di Andrea Muratore
Le spedizioni di armi americane all’Ucraina riprenderanno presto, finanziate dai contributi dei Paesi alleati nella Nato (il Canada e diversi Stati europei), la Russia potrebbe esser colpita da sanzioni secondarie fino al 100%, i colloqui tra la Casa Bianca e il Cremlino rischiano di interrompersi, Mosca ha 50 giorni per fare la pace con il Paese invaso: Donald Trump è un fiume in piena nel suo confronto alla Casa Bianca col Segretario generale della Nato Mark Rutte, suo stretto alleato, e lancia un monito diretto a Vladimir Putin annunciando il ritorno in campo di Washington nel sostegno a Kiev.
Attaccata in ogni modo possibile da Israele, ora è stata colpita da sanzioni personali direttamente dal governo degli Stati Uniti.
Perchè non possiamo avere anche noi un capo del governo “normale”? Uno che ragioni primariamente nell’interesse dei suoi cittadini? Perchè il buon senso, una volta onnipresente, è ormai diventato una specie di merce rara, quasi introvabile nei politici odierni?
Li abbiamo sentiti tutti, in questi giorni, i vari commentatori televisivi che ci ripetevano fino alla nausea che “L’Iran lo ha scritto in costituzione che vuole cancellare Israele dalla faccia della terra”
E’ una balla colossale.
Basta andare a leggere la Costituzione dell’Iran, tradotta in italiano dall’istituto di Cultura iraniano, per rendersi conto che non soltanto quella frase non esiste, ma che la stessa parola “Israele” non compare mai, nemmeno una volta, nei 177 articoli da cui è composta la Costituzione.
Lo stretto di Hormuz è uno snodo cruciale nel mercato mondiale di petrolio. Largo circa 40 km, vede il passaggio quotidiano di 20 milioni di barili di petrolio, provenienti dai paesi del Golfo (Iraq, Kuwait, Arabia Saudita, Bahrain, Qatar, Emirati, e lo stesso Iran), e diretti in ogni parte del mondo.
Chiudere lo stretto sarebbe come chiudere la stazione Termini di Roma: metà del traffico nazionale verrebbe bloccato.
La prima conseguenza immediata sarebbe un aumento del prezzo del petrolio. Oggi è di 75 dollari a barile, e potrebbe tranquillamente raddoppiare in poche settimane. Questo a sua volta porterebbe un aumento del costo dell’energia, con ricadute sul costo della vita, sull’inflazione, e sui ritmi di produzione industriale, soprattutto nei paesi occidentali.
Dopo il suo ultimissimatum di lunedì scorso (“L’Iran ha tre giorni di tempo per accettare la resa incondizionata”), Donald Trump ha fatto una vistosa marcia indietro, concendendo ora agli Ayatollah “due settimane di tempo” per prendere una posizione più ragionevole sul suo progetto nucleare. Anche di ammazzare Kamenei, per ora non se ne parla più.
Questo dietro-front palese dimostra alcune cose: 1) che Trump non sa distinguere una partita di poker con amici da una crisi geopolitica mondiale. Per lui la tecnica del bluff è identica, con la differenza che una volta scoperto il bluff sulle minacce all’Iran si rivela in pieno la sua debolezza come leader mondiale.
E' da 30 anni che gli iraniani sono ad un passo dal costruire la bomba atomica.
di Clara Statello
Il terrore scuote di nuovo la Federazione Russa, l’ultima notte di maggio: due ponti crollano su due linee ferrate, al passaggio di due treni. I disastri si susseguono a poche ore uno dall’altro, nelle regioni di Bryansk e Kursk, al confine con l’Ucraina.
Non si tratta di un incidente fatale, il cedimento è la conseguenza di esplosioni provocate da cariche piazzate ai piedi e lungo il sostegno delle infrastrutture. È un attentato terroristico, pianificato al millimetro. Entrambi i ponti crollano precisamente sulle locomotive, che deragliano trascinando con sé i vagoni in testa.
La prima esplosione è avvenuta sabato notte alle ore 22:50, sulla tratta ferroviaria Vygonichi-Pilshino, nella regione di Bryansk, provocando il deragliamento del treno Klimov-Mosca, che trasportava 379 persone. Una strage: 7 morti, tra cui un macchinista, e una settantina di feriti, più della metà in ospedale. Tra questi tre bambini e un neonato di pochi mesi in gravi condizioni.
In questa intervista esclusiva rilasciata a Telecolor, il candidato rumeno George Simion, già vincitore con ampio margine del primo turno elettorale, denuncia il broglio messo in atto contro di lui dal potere di Bruxelles nella tornata finale. Denuncia inoltre la dichiarazione di Pavel Durov, proprietario di Telegram, al quale è stato chiesto espressamente dai servizi francesi di boicottare Simion. (Dal minuto 4.40).
Questa è l’introduzione che Maria Zakharova ha scritto per il libro di Vincenzo Lorusso (Donbass Italia):
Il libro che teniamo tra le mani è allo stesso tempo uno studio, una testimonianza e un forte gesto giornalistico, morale e politico.
Il giornalista e reporter italiano Vincenzo Lorusso affronta il fenomeno della «russofobia» non come un'anomalia politica momentanea, ma come una stabile costruzione culturale e storica, le cui radici affondano nella tradizione pseudo-intellettuale occidentale. Non a caso l'autore inizia la sua narrazione con la figura di Fëdor Dostoevskij, un pensatore così profondamente consapevole delle contraddizioni interne alla cultura occidentale che ancora oggi i suoi testi suscitano preoccupazione tra coloro che aspirano all'unificazione intellettuale e alla semplicità ideologica.
La «russofobia», come dimostrato in modo convincente in quest'opera, non è un'emozione spontanea, ma uno strumento di pressione politica, di giustificazione dell'aggressione, di sostituzione di concetti e di deformazione della memoria.
LA REPUBBLICA: “Zelensky apre a Putin”. LA STAMPA: “Zelensky sfida Putin”. IL RESTO DEL CARLINO; “Zelensky apre a Putin”. IL MESSAGGERO: “Zelensky: incontrerò Putin”. DOMANI: “Il contropiede di Zelensky: pronto a vedere Putin di persona”. IL MATTINO: “Arriva il sì di Zelensky, incontrerò Putin”. IL SECOLO XIX: “Offerta di Zelensky a Putin”.
Voi che cosa deducete da questa serie di titoli di giornale? Che c’è un umile tizio che si chiama Putin, il quale chiede da anni di incontrare un potentissimo signore chiamato Zelensky, che vive in un alto castello dalle parti di Kiev. E che oggi finalmente questo Lord Zelensky ha concesso al tizio in questione la grazia di un incontro che andava elemosinando da anni.
Ora capite che con un incipit del genere NESSUNO potrà mai capire cosa sta succedendo veramente in Ucraina?
Leggi tutto: Il pugno duro di Trump contro la Russia