Mercoledì scorso a “Le Storie” di Corrado Augias è intervenuto Giulietto Chiesa, sull’argomento 11 settembre, e in pochi minuti di trasmissione ha cancellato quell’immagine un pò incerta e confusa che aveva dato fino allo scorso anno, intervenendo un pò dovunque sui media italiani.
Preciso e tagliente, non solo Chiesa ha saputo descrivere con chiarezza gli aspetti tecnici che sono stati affrontati (*), ma è soprattutto riuscito a evitare le più note trappole del confronto, che tendono da un lato a ridurre la discussione ad “un fatto di centimetri”, e dall’altro a portarla verso quel magma indistinto del “perchè mai lo avrebbero fatto”, che - come Chiesa ha sottolineato - non porta da nessuna parte. In mezzo alle due trappole stanno i fatti, precisi e concreti, dai quali Chiesa si è rifiutato categoricamente di spostarsi.
Anche di fronte al doppio libro della PIEMME – uno pro e uno contro la versione ufficiale – che Augias ha cercato di usare per “smontare” le accuse di “Zero”, Chiesa ha saggiamente evitato di scendere nello specifico, riportando velocemente la discussione su termini generali (fra l’altro in quell'occasione Chiesa ha fatto un vistoso regalo ad Augias, poichè nel frattempo il conduttore stava cercando nel libro dei debunkers una immagine “delle ali perfettamente disegnate sulla facciata” che non avrebbe mai trovato, poichè non esiste).
E’ vero che Chiesa non ha subito un vero contraddittorio, ma Augias aveva preparato le “domande degli spettatori” in modo tutt’altro che casuale: mentre la sua assistente ha letto a Chiesa una domanda “arrivata proprio in questo momento” (dicono che il suo libro sia pieno di bugie, era curiosamente il senso della domanda), Augias poco dopo si è lasciato scappare un “viene da Padova, vero?”, che la diceva lunga sulla casualità del botta e risposta. (Se la domanda fosse arrivata davvero in quel momento, Augias non avrebbe potuto conoscerne l’origine).
In ogni caso, anche senza avversari reali, Chiesa si è trovato di fronte un Augias che da solo rappresentava un macigno quasi inamovibile, ... ... poichè partiva dal classico presupposto fisso che “una macchinazione di quelle dimensioni è impossibile da realizzare”.
Anche in quel frangente Chiesa si è rifiutato di scendere sul terreno delle illazioni, e ha posto davanti ad Augias dei fatti precisi, come ad esempio la lunga lista di ex-ufficiali governativi americani che non credono alla versione ufficiale, il fatto che lo stesso bin Laden non sia mai stato ricercato dall’FBI, gli strani “visti facili“ ai terroristi, imposti dalla CIA al consolato americano di Jeddah, o il fatto che sei dei presunti dirottatori avessero partecipato in precedenza ad azioni dei servizi occidentali in Bosnia.
A quel punto è stato persino divertente vedere lo stupore di Chiesa, quando si è accorto che per Augias tutti quei fatti non significavano assolutamente nulla.
“Ma come, non ti bastano?” gli ha chiesto ad certo punto allibito.
Ma Augias era perso nella sua confusione, chiaramente diviso dal conflitto fra il rigore logico, che lo richiamava con forza a certe conclusioni, e la palese refrattarietà inconscia ad accettarle.
Volendo Chiesa avrebbe potuto chiudere l’incontro ancora prima della fine: quando Augias ha obiettato che “è vero che ci sono tanti ufficiali americani che non credono alla versione ufficiale, ma non è come Ustica, dove un controllore di volo ha detto chiaramente che furono cancellate le tracce radar”, Chiesa avrebbe potuto rispondere: “Certo che è la stessa cosa: i controllori di Boston hanno raccontato che sono state distrutte le registrazioni dei lori resoconti fatti a caldo lo stesso pomeriggio dell’undici, quando si sedettero davanti a un tavolo a raccontare per filo e per segno quello che ciascuno di loro aveva visto sul proprio schermo radar”.
Ma a quel punto Augias sarebbe stato probabilmente colto da malore in diretta. Mentre già così il suo evidente annaspare, di fonte all’incalzare sistematico di Chiesa, ha dato la giusta dimensione di quello che accade se si scende una volta tanto sul puro terreno dei fatti.
Non solo quindi Giulietto Chiesa ha saputo, in una semplice mezz’ora, presentare in maniera chiara e convincente la questione undici settembre, ma probabilmente ha raggiunto nello stesso momento il cuore del problema che impedisce alla verità di emergere con tutta la prepotenza che meriterebbe la gravità del momento: esattamente come nel caso di Augias, è l’incredulità stessa della gente a fare da complice insospettabile ad una delle più grandi menzogne della storia intera.
Lo abbiamo detto fin dal primo giorno, e lo ripetiamo: quello dell’undici settembre è prima di tutto un problema psicologico. Il vero nemico è dentro di noi.
Massimo Mazzucco
La puntata di Augias
* Qualcuno ha fatto notare la scivolata di Chiesa, quando ha detto che “il Boeing non è disegnato per fare quelle manovre”. Ma in quel caso Chiesa ha chiaramente tradotto il concetto dall’inglese, senza pensarci: “designed” infatti in inglese significa “progettato”. Ma i tempi del guardiano Ramirez, per fortuna, sono solo un ricordo lontano.