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Michele Santoro e Gaza

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Scritto da Redazione
Categoria: imported
18 Gennaio 2009
Visite: 11546
Michele Santoro e Gaza, la televisione fra narrazione e conversazione Giovedì sera è andata in scena ad “Anno Zero”, in una trasmissione dedicata ai giovani e Gaza, una rappresentazione chiara del bivio di fronte al quale si trova il più di massa dei media, la televisione. Non è in questa sede importante riprendere le polemiche e giudicare il plotone di esecuzione schierato in queste ore contro Michele Santoro e gli arcangeli e i serafini in fila a santificare Lucia Annunziata. Ma è importante fare un altro tipo di riflessione che concerne il medium.

di Gennaro Carotenuto

Chi va in televisione può fare tre tipi diversi di cose. Può performare, ovvero dimostrare cosa sa fare o cosa conosce, ballare, cantare, far ridere, rispondere a quiz come a “Lascia o Raddoppia”. Può narrare, raccontando fatti reali o inventati, in un reportage o in una telenovela. O infine può conversare, dei massimi sistemi, in maniera aulica o del più e del meno, giù giù fino a “Porta a porta”.

L’imbarbarimento della vita televisiva è dato dal disequilibrio tra questi tre grandi filoni. La performance è di fatto scomparsa. Nell’impoverimento culturale della società i quiz sono diventati idioti perché è fastidioso e controproducente far vincere dei soldi a qualcuno solo perché sa. Per far ridere poi in genere bastano quattro parolacce e qualche allusione sessuale. Perfino nelle vecchie tribune politiche si performava, si sciorinavano dati, si mostrava un eloquio da retori oggi sostituito dalle torte in faccia.

Anche la narrazione in tivù è in crisi. I documentari sono confinati sul satellite e i reportage li fa solo quel comunista di Riccardo Iacona. D’altra parte anche le storie ce le siamo finite e non si può fare una nuova edizione di “Guerra e pace” o “I promessi sposi” ogni 10 anni. Del resto “il pubblico non capirebbe”. Le soap poi sono un surrogato di conversazione tanto che molti format e reality sono delle soap camuffate.

La conversazione quindi trionfa in tutte le sue forme. Chiacchiere più o meno vuote nelle isole dei famosi, ...

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Il gas come arma politica avvelenata

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Scritto da Redazione
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17 Gennaio 2009
Visite: 5134
Di Pëtr Romanov Con gli ulteriori sviluppi dello scandalo del gas tra Ucraina e Russia diventa sempre più evidente la componente politica del conflitto. Innanzitutto si tratta di un aggravamento della crisi politica interna dell'Ucraina, dove la Rada chiede già l'impeachment del presidente e le dimissioni del governo. E se la seconda ipotesi è improbabile la prima è in linea di principio possibile, perché qui si ritrovano uniti sia Janukovič, sia i comunisti ucraini, sia il blocco Julija Timošenko. Ma anche se l'idea dell'impeachment non dovesse passare, lo scandalo del gas rappresenterà il colpo di grazia per la carriera politica di Juščenko. Non so con cosa sia stato avvelenato in passato il presidente ucraino, ma adesso ha inghiottito una buona dose di gas avvelenato. Sono sempre più evidenti i danni politici subiti anche dalla Russia, in seguito ai non meno evidenti danni economici. Considerando la vicenda dalla prospettiva di Mosca e di primo acchito si ha l'impressione che Gazprom e le autorità russe abbiano battuto l'Ucraina nel guadagnarsi le simpatie europee. Di fatto però sarebbe più accurato discutere su quale delle due – la Russia o l'Ucraina – susciti all'infreddolito e irritato consumatore europeo meno antipatia. La reazione è del tutto comprensibile: la casalinga europea vuole che nella sua cucina arrivi il gas, e poco le importa chi sia colpevole della sua assenza, se Kiev o Mosca. Per quanto riguarda i politici europei, benché comprendano la situazione su un altro livello sono comunque notevolmente orientati in senso antirusso. E restano inclini a chiudere un occhio quando si tratta di Juščenko, dato che per loro non è Mosca ma l'Ucraina a rappresentare un potenziale futuro membro dell'Unione Europea e della NATO. In ultima analisi, si tratta già di grande politica e di un'enorme gatta da pelare per la Russia, …

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Internet cambia il rapporto fra "adulti" e "bambini"

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Scritto da Redazione
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17 Gennaio 2009
Visite: 5952
Il caso di Andrea P., lo studente quindicenne escluso da un concorso per una leggerezza della giuria, dimostra ancora una volta come non sia esagerato definire Internet “una delle più importanti rivoluzioni della storia umana”, che rischia di capovolgere in pochi anni il fondamentale rapporto fra "adulti" e "bambini". Dopo aver presentato qui il suo lavoro originale (una sintesi dei punti deboli della versione ufficiale sull’11 settembre), Andrea è stato lodato per una capacità di ragionare, ed un controllo del linguaggio, normalmente riscontrati in gente molto più anziana di lui. (Avevamo anche dedotto che fosse proprio questo “salto” qualitativo, rispetto ai lavori degli altri ragazzi, ad aver insospettito la giuria, portandola a verificare le fonti in Internet). In realtà Andrea non è affatto un enfant-prodige, sono gli altri ragazzi della sua età ad essere in ritardo. Andrea è semplicemente una persona che ha scelto già da tempo di chiudere il televisore, e di informarsi esclusivamente in Internet. Questo non solo lo tiene al riparo dalle ondate di letame quotidiano ...

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Ateismo, il migliore amico della Chiesa

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Scritto da Redazione
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16 Gennaio 2009
Visite: 14870
E’ in arrivo l’ateismo, con una serie di iniziative clamorose che sembrano voler rivendicare una volta per tutte il diritto del non credente, troppo a lungo calpestato, di non doversi confrontare giornalmente con le mille “esuberanze” della fede altrui. L’eroico tentativo di Cascioli di denunciare i preti per abuso di credulità popolare, raccontando alla gente di un personaggio storico mai esistito (cosa che Cascioli sostiene di poter dimostrare), ha già fatto scuola, e oggi sono in molti a setacciare sistematicamente tutto quello che dicono i preti dal pulpito, sperando di cogliere la frase ingannatrice che gli permetta di portarli in tribunale. Nel frattempo sta per essere lanciata una vera e propria campagna pubblicitaria basata su uno slogan di sicuro effetto: "LA CATTIVA notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno". Un articolo di Repubblica ci spiega che “questa è la versione italiana della campagna a favore dell'ateismo che dal 4 febbraio tappezzerà due autobus pubblici a Genova. Non a caso l'apertura della campagna lanciata dall'Unione atei e agnostici razionalisti (Uaar) - prosegue l’articolo -partirà da Genova. "E' una specie di sfida atea in casa di Angelo Bagnasco, presidente della Cei" spiega Raffaele Carcano, segretario generale della Uaar. Dopo le polemiche sul gay pride di Genova, reo di essere stato fissato per il 13 giugno, giorno del Corpus Domini, e dopo le parole di Bagnasco per ostacolare lo svolgimento della manifestazione, dopo le frequenti uscite del cardinale in materia di scienza, diritti, riproduzione, l'Uaar ha deciso di riprendersi un po' di par condicio. E di fare pubblicità all'incredulità". Tutto molto bello, tutto molto giusto, tutto molto democratico. Peccato che troppo spesso, colti dai più nobili entusiami, si finisca per combattere una giusta causa ....

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Tante piccole bugie...

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Scritto da Redazione
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16 Gennaio 2009
Visite: 12836
Provate a pensare di fare parte di una giuria di una prima liceo scientifico, che deve assegnare quattro borse di studio per l'anno seguente. State valutando i lavori dei ragazzi, che vanno dalla descrizione di un esperimento di chimica al temino su Garibaldi, da una tesina di biologia ad una libera composizione poetica, quando di colpo vi trovate fra le mani un lavoro come quello che segue, della lunghezza di ben 15 pagine. La storia completa è stata pubblicata QUI. Oggi pubblichiamo, su richiesta di diversi utenti, il lavoro originale, che è identico a quello presentato alla giuria. Non abbiamo nemmeno aggiunto le fatidiche virgolette al primo paragrafo.

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Il gas di Gaza

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Scritto da Redazione
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15 Gennaio 2009
Visite: 11711
In un articolo intitolato “Guerra e gas naturale. L’invasione di Israele e i giacimenti di gas naturale al largo di Gaza”, Michel Chossudowsky propone un’interessante analisi che porta a leggere l’attuale invasione di Gaza come il culmine - pianificato con gelido cinismo - di un logorante braccio di ferro per ottenere il controllo delle riserve di gas naturale scoperte di recente al largo di Gaza, e quindi di proprietà palestinese. La cosa paradossale è che a questo punto i palestinesi appaiono come un semplice disturbo aggiuntivo, la cui rimozione non sia il fine ultimo della crociata sionista, ma un mezzo per raggiungere li vero obiettivo, il totale controllo di quello che viene chiamato il "corridoio energetico levantino", nel bacino orientale del Mediterraneo. Chossudowsky inizia dicendo che “l'invasione militare da parte dell'esercito israeliano della striscia di Gaza è direttamente correlata al controllo e al possesso delle riserve strategiche sottomarine di Gaza. Questa e una guerra di conquista. Ci sono grandi riserve di gas al largo di Gaza”. Poi Chossudowsky spiega che “il British Gas Group” (BG) e la consociata greca Consolidated Contractors International Company (CCC), di proprietà delle famiglie libanesi Sabbagh e Koury, avevano ottenuto nel 1999 dall’Autorità Palestinese i diritti di sfruttamento per 25 anni dei fondali di Gaza. Questi accordi riservavano all’Autorità Palestinese il 10 % dei proventi complessivi. L'accordo prevedeva la costruzione di un gasdotto per sfruttare i nuovi giacimenti, che sono contigui a quelli già esistenti, di proprietà di Israele. La questione della sovranità territoriale sui fondali con riserve di gas – prosegue Chossudowsky - è cruciale. Da un punto di vista legale...

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La casta del gas

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Scritto da Redazione
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14 Gennaio 2009
Visite: 6157
di Marco Cedolin In Italia esistono giornalisti “famosi” che pur essendo diventati tali dopo avere scritto libri ed articoli di pesante denuncia del “sistema”, continuano allegramente a fare parte della sua elite, scrivendo sulle pagine dei quotidiani più importanti e comparendo nelle trasmissioni in TV con la stessa frequenza di quanto accade agli uomini politici di grido. Giornalisti che con il loro lavoro di “denuncia” del sistema, prodotto con l’ausilio dei finanziamenti che il sistema stesso ha messo loro a disposizione, sono riusciti a ritagliarsi una posizione di favore all’interno della quale possono godere di grande credibilità presso l’opinione pubblica. Credibilità che una volta conquistata potrà essere da loro capitalizzata rendendo utili favori al “deprecabile” sistema che li nutre e li foraggia. E’ il caso del buon Gian Antonio Stella, nato nel paese che fu di Eleonora Duse e divenuto più che famoso nel 2007 dopo la pubblicazione del best seller “La Casta”, al quale ha fatto seguito l’altrettanto mordace “La deriva” dello scorso anno. Stella, grande estimatore della crescita e dello sviluppo, come si può evincere da molti suoi scritti, ha dedicato una “marchetta” alla casta del gas, quella costituita da ENI, Edison, Enel, Hera, Exxon Mobil, Eon, Gas Natural, Erg, Gaz de France, partorendo un curioso articolo titolato “Il NO ai rigassificatori: bocciano i progetti e stiamo al gelo” che ha trovato pubblicazione sabato scorso sulle pagine del Corriere della Sera. Nel suo pezzo l’ardimentoso Stella divide gli ambientalisti “buoni” (quelli legati a Legambiente che contestano il nucleare ma apprezzano i rigassificatori e gli inceneritori) da quelli “cattivi” (che si oppongono a tutti gli scempi e le nocività ambientali), dedicando a questi ultimi alcune righe cariche di disappunto ed ironia. Mette alla berlina i livornesi che si battono contro la costruzione del rigassificatore off shore, ...

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Addio dolce cowboy

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Scritto da Redazione
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13 Gennaio 2009
Visite: 10001
(Estratto dal film “Il Nuovo Secolo Americano” – 2° capitolo: Il ruolo di G.W.Bush).
George double-U Bush, detto Dubia, se ne va. Con la sua ultima conferenza stampa, tanto sconcertante quanto prevedibile, il 43° presidente degli Stati Uniti lascia la Casa Bianca nello stesso alone di ambiguità con cui vi era entrato, otto anni fa. L’unica differenza è che allora vedemmo, di questa ambiguità, l’aspetto “positivo”, ovvero la menzogna che entra sorridente nelle stanze del potere, per portare a termine un progetto ben diverso da quello dichiarato. Oggi quel progetto è stato svelato, dopo essere fallito miseramente sotto gli occhi del mondo, e Bush indossa la maschera ambigua di colui che finge in qualche modo che non sia successo nulla di grave, mentre cerca di guadagnare al più presto l’uscita. Nel frattempo, non ha assolutamente capito quello che è successo. A sua volta ingannato e manovrato, l’uomo che ha prestato il volto a otto anni di crimine legalizzato ha confermato fino in fondo il suo ruolo di patetico burattino, sia nell’entrata in scena che nell’uscita. Otto anni fa Bush ci raccontava di un mondo perfetto, libero e giusto, nel quale l’America avrebbe fatto da faro al resto delle nazioni, denunciando così l’immagine di cartapesta che i neocons gli avevano dipinto davanti al volto, per poter contrabbandare sotto quell’immagine ogni loro ladreria. Dicevano a lui che bisognava portare la democrazia nel mondo, e nel frattempo stipavano le portaerei di bombe all’uranio impoverito. Parimenti, oggi Bush sembra faticare molto ad accettare il fatto ...

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Immagini, argomenti e propaganda

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Scritto da Redazione
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11 Gennaio 2009
Visite: 14700
Insieme alla rabbia nel vedere quello che accade in Palestina, molte persone provano anche un frustrante impulso di "fare qualcosa". Qualunque cosa, anche minima, pur di riuscire in qualche modo ad arrestare la spirale di follia che sta travolgendo sotto i nostri occhi la vita di milioni di persone. C'è chi, spinto dall'indignazione, pubblica ovunque può le immagini dei bambini palestinesi dilaniati dalle bombe. Altri propongono di mandarle a tutti i giornali, oppure di portarle bene in altro nelle manifestazioni, in modo da "risvegliare" in qualche modo le coscienze intorpidite dei nostri concittadini. Il problema purtroppo è molto più complesso, e c’è il rischio che questo genere di azioni finisca involontariamente per tornare utile proprio a coloro che hanno tutto l'interesse a mantenere intatta questa spirale. Per ogni immagine di bambino palestinese dilaniato, infatti, Israele sarà sempre in grado di mostrarne una di un israeliano che ha subito la stessa sorte. Anche se sappiamo che la proporzione è di uno a mille, l'effetto mediatico non è aritmetico, ma cumulativo. In altre parole, lo spettatore che osserva questo valtzer di sangue quotidiano, non sta certo a tenere i conti ...

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Il silenzio di Obama

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Scritto da Redazione
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07 Gennaio 2009
Visite: 8099
Prima di affrontare il misterioso “silenzio di Obama” su Israele, che ormai occupa le prime pagine di mezzo mondo, sarebbe utile cercare di liberarsi di certi preconcetti grossolani, sia da parte di chi vede in lui il salvatore supremo dell’umanità, sia di chi lo vede come un burattino costruito in laboratorio. Chiunque affrontasse la questione con un minimo di realismo, capirebbe infatti che nessuna delle due tesi può essere vera in assoluto, e che la verità deve necessariamente trovarsi nella zona grigia che le separa. Quando hai una persona che nel suo passato ha dimostrato ripetutamente di essere animato da ideali limpidi e sinceri, e la ritrovi seduta nell’ufficio ovale della Casa Bianca, la vera domanda da porsi è quanto - in quale misura, cioè - questo individuo abbia dovuto rinunciare ai propri ideali, per accomodare i poteri forti che gli hanno permesso di arrivare fino lì. Ma che li avesse è fuori discussione (non basta certo la PNL, per scatenare in quel modo le masse travolgenti che poi lo hanno eletto), come è fuori discussione che non possa averli mantenuti intatti fino alla soglia di quell’ufficio. L’ultimo che ha creduto di poterlo fare ha trovato la risposta nei proiettili di Dallas. E da allora, purtroppo, abbiamo visto alla Casa Bianca solo presidenti che provenivano dalle stesse fila da cui partirono quei proiettili. Le uniche due eccezioni, Jimmy Carter e Bill Clinton, hanno solo confermato che oltre un certo limite non si può comunque andare. Carter ha cercato in tutti i modi di restare fedele al suo pacifismo congenito, ma ha dovuto pagare con la pubblica gogna - che gli sarebbe costata la rielezione - l’inanità a cui fu costretto nel caso degli ostaggi di Teheran. Clinton invece, molto più astuto e opportunista, è riuscito a passare alla storia come una persona che a 25 anni partecipava ai cortei pacifisti, con tanto di spinello e barba lunga, mentre a 50 ordinava di sganciare bombe all'uranio impoverito sui bambini jugoslavi. Cosa sia accaduto nel frattempo, rimane un mistero che forse solo lui potrà spiegare. Eppure, anche di fronte a questa contraddizione monumentale, ...

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Il Medioevo non finisce mai

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Scritto da Redazione
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07 Gennaio 2009
Visite: 6666
Con la tipica arroganza di chi si sente superiore a tutto quanto lo circonda, il Vaticano ha fatto sapere che si riserva il diritto di applicare sul proprio territorio soltanto le leggi italiane che rispondono ai principi della dottrina cristiana. La motivazione ufficiale, fornita da Mons. Serrano, è il «numero davvero esorbitante di norme nell’ ordinamento italiano, non tutte certamente da applicare in ambito vaticano», al quale andrebbe aggiunta «l’instabilità della legislazione civile per lo più molto mutevole». Detto da chi predica la dottrina religiosa più fitta e incomprensibile dell’Universo, dopo averla modificata infinite volte nel corso dei secoli, la cosa potrebbe anche far sorridere. (Inoltre, si potrebbe spiegare al Monsignore che le leggi si applicano una alla volta, a seconda del caso previsto. Non è necessario indossarle tutte insieme, come se fossero tante cravatte). In realtà, come suggerisce l’articolo sopra citato, il Vaticano cerca probabilmente di premunirsi contro un inevitabile adeguamento della legislazione europea sul riconoscimento dei diritti civili alle coppie omosessuali. Già dovettero inventarsi il celibato, nel Medioevo, per proteggere i beni della Chiesa da una dolorosa “dissipazione” nel mondo civile, ...

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