Lo stretto di Hormuz è uno snodo cruciale nel mercato mondiale di petrolio. Largo circa 40 km, vede il passaggio quotidiano di 20 milioni di barili di petrolio, provenienti dai paesi del Golfo (Iraq, Kuwait, Arabia Saudita, Bahrain, Qatar, Emirati, e lo stesso Iran), e diretti in ogni parte del mondo.
Chiudere lo stretto sarebbe come chiudere la stazione Termini di Roma: metà del traffico nazionale verrebbe bloccato.
La prima conseguenza immediata sarebbe un aumento del prezzo del petrolio. Oggi è di 75 dollari a barile, e potrebbe tranquillamente raddoppiare in poche settimane. Questo a sua volta porterebbe un aumento del costo dell’energia, con ricadute sul costo della vita, sull’inflazione, e sui ritmi di produzione industriale, soprattutto nei paesi occidentali.
Dopo il suo ultimissimatum di lunedì scorso (“L’Iran ha tre giorni di tempo per accettare la resa incondizionata”), Donald Trump ha fatto una vistosa marcia indietro, concendendo ora agli Ayatollah “due settimane di tempo” per prendere una posizione più ragionevole sul suo progetto nucleare. Anche di ammazzare Kamenei, per ora non se ne parla più.
Questo dietro-front palese dimostra alcune cose: 1) che Trump non sa distinguere una partita di poker con amici da una crisi geopolitica mondiale. Per lui la tecnica del bluff è identica, con la differenza che una volta scoperto il bluff sulle minacce all’Iran si rivela in pieno la sua debolezza come leader mondiale.
E' da 30 anni che gli iraniani sono ad un passo dal costruire la bomba atomica.
di Clara Statello
Il terrore scuote di nuovo la Federazione Russa, l’ultima notte di maggio: due ponti crollano su due linee ferrate, al passaggio di due treni. I disastri si susseguono a poche ore uno dall’altro, nelle regioni di Bryansk e Kursk, al confine con l’Ucraina.
Non si tratta di un incidente fatale, il cedimento è la conseguenza di esplosioni provocate da cariche piazzate ai piedi e lungo il sostegno delle infrastrutture. È un attentato terroristico, pianificato al millimetro. Entrambi i ponti crollano precisamente sulle locomotive, che deragliano trascinando con sé i vagoni in testa.
La prima esplosione è avvenuta sabato notte alle ore 22:50, sulla tratta ferroviaria Vygonichi-Pilshino, nella regione di Bryansk, provocando il deragliamento del treno Klimov-Mosca, che trasportava 379 persone. Una strage: 7 morti, tra cui un macchinista, e una settantina di feriti, più della metà in ospedale. Tra questi tre bambini e un neonato di pochi mesi in gravi condizioni.
In questa intervista esclusiva rilasciata a Telecolor, il candidato rumeno George Simion, già vincitore con ampio margine del primo turno elettorale, denuncia il broglio messo in atto contro di lui dal potere di Bruxelles nella tornata finale. Denuncia inoltre la dichiarazione di Pavel Durov, proprietario di Telegram, al quale è stato chiesto espressamente dai servizi francesi di boicottare Simion. (Dal minuto 4.40).
Questa è l’introduzione che Maria Zakharova ha scritto per il libro di Vincenzo Lorusso (Donbass Italia):
Il libro che teniamo tra le mani è allo stesso tempo uno studio, una testimonianza e un forte gesto giornalistico, morale e politico.
Il giornalista e reporter italiano Vincenzo Lorusso affronta il fenomeno della «russofobia» non come un'anomalia politica momentanea, ma come una stabile costruzione culturale e storica, le cui radici affondano nella tradizione pseudo-intellettuale occidentale. Non a caso l'autore inizia la sua narrazione con la figura di Fëdor Dostoevskij, un pensatore così profondamente consapevole delle contraddizioni interne alla cultura occidentale che ancora oggi i suoi testi suscitano preoccupazione tra coloro che aspirano all'unificazione intellettuale e alla semplicità ideologica.
La «russofobia», come dimostrato in modo convincente in quest'opera, non è un'emozione spontanea, ma uno strumento di pressione politica, di giustificazione dell'aggressione, di sostituzione di concetti e di deformazione della memoria.
LA REPUBBLICA: “Zelensky apre a Putin”. LA STAMPA: “Zelensky sfida Putin”. IL RESTO DEL CARLINO; “Zelensky apre a Putin”. IL MESSAGGERO: “Zelensky: incontrerò Putin”. DOMANI: “Il contropiede di Zelensky: pronto a vedere Putin di persona”. IL MATTINO: “Arriva il sì di Zelensky, incontrerò Putin”. IL SECOLO XIX: “Offerta di Zelensky a Putin”.
Voi che cosa deducete da questa serie di titoli di giornale? Che c’è un umile tizio che si chiama Putin, il quale chiede da anni di incontrare un potentissimo signore chiamato Zelensky, che vive in un alto castello dalle parti di Kiev. E che oggi finalmente questo Lord Zelensky ha concesso al tizio in questione la grazia di un incontro che andava elemosinando da anni.
Ora capite che con un incipit del genere NESSUNO potrà mai capire cosa sta succedendo veramente in Ucraina?
di B17tv
L'intervista CBS a Lavrov è un perfetto esempio di come due mondi paralleli possano coesistere senza mai incontrarsi.
di B17tv
Turchia, Antalya, 12 aprile 2025 – Al 4° Forum della Diplomazia di Antalya, Jeffrey Sachs rilasciato alcune dichiarazioni basate su documenti ufficiali per accusare Stati Uniti e Israele di aver pianificato e orchestrato le guerre in tutto il Medio Oriente. L’intervento, supportato da prove desecretate, ha squarciato il velo sulla strategia di destabilizzazione regionale.
di Francesco Santoianni
Siria: mentre prosegue la mattanza (al momento, più di 5.000 uccisi) che ora colpisce anche i cristiani, c’è chi tra le ONG inneggia alla “liberazione della Siria” spendendosi in lodi nei riguardi del tagliagole Al-Jawlani, già destinatario, a seguito dei suoi crimini, di una taglia di 10 milioni di dollari emessa dal governo Usa (qui la pagina web del sito dell’FBI ora sostituita).
Del resto, sulla Siria, il lavoro più sporco lo hanno fatto proprio le ONG (fino al 1984, quelle riconosciute dal Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite erano quattro, oggi sono poco meno, di tremila) diventate le più accreditate fonti di “informazione” dalle aree di crisi (principalmente quelle devastate da guerre) sostanzialmente per la presenza in queste aree di loro volontari e funzionari. I risultati si sono visti durante le aggressioni alla Iugoslavia, alla Libia, alla Siria, al Venezuela… dove sono state proprio le ONG a diffondere le più smaccate fake news per favorire “rivoluzioni colorate” e “regime change”.
di Loretta Napoleoni
Oggi e’ Liberation Day, il 2 aprile onde evitare la data del 1 aprile, il tradizionale pesce d’aprile. Che succedera’? Meglio ancora, succedera’? Lo sapremo domani o forse neppure domani dal momento che Trump cambia le carte in tavola continuamente. Ma supponiamo che tutto vado come previsto, cosa pensa il mondo ‘razionale’, quello estraneo al MAGA, cosa potrebbe succedere, quali gli scenari possibili?
Quella di Donald Trump potrebbe diventare la più radicale e pericolosa riforma commerciale degli ultimi cento anni, un terremoto economico destinato a mandare in frantumi il delicato equilibrio del commercio internazionale. Questa la narrativa ufficiale. Le nuove tariffe sono vissute come la dichiarazione di guerra a un intero sistema globale che l'America stessa aveva contribuito a costruire nel secondo dopoguerra, un sistema che Trump ora accusa di aver tradito gli interessi dei lavoratori e delle fabbriche americane.
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