Purtroppo le persone che avevano sollevato lo storico polverone sulla legalizzazione della prostituzione si sono rivelate incapaci di argomentare con efficacia la loro posizione contraria. Qui non si tratta di voler avere ragione per forza, ma di volere con forza che prevalga la ragione.
Le argomentazioni di tipo emotivo non devono mai avere la meglio sul ragionamento vero e proprio, e chiunque sia portato a scegliere quella strada deve sapere che alla fine rischia solo di danneggiare la causa stessa che vorrebbe difendere.
Si tratta infatti di persone che discutono in totale buona fede, ma che per qualche motivo partono dal presupposto di conoscere la verità meglio di tutti gli altri, sentendosi così autorizzate ad imporre il proprio punto di vista senza doverlo argomentare fino in fondo.
Finchè si tratti di un esperto del settore, gli si può riconoscere al massimo un certo diritto ad impostare la questione nel modo che ritiene più corretto, ... ... ma questo non lo esime dal dover sostentare tutto ciò che dice con la massima chiarezza. (E' una regola che quelli del CICAP, abituati a pontificare senza dover mostrare la minima pezza d'appoggio, qui hanno imparato a caro prezzo).
Figuriamoci quindi se il semplice fatto di essere donna possa dare un qualunque privilegio in una discussione sulla donna. Qui non si tratta più di esperti del settore, ma di categorie talmente vaste e multiformi che rischiano anzi di contenere l’esatto opposto della tesi sostenuta.
Autolelevandosi a portavoce di una categoria che non ti ha mai scelto per farlo, si rischia solamente di arrecare danni a quella categoria.
Ci fermiamo qui, perchè nel caso specifico le persone coinvolte non agivano certo con secondi fini. Si era tutti d’accordo nel considerare la prostituzione una vergogna per l’umanità, e si discordava solo sul percorso più breve per arrivare ad eliminarla.
Ricordiamo però che proprio l’appartenenza alla categoria “donna” servì al suo nemico per distorcere gli intenti originali del movimento femminile, fino a rendere del tutto innocua la sua presenza nel tessuto sociale.
Per lo stesso motivo, al sottoscritto non è mai stato permesso di far valere l’appartenenza al “suo” movimento, per imporre tesi che deve invece argomentare ogni volta da cima a fondo, come ci si aspetta da chiunque altro.
E’ la migliore garanzia che abbiamo per non ritrovarci un giorno a pascolare su prati di erba finta, privi di reale nutrimento e lontani dal clamore della rivoluzione. Perchè quella ci sarà di sicuro, e non starà ad aspettare nessuno.
Negli Stati Uniti dicono “Un’America pronta è un’America che combatte”. A noi piacerebbe dire “Un’Italia pronta è un’Italia che pensa”.
Massimo Mazzucco
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