di Lorenza Formicola
Una manciata di giorni ci separano dalle Olimpiadi di Parigi 2024, e l’unica cosa che sappiamo con certezza è che nella capitale d’oltralpe lo sgombero degli immigrati irregolari procede a ritmo olimpico.
Se il repulisti della capitale in vista dei Giochi Olimpici era iniziato già quasi un anno fa, adesso che la cerimonia di apertura si avvicina, non si fanno più sconti: sono tantissime le zone da “bonificare” dalle baraccopoli in giro per Parigi per un lavoro lungo un anno e non ancora terminato.
«Sveglia, sono la polizia. Deve uscire, signore». Come un rito che si ripete ogni mattina alle 6, da mesi gli agenti si avvicinano alle tende-igloo. Per esempio, quelle alla periferia del campus di Jussieu, rue des Fossés-Saint-Bernard, nel 5° arrondissement di Parigi, per indicare, poi, un autobus che attende con la porta aperta. I servizi della prefettura offrono una soluzione di reinserimento a Besançon (Doubs), ma pochi sembrano interessati ad un’avventura nell’Est della Francia.
Questa è la testimonianza del medico americano Mark Perlmutter, che è stato a Gaza due mesi fa, andata in onda nei giorni scorsi sulla CBS americana.
Ora è ufficiale, Joe Biden si ritira. O meglio, “lo hanno ritirato”, nel senso che nella politica americana non conta l’orgoglio, non conta la personalità, non contano le convinzioni politiche o personali. Contano solo i soldi. E dal momento che i grossi investitori hanno deciso di sospendere i finanziamenti alla campagna di Biden, la sua fine era già scritta in modo irreversibile. Mancava solo l’annuncio ufficiale.
Ora tutti quei soldi andranno a Kamala Harris, che ha meno di un mese di tempo per convincere i delegati alla convention democratica che è lei l’erede naturale del presidente uscente. Resta infatti ancora la possibilità di una “open convention”, nella quale i delegati dem, invece di votare automaticamente per l’attuale vice-presidente, vogliano dividersi in fazioni per eleggere un candidato alternativo, che potrebbe andare da Michelle Obama a Gavin Newson (governatore della California) a Gretchen Whitmer (governatrice del Michigan) a Josh Shapiro (governatore della Pennsylvania).
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La PREFAZIONE del libro (di Massimo Mazzucco):
Io sono nato il 20 di luglio. E la sera del 20 luglio 1969, quella del mio 15° compleanno, è sempre stata per me una data memorabile, perchè quella sera, per la prima volta, ho baciato una ragazza. E mentre emergevo da questa emozionante esperienza, abbarbicato sul muraglione di un piccolo paesino ligure, vedevo là sotto la gente assiepata davanti al bar, che seguiva con gli occhi incollati al televisore lo sbarco sulla luna. Ricordo di aver pensato che l’Universo avesse voluto dedicare a me quella serata memorabile, in cui si combinavano una forte esperienza personale e un evento storico di portata epocale.
Poi sono diventato fotografo professionista, e lì è cambiato tutto.
di Bet17
Douglas Macgregor, colonnello statunitense in pensione e ex consigliere ad interim per la Difesa, ha rilasciato un'intervista all'ex giudice della Corte Suprema del New Jersey, Andrew Napolitano, discutendo sulle questioni di politica estera che coinvolgono gli Stati Uniti nei vari conflitti attuali.
Durante l'intervista, Macgregor ha espresso critiche pesanti nei confronti dell'amministrazione Biden, di Zelensky e di Netanyahu, sottolineando inoltre che i vertici militari della Nato sono molto preoccupati delle decisioni intraprese dai vertici politici dell'alleanza
Ieri Trump ha vinto le elezioni.
Lo scarto di un centimetro, nella traiettoria del proiettile, poteva determinare la sua morte oppure la sua santificazione. Gli è andata bene, e ora Donald Trump, agli occhi dei suoi sostenitori, è santo a tutti gli effetti. E la sua preenza di spirito, nel sollevare subito il pugno e gridare “Fight! Fight! Fight!” mentre lo portavano via sanguinante, ha dimostrato come sia dotato di un istinto primordiale che gli permette di trasformare qualunque attacco alla sua persona in qualcosa che lo rende eroico agli occhi del suo pubblico. Che siano le accuse diffamanti di Stormy Daniels o un proiettile alla testa, Trump riesce sempre ad apparire come vittima eroica delle avversità che incontra sul suo cammino.
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Come annunciato dalla Associated Press, la Danimarca sarà il primo paese al mondo ad imporre ai suoi allevatori una tassa per le “emissioni di metano” dei loro animali (peti e rutti di mucche, pecore e maiali, sostanzialmente).
A partire dal 2030, gli allevatori danesi saranno tenuti a pagare una tassa di 300 corone (circa 40 euro) per tonnellata di anidride carbonica equivalente prodotta dai loro animali.
La misura naturalmente viene fatta passare sotto l’ombrello della “lotta al cambiamento climatico”, nel nome della quale ormai si può autorizzare praticamente qualunque cosa. Poco importa che la discussione scientifica sulle vere cause dell’aumento di CO2 sia tutt’altro che conclusa. Il mainstream ha già deciso che la colpa è del metano prodotto dalle mucche, e quindi si mettono nel mirino gli allevatori del settore.
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