora prima che tu scendessi in campo, la primavera scorsa. Ti ammiro e credo in te da anni, e quando ti sei candidato ho sperato per la prima volta, dopo decenni, che la tua natura non violenta, affinata dalla tua tragica storia familiare e da una profonda repulsione per le guerre imperiali e per la storia violenta del nostro Paese, avrebbe trionfato e inaugurato una nuova era di pace. Nonostante gli oppositori che ti hanno denigrato fin dall'inizio, ero convinto che avresti scioccato coloro che ti ridicolizzavano e ti diffamavano, e che saresti stato l'uomo capace di portare avanti il discorso del presidente Kennedy all'American University, e di onorare l'eredità sua e di tuo padre di "pace non semplicemente per gli americani, ma per tutti gli uomini e le donne” perché “respiriamo tutti la stessa aria” e “tutti abbiamo a cuore il futuro dei nostri figli” e perchè “siamo tutti mortali”.
Ho pensato che avresti sanato il divario invece di aumentarlo. Vederti inciampare nel tuo cammino, offrendo il tuo pieno sostegno ai leader sionisti di Israele, è stato un duro colpo per me.
Nei giorni scorsi Franco Fracassi ha diffuso la notizia del documento del Ministero dell’Intelligence israeliano nel quale si pianifica la pulizia etnica di Gaza, con relativo trasferimento di tutti i suoi abitanti in Egitto. Ne ha parlato anche il blog di Pepe Escobar [grazie a Komax per la segnalazione]. Fracassi ha fatto una traduzione italiana del documento originale (Franco conosce un pò di ebraico, e si è aiutato con Google). La traduzione quindi potrebbe non essere precisa al 100%, ma il senso del documento traspare chiaramente. Eccolo:
13 ottobre 2023 - UN PIANO PER IL REINSEDIAMENTO E LA RIABILITAZIONE DEFINITIVA IN EGITTO DELL'INTERA POPOLAZIONE DI GAZA: ASPETTI ECONOMICI
Attualmente esiste un’opportunità unica e rara per evacuare l’intera Striscia di Gaza, in coordinamento con il governo egiziano. Questo documento presenterà un piano sostenibile con un’elevata fattibilità economica, che ben si allinea con gli interessi economici e geopolitici dello Stato di Israele, dell’Egitto, degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita. Una sintesi di un piano immediato, realistico e sostenibile per il reinsediamento umanitario e riabilitazione della popolazione araba della Striscia di Gaza.
Lentamente, ci stiamo abituando. Bomba dopo bomba, cadavere dopo cadavere, giorno dopo giorno, lentamente stiamo accettando l’idea che Israele possa portare avanti impunemente il suo sporco lavoro di pulizia etnica in Palestina. E lo stanno facendo sotto gli occhi di tutti, in modo plateale, alternando ogni bombardamento vigliacco dal cielo ad un grido scandalizzato di “avete visto cosa ci hanno fatto il 7 di ottobre!”
Nei nostri salotti televisivi, sistematicamente, i pochi che si battono ancora per conservare un senso di giustizia vengono sopraffatti dai servi di regime che urlano – anche loro fintamente – allo scandalo del 7 ottobre.
Nessuno riesce a vedere al di là di quella data. Esattamente come è successo per l’Ucraina, dove tutto era sembrato iniziare dal nulla il 24 febbraio 2022, oggi in Palestina tutto sembra essere iniziato il 7 di ottobre. Prima non c’era nulla. Prima c’erano due popoli che convivevano pacificamente l’uno accanto all’altro, felici e sereni, e di colpo uno di loro si è svegliato e ha deciso di fare un massacro.
Il nostro rappresentante all’ONU, Maurizio Massari, ha dichiarato che l’Italia non ha firmato la risoluzione (per la richiesta di un cessate il fuoco a Gaza con implementazione di corridoi umanitari ) per tre motivi: 1) mancava una condanna specifica al terrorismo di Hamas, 2) mancava il riconoscimento al diritto di difendersi per uno stato sotto attacco, e 3) mancava una richiesta di rilascio degli ostaggi.
Claudio Messora ha analizzato la risoluzione, e ha scoperto che questo tre elementi – per quanto in forma non specifica – erano tutti già presenti nel testo originale. Ma allora, perchè l’Italia non l’ha firmato?
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