L’articolo di Repubblica ha il chiaro sapore della denuncia, definisce il fatto un “giallo”, e lo caratterizza come “inquietante”: una jeep dell’esercito italiano è saltata su una mina lungo una strada dell’Afghanistan - fortunatamente senza creare vittime – e la portiera rimasta spalancata del mezzo blindato ha rivelato al suo interno il simbolo dell’Afrika Korps.
“In Afghanistan sognando El Alamein” esordisce l’articolo di Gianluca Di Feo, intitolato “Battaglione Rommel”, che nel sottotitolo recita: “i nostri soldati vanno in missione con la palma dell’Afrika Korps hitleriano dipinta sulle jeep”.
Il tono è quello dello scoop: “sono foto sfuggite alla censura del nostro Stato maggiore”, dice l’articolo, e la conclusione è una condanna chiara e impietosa: “Sì, è il simbolo inconfondibile dei reparti di Rommel che portarono la bandiera hitleriana alle porte del Cairo”.
In altre parole, a Repubblica si sono accorti ieri che fra i nostri militari non aleggia lo spirito altruistico di Madre Teresa di Calcutta, ma predomina una intensa nostalgia “per i bei tempi andati”, in cui si poteva picchiare, distruggere e massacrare a piacimento, nel nome e con l’impunità della superiorità razziale che ci aveva portato all’alleanza con Hitler in primo luogo.
Ohibò! Che fare ora? Tacere no di certo! Denunciamo il tutto alla pubblica opinione, e aspettiamo fiduciosi un’inchiesta ...
Mercoledì scorso a “Le Storie” di Corrado Augias è intervenuto Giulietto Chiesa, sull’argomento 11 settembre, e in pochi minuti di trasmissione ha cancellato quell’immagine un pò incerta e confusa che aveva dato fino allo scorso anno, intervenendo un pò dovunque sui media italiani.
Preciso e tagliente, non solo Chiesa ha saputo descrivere con chiarezza gli aspetti tecnici che sono stati affrontati (*), ma è soprattutto riuscito a evitare le più note trappole del confronto, che tendono da un lato a ridurre la discussione ad “un fatto di centimetri”, e dall’altro a portarla verso quel magma indistinto del “perchè mai lo avrebbero fatto”, che - come Chiesa ha sottolineato - non porta da nessuna parte. In mezzo alle due trappole stanno i fatti, precisi e concreti, dai quali Chiesa si è rifiutato categoricamente di spostarsi.
Anche di fronte al doppio libro della PIEMME – uno pro e uno contro la versione ufficiale – che Augias ha cercato di usare per “smontare” le accuse di “Zero”, Chiesa ha saggiamente evitato di scendere nello specifico, riportando velocemente la discussione su termini generali (fra l’altro in quell'occasione Chiesa ha fatto un vistoso regalo ad Augias, poichè nel frattempo il conduttore stava cercando nel libro dei debunkers una immagine “delle ali perfettamente disegnate sulla facciata” che non avrebbe mai trovato, poichè non esiste).
E’ vero che Chiesa non ha subito un vero contraddittorio, ma Augias aveva preparato le “domande degli spettatori” in modo tutt’altro che casuale: mentre la sua assistente ha letto a Chiesa una domanda “arrivata proprio in questo momento” (dicono che il suo libro sia pieno di bugie, era curiosamente il senso della domanda), Augias poco dopo si è lasciato scappare un “viene da Padova, vero?”, che la diceva lunga sulla casualità del botta e risposta. (Se la domanda fosse arrivata davvero in quel momento, Augias non avrebbe potuto conoscerne l’origine).
In ogni caso, anche senza avversari reali, Chiesa si è trovato di fronte un Augias che da solo rappresentava un macigno quasi inamovibile, ...
di Marco Cedolin
Non è Francesco ma Franco Marini il nome scritto sul pizzino dal Presidente Napolitano per designare colui che avrà il compito di creare un nuovo governo in grado di farsi carico di tutte quelle riforme che gli italiani si dice invochino come s’invoca l’acqua nel deserto.
La democrazia rappresentativa sta cercando con ogni mezzo di mascherare il proprio totale fallimento e diventa ogni giorno che passa più autoreferenziale, aggrappandosi allo stereotipo secondo il quale ogni azione viene intrapresa per il “bene dei cittadini”.
In realtà il ruolo del cittadino è circoscritto al momento in cui gli si chiede di mettere una crocetta sulla scheda elettorale e delegare a rappresentarlo una consorteria di soggetti politici che lo hanno imbonito attraverso una lunga serie di promesse che si guarderanno bene dal mantenere. Dal giorno dopo sarà la consorteria a decidere quello che è meglio per il Paese e per i cittadini, quasi sempre in completa antitesi con le necessità e le aspirazioni dei cittadini stessi.
La maggior parte degli italiani è contraria alla guerra, ma nel nome dei cittadini e per il bene del Paese i soldi delle loro tasse sono stati usati per finanziare le guerre in Iraq, nella ex-Yugoslavia e in Afghanistan, cui vanno aggiunte le svariate missioni di pace/guerra in giro per il mondo. La maggior parte dei cittadini giudica una calamità la legge 30 e il proliferare del precariato, ...
di Giorgio Mattiuzzo
Si è concluso ieri l'ultimo (forse) stralcio di una delle vicende giudiziarie più lunghe e tormentate d'Italia, che ha coinvolto l'uomo politico più in vista, nel bene e nel male, del panorama istituzionale nazionale. Nel processo a carico di Silvio Berlusconi per la vicenda della compravendita della Sme, l'onorevole ex-Presidente del Consiglio è stato alla fine assolto dall'accusa di falso in bilancio mossagli dalla Procura di Milano.
Ma se il Pubblico Ministero Ilda Bocassini aveva chiesto una sentenza di prescrizione (che - lo ricordiamo perché in Italia a volte lo si dimentica - significa "colpevole ma non punibile") e la difesa aveva invece chiesto un'assoluzione piena, i giudici hanno optato per la terza via, quella secondo cui "i fatti non sono più previsti dalla legge come reato".
Ora, non si interroghi il lettore se questa sia una implicita forma di condanna o una salomonica sanzione di innocenza, perché dipende dai punti di vista. Certo, si potrebbe pensare che quell'avverbio "più" stia a significare "lo erano quando li ha commessi e oggi invece no"; ma bisogna anche considerare che quel "più" abbia una valenza elevata, cioè a dire "finalmente non si viene condannati senza motivo solo a causa di alcuni giudici comunisti".
Più interessante invece chiedersi perché quei fatti non siano più previsti come reato dalla legge. La risposta è ovvia: perché la legge è cambiata. Ma poiché la legge non muta da sola nel tempo, bensì viene mutata dagli uomini, sarà utile ricordare che quella legge ...
Il Vietnam rappresenta per gli Stati Uniti una nera voragine dalla quale continuano a uscire spettri di ogni genere e dimensione, che una volta materializzati iniziano ad aggirarsi fra i sopravvissuti di ieri, seminando panico e devastazione almeno quanto lo fecero i bombardamenti americani sui villaggi vietnamiti.
E ogni volta che questo accade, scopriamo immancabilmente l’oscuro rovescio di una delle tante gloriose “medaglie al valor militare”.
La più nota vicenda è forse quella di Colin Powell, il generale a quattro stelle dalla reputazione impeccabile, che è risultato aver costruito la sua carriera sul fatto di essersi prestato a cercare di sopprimere in tutti i modi l’emergente verità sul massacro di My Lai.
Anche John Kerry, l’ex-candidato presidenziale che andava ai comizi dei veterani di guerra con il giubbotto da aviatore - pur essendo diventato, al suo ritorno dal Vietnam, un focoso attivista del movimento pacifista - è stato accusato da molti suoi ex-colleghi di aver gonfiato in maniera particolare le azioni che gli sono valse tre Purple Hearts (la prestigiosa medaglia al valor militare dell’esercito americano).
Ma lo scheletro più ingombrante di tutti, a questo punto, sembra riposare nell’armadio di John McCain, l’attuale favorito alla nomination repubblicana per le presidenziali del prossimo autunno.
Figlio di un importante ammiraglio della Marina, John McCain II, che era a sua volta figlio di un eroe della II Guerra Mondiale, il futuro senatore americano si trovava in Vietnam come pilota della US Air Force, quando gli fu affidata una classica “mission impossible”: bombardare in pieno giorno il centro di Hanoi, sfidando una delle più sofisticate e micidiali batterie antiaeree ...
E’ durata 24 ore la candidatura di Rudy Giuliani alla presidenza degli Stati Uniti d’America.
Come avevamo scritto pochi giorni fa, a meno di una sua sonante vittoria su John McCain, nella consultazione tenutasi ieri in Florida, l’ex-sindaco di New York avrebbe potuto tranquillamente fare le valigie e tornare a godersi la dorata pensione dalle parti di casa sua.
E ieri Giuliani non solo non ha vinto su McCain, ma ha anche preso un tale distacco dal secondo arrivato, Mitt Romney, che la sua mancata vittoria si trasforma in una delle più brucianti sconfitte di tutta la sua carriera.
Talmente bruciante che l’astuto Rudy ha cercato di evitare l’umiliante momento della “concession” (il tradizionale discorso in cui si riconosce pubblicamente la vittoria dell’avversario), per passare direttamente all’“endorsement”, cioè il generoso trasferimento dei propri voti futuri ...
Uno degli argomenti più affascinanti che Internet permette di conoscere e di approfondire sono i cosiddetti Crop Circles, o “cerchi nel grano”. Complesse figure geometriche, che appaiono nei campi di cereali dalla sera alla mattina, le cui origini sono finora sconosciute.
Io stesso, quando mi imbattei per la prima volta in questo fenomeno, rimasi folgorato. Affascinato dalla meraviglia delle forme geometriche, ma fermamente devoto al metodo analitico, non mi feci prendere da facili entusiasmi, e cercai di arrivare a capirne l’origine utilizzando l’unico strumento che si ha a disposizione in mancanza di dati certi: il processo di eliminazione.
La prima conclusione a cui arrivai, più che evidente anche a uno sguardo superficiale, è che di sicuro i Crop Circles non possono essere opera di umani. Non solo le dimensioni, la precisione e l’intricatezza del disegno, ma la quantità sempre crescente dei cerchi stessi (quante squadre di burloni ci possono essere, in giro per il mondo?), e soprattutto la rapidità con cui venivano a formarsi - al massimo nell’arco di una notte, e in Inghilterra, d’estate, le notti durano poche ore – rendevano assolutamente impossibile pensare ad una mano umana. E furono proprio i patetici tentativi di replicarli (i cosiddetti “hoax” dei due vecchietti inglesi), fatti per cercare di “smontare” il crescente entusiasmo dei New Agers, a permettermi di scartare definitivamente l’ipotesi umana del fenomeno. (Non parliamo quindi delle attuali posizioni del CICAP, che dopo aver sostenuto per anni che si trattasse di semplici burloni, ha dovuto fare una imbarazzante retromarcia, assestandosi però su una tesi ancora più ridicola: si tratterebbe ora, secondo loro, di “Land Art”, ovvero non più burloni qualunque, ...
di Beppe Grillo
Il V-day dell’otto settembre duemilasette fu organizzato per cambiare la legge elettorale. Tre punti: condannati fuori, due mandati e la preferenza diretta che nessuno cita: è diventata come il terzo segreto di Fatima.
Per la prima volta nella storia della Repubblica sono state raccolte 350.000 firme in un giorno. Il V-day fu seppellito dall’ignoranza politica e dagli insulti. Il centro sinistra lo criminalizzò. Il centro destra lo sbeffeggiò.
La settimana prima del V-day organizzai una conferenza stampa a Firenze. Invitai 500 giornalisti, solo 7 diedero la loro adesione. La annullai. Telefonai all’Espresso per proporgli un servizio sul V-day.
Mi risposero che avevano “altre priorità”. Le uniche testate interessate furono straniere: americane, inglesi, francesi, tedesche, australiane, argentine…
Schiacciante vittoria di Barak Obama (55%), che ha superato ogni previsione in South Carolina, riportando più del doppio dei consensi di Hillary Clinton (27%). Il primo degli stati a maggioranza nera ha così seppellito definitivamente le speranze di John Edwards (18%) - nativo del South Carolina e vincitore in questo stato contro John Kerry, nel 2004 - che sperava in un risultato positivo che lo rimettesse in qualche modo in carreggiata.
Mentre il 55% di Obama significa che il senatore dell’Illinois è riuscito ad aggregare attorno a sè anche la base più liberal degli elettori democratici, inizialmente più incline a votare per Edwards. A sua volta Hillary Clinton, che si era forse collocata troppo presto su posizioni centriste (prevedendo uno scontro finale con Giuliani), ora si ritrova ad abitare uno spazio molto più angusto: scopertasi troppo a sinistra, ritrova ora il centro già occupato dall’ombra lunga di John McCain, il moderato repubblicano che ha fatto la stessa identica mossa in senso inverso.
La probabile uscita di scena di Edwards inoltre non farebbe che aggravare la posizione della Clinton, poichè sarebbe Obama a raccogliere buona parte dei voti democratici destinati al collega sconfitto.
E con degli scarti come quello odierno non si può nemmeno pensare di “ritoccare” in qualche modo i risultati delle votazioni, che verrebbero platealmente smentiti dagli exit-polls, unica vera salvaguardia contro le frodi elettorali di una certa dimensione.
D’altronde, se è vero che contro Giuliani la Cinton avrebbe avuto buon gioco, contro McCain le sua chances si riducono di parecchio (troppo vicine le loro posizioni, con l’evidente vantaggio a quel punto per il ”maschio” McCain, più affidabile e navigato), al punto che ai democratici conviene forse iniziare a pensare ...
Immaginate di rinchiudere qualche centinaio di topi in un campo di bocce, che avete provveduto a recintare con alte pareti di legno, per tre lati su quattro. Il quarto lato – uno di quelli lunghi – non ha bisogno di pareti, poichè subito accanto alla sabbia c’è l’acqua di uno stagno: in quella direzione i topi non potranno andare.
Gettate nel campo un pò di cibo, che sia sufficiente a tenerli in vita, ma non a sfamarli tutti. Quando il nervosismo per la fame cresce, e la ricerca di cibo diventa più spasmodica, infilate un dito in uno dei tanti forellini che avete praticato sulle pareti di legno, e aspettate che i topi ve lo morsichino. A quel punto urlate di dolore, prendete lo schioppo e ne fate fuori una decina.
I topi per un momento si calmano.
Tornate a gettare del cibo, poi riducetene la dose, lasciate che la fame cresca, tornate a infilare il dito in un forellino, e impallinate nuovamente quelli che ve lo morsicano.
Se qualcuno protesta per il continuo massacro dei topi, mostrategli il dito ferito, e spiegategli che i topi devono imparare a rispettare chi li nutre.
Dopo aver ripetuto il ciclo per un pò di tempo, riducete drasticamente le quantità di cibo, obbligando i topi ad ammazzarsi fra di loro pur di riuscire a sopravvivere. Vedrete così che i più forti riusciranno comunque a nutrirsi, ...
Ho appena ricevuto la visita di un vecchio amico che non vedevo da molti anni. Era di passaggio nella mia città, per motivi di lavoro, ed è stato un grande piacere incontrarlo.
Si tratta di un persona abbastanza particolare: profondamente innamorato del suo lavoro, al quale ha dedicato la vita intera, è sempre stato poco interessato alle faccende del mondo esterno. Persona pratica, di poche parole, non vota, guarda raramente la TV, e l’ultima volta che è stato al cinema deve aver avuto diciott’anni. Tutt’altro che un sempliciotto, però, è semplicemente un individuo che si fa gli affari suoi: vive intensamente la sua sfera personale, e chiede solo in cambio di non essere disturbato.
Dopo aver esaurito i bei ricordi, e dopo aver stabilito una volta per tutte chi dei due fosse ingrassato di più (lui ha continuato a fare sport, io no), ho provato a nominare l’undici settembre. Con mia sorpresa ho scoperto così che esiste qualcuno che non solo non ha mai sentito parlare del dibattito in corso (fin qui, purtroppo, ben poche sorprese), ma che non conosceva nemmeno la versione ufficiale dei fatti. Ricordava cioè il fatto puro e semplice – le Torri colpite e crollate – ma chi fosse stato, perchè lo avesse fatto, e quali fossero state le conseguenze, non lo aveva mai nemmeno sfiorato.
Se gli avessi raccontato che erano stati i marziani, forse mi avrebbe pure creduto.
Mi sono così ritrovato, curiosamente, a “raccontare” prima di tutto la versione ufficiale. “Pare che siano stati degli arabi – gli ho detto – che hanno dirottato questi aerei, e li hanno guidati contro le Torri Gemelle e contro il Pentagono.” Nuovamente, il mio amico non ha fatto una piega: a lui stava bene così.
“C’è però anche chi sostiene – ho aggiunto - che siano stati gli stessi americani a organizzare l’attentato, perchè gli serviva una scusa per andare in guerra contro gli arabi”. A quel punto ho visto comparire un sorrisetto malizioso, e il mio amico mi ha detto: “Non so perchè, ma sento che tu sia uno di quelli”.
Mezz’ora dopo eravamo seduti davanti a Inganno Globale.
Ho potuto così assistere da vicino al percorso completo di nascita-morte e resurrezione - che molti di noi hanno compiuto nel corso di lunghi mesi, ...
Leggi tutto: I finti scandali e le vere colpe