E’ possibile oggi pubblicare una notizia falsa in Internet? Non stiamo parlando di una notizia vera solo in parte (lo sono quasi tutte), e nemmeno di una piccola bugia nascosta in una grande verità. Stiamo parlando di inventarsi un fatto di sana pianta, dall’A alla Z, e poi immetterlo in rete perchè ci rimanga, senza che nessuno se ne accorga mai.
Confesso che ci ho provato – la notizia del “pesce d’aprile” del New York Times è a sua volta un pesce d’aprile, completamente inventato – ma vi confermo che la cosa non è affatto facile, ed è concepibile solo in condizioni estreme come questa.
Ormai in rete la possibilità di fare riscontri incrociati - grazie ai motori di ricerca - permette a chiunque di stabilire in pochi minuti se la notizia sia stata riportata anche altrove, o se appaia solo sul sito che la presenta. Se altri siti ne parlano, indicando fonti esterne, vuol dire che qualcun altro l'ha messa in rete. Questo non garantisce che la notizia sia vera, ovviamente, ma esclude almeno che l’inganno nasca dalla pagina che abbiamo di fronte.
Il problema infatti, per chi voglia provarci, è di superare lo scoglio delle prime 24 ore, senza che nessuno si accorga che sei l'unico a riportare quella notizia. Vi garantisco che si tratta di una solitudine terrificante: ti senti nudo e vulnerabile, sapendo che nel mare infinito di internet non c'è assoluamente nulla in grado di supportare quello che hai scritto ... ... mentre attendi il post che insinui educatamente il primo dubbio – “ma scusate, io non riesco a trovare niente su 'sta cosa” - seguito a poca distanza da una raffica di “cazzo è vero! Ma questo si è inventato tutto!", che demolisce in un attimo il tuo satanico progetto di egemonia culturale.
Se invece altri siti cominciano a riprendere la notizia, la sua “credibilità” pian piano aumenta (*), mentre diventa più difficile individuare la fonte originale. Ma per superare quello scoglio è stato necessario prendere una tale serie di precauzioni, che la bugia stessa è diventata del tutto innocua.
Prima di tutto è stato necessario cancellare le tracce del delitto, facendo ritirare allo stesso New York Times il “corpo del reato” (“Sta di fatto che entro le sette di sera il New York Times aveva già ritirato l’articolo,”). La breve permanenza sulla homepage - due ore soltanto - ha permesso inoltre di giustificare l’ assenza di riscontri in rete, poichè minimizzava il suo (presumibile) impatto mediatico. Questo però finisce per minimizzare anche l'eco della sua sopravvivenza, andando a ritorcersi contro lo scopo stesso dell'operazione. (Se la notizia non merita di essere ripresa in primo luogo, la bugia che rimane non interessa comunque a nessuno. E infatti qualche blog l'ha già ripresa, ma nessuno di importante se l'è filata).
A sua volta, questo ha reso necessario creare delle "prove tangibili" della sue breve presenza in rete, ovvero la falsa homepage del NYT dalle 5 alle 7 di sera. (Io non sono credibile come Attivissimo, che può permettersi di citare testimonianze di piloti Alitalia di cui "preferisce non rivelare il nome, per ovvii motivi").
Infine è stato necessario individuare un “habitat” particolare per la falsa notizia, che la proteggesse dall’assoluta inesistenza del fatto raccontato. In questo senso la giornata del primo di aprile offriva un’occasione più unica che rara. Come infatti sappiamo: il vero del vero è vero, il falso del vero è falso, il vero del falso è falso, ma il falso del falso è vero.
Ecco quindi che raccontare la “bugia della bugia” (mentire sul fatto che il NYT avesse fatto un pesce d’aprile) diventava paradossalmente una garanzia di sicurezza.
Ci fu un caso in cui io pubblicai per errore una notizia falsa, mandatami da un amico in vena di scherzi. Quando costui si rese conto che ci ero cascato corse giustamente a stappare lo champagne, perchè la cosa non accade tutti i giorni. Ma in realtà lui stesso, per riuscirci, aveva dovuto inserire la bugia in un habitat particolare - in quel caso un libro - togliendo a sua volta impatto mediatico alla bugia raccontata.
In altre parole, questo persona mi mandò la falsa recensione di un libro esistente, approfittando del fatto che io non l’avessi letto (e non potessi certo farlo in venti muinuti). Mi ero quindi fidato delle verifiche che gli avevo chiesto di fare in modo rigoroso, senza minimamente sospettare che mi volesse ingannare in primo luogo. La bugia quindi è riuscita a sopravvivere, ma solo perchè il suo autore l'ha "nascosta" in un libro che non avevo sottomano, esattamente come io ho dovuto “far ritirare” l’articolo al NYT per non essere preso con il sorcio in bocca in poco tempo.
Possiamo quindi concludere che oggi è praticamente impossibile introdurre in Internet notizie false di una certa rilevanza. Ci resta solo da separare le bugie dalla verità in tutte le altre.
Massimo Mazzucco
* Ho messo “credibilità” fra virgolette, perchè il rischio è proprio quello di un “incesto informatico”, dove la falsa notizia si diffonda a sufficienza da iniziare supportare se stessa, perchè comincia a sembrare vera.
Il vero criterio per stabilire l'affidabilità di una notizia non è la "quantità" di pagine che la riportano, ma un numero soddisfacente di verifiche incrociate sui fatti raccontati.