Il Vietnam rappresenta per gli Stati Uniti una nera voragine dalla quale continuano a uscire spettri di ogni genere e dimensione, che una volta materializzati iniziano ad aggirarsi fra i sopravvissuti di ieri, seminando panico e devastazione almeno quanto lo fecero i bombardamenti americani sui villaggi vietnamiti.
E ogni volta che questo accade, scopriamo immancabilmente l’oscuro rovescio di una delle tante gloriose “medaglie al valor militare”.
La più nota vicenda è forse quella di Colin Powell, il generale a quattro stelle dalla reputazione impeccabile, che è risultato aver costruito la sua carriera sul fatto di essersi prestato a cercare di sopprimere in tutti i modi l’emergente verità sul massacro di My Lai.
Anche John Kerry, l’ex-candidato presidenziale che andava ai comizi dei veterani di guerra con il giubbotto da aviatore - pur essendo diventato, al suo ritorno dal Vietnam, un focoso attivista del movimento pacifista - è stato accusato da molti suoi ex-colleghi di aver gonfiato in maniera particolare le azioni che gli sono valse tre Purple Hearts (la prestigiosa medaglia al valor militare dell’esercito americano).
Ma lo scheletro più ingombrante di tutti, a questo punto, sembra riposare nell’armadio di John McCain, l’attuale favorito alla nomination repubblicana per le presidenziali del prossimo autunno.
Figlio di un importante ammiraglio della Marina, John McCain II, che era a sua volta figlio di un eroe della II Guerra Mondiale, il futuro senatore americano si trovava in Vietnam come pilota della US Air Force, quando gli fu affidata una classica “mission impossible”: bombardare in pieno giorno il centro di Hanoi, sfidando una delle più sofisticate e micidiali batterie antiaeree ... ... di quell’epoca. Un collega di McCain, che volava accanto a lui in quella missione, ha poi raccontato che durante il volo di avvicinamento McCain si era dimostrato molto preoccupato per quello che li attendeva. “Per ogni squadrone da 25 aerei che attacca la capitale - aveva ripetuto più volte – i vietnamiti riescono ad abbatterne almeno tre”.
E infatti quella volta toccò pure a lui. Colpito da un missile “grosso come un palo del telegrafo”, il suo aereo tremò da cima a fondo, si capovolse e perse un’ala. Mentre precipitava in una spirale senza speranza, McCain riuscì a riprendere conoscenza e ad azionare in extremis il meccanismo di espulsione del suo seggiolino, ma perse nuovamente i sensi nel violento impatto con l’aria esterna. Rinvenne quando era ormai a pochi metri da terra, giusto in tempo per rendersi conto che stava per finire proprio nel mezzo di un piccolo lago, che si trovava nel centro della città.
McCain aveva la gamba sinistra fratturata in più punti, tre fratture esposte nel braccio destro e una nel braccio sinistro, ma ancora non se n'era reso conto. Fu solo dopo essere riemerso in superficie, e aver cercato di nuotare verso riva, che si era sentito nuovamente affondare. Sarebbe sicuramento annegato, se non lo avessero tratto in salvo alcuni abitanti della zona, accorsi dopo aver visto il paracadute di McCain che si dirigeva verso il lago.
Una volta a riva McCain fu coperto di insulti, calci, sputi e bastonate. Qualcuno gli trafisse un piede con una baionetta, qualcun altro gli frantumò una spalla con il calcio di un fucile, mentre arrivavano i soldati che lo avrebbero finalmente portato via.
Dopo un visita sommaria, i vietnamiti decisero che era troppo malconcio per cercare di curarlo, e decisero di lasciarlo morire.
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Facciamo un salto in avanti, e ritroviamo il senatore John McCain, eroe di guerra pluridecorato, alla presidenza di una commissione senatoriale che affronta il delicato problema dei POW-MIA (“Prisoners of War” e “Missing in Action”), cioè i prigionieri di guerra e i dispersi, ovvero tutti coloro che non risultano ufficialmente morti, ma che a casa non sono mai tornati.
Le sedute sono bollenti, e proprio McCain si è distinto per aver perso più volte il controllo, aggredendo con inusitata violenza tutti coloro che cercavano in qualche modo di conoscere la fine di uno dei tanti soldati che mancano all’appello.
Nonostante il Vietnam abbia sempre sostenuto di avere restituito tutti i prigionieri sin dal 1973, infatti, furono in molti a credere che ne fossero rimasti indietro una notevole quantità. Erano cosi nate delle associazioni che hanno ripetutamente chiesto al Pentagono di rendere pubblica la documentazione sui POW-MIA, ma non sono mai state ascoltate.
Di fronte ai reiterati rifiuti del Pentagono, alcuni deputati presentarono addirittura una legge che imponeva personalmente agli alti ufficiali di rivelare tutto quello che sapevano sui prigionieri di guerra, minacciando gravissime sanzioni nei loro confronti in caso di rifiuto a collaboare.
La legge passò alla Camera con una roboante unanimità, ma poi fu stranamente affondata al Senato, a causa dell’ostruzionismo inspiegabile di un certo senatore, John McCain, che di apertura degli archivi militari non voleva sentir nemmeno parlare. Il passato è passato, diceva, vi garantisco che non c’è più vivo nessuno, mettiamoci una pietra sopra e guardiamo avanti.
Ma le assiciazioni dei familiari non avevano desistito, e la loro pervicacia li aveva portati ad ottenere una commissione senatoriale che indagasse sui POW-MIA. A quel punto era intervenuto McCain, che aveva usato tutto il suo potere per ottenere la presidenza della commissione, nella quale aveva sistematicamente aggredito e distrutto chiunque osasse sostenere la necessità di riaprire quegli archivi.
Una volta respinto l’ennesimo attacco dei familiari, McCain pensò bene di presentare lui stesso una legge – poi approvata – che di fatto poneva talmente tanti lacciuoli a una qualunque richiesta di documentazione da scoraggiare anche il più tenace degli attivisti.
Ed infatti ancora oggi non si conosce la sorte di moltissimi soldati americani partiti per il Vietnam 40 anni fa.
Perchè McCain si era comportato in quel modo? Come mai si opponeva - lui stesso un ex-prigioniero di guerra - a una riapertura degli archivi sui suoi colleghi dispersi?
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Torniamo indietro nel tempo, e ritroviamo McCain moribondo nella sua cella di Hanoi. In un momento di lucidità chiede di parlare con un alto ufficiale dell’esercito vietnamita, al quale rivela di essere il figlio dell’ammiraglio McCain, l’uomo che proprio in quel momento era in procinto di assumere il comando di tutta la flotta americana nel Pacifico.
Di colpo l’atmosfera attorno a lui si trasforma. McCain viene ricoverato con tutte le attenzioni nel migliore ospedale di Hanoi, e per curarlo arriva addirittura un famoso medico dalla Russia.
I vietnamiti gongolano, felici per aver catturato quello che definiscono il “principe ereditario”.
Un mese dopo McCain si è ripreso, ha curato le fratture, e lentamente ritorna a camminare.
Iniziano così cinque anni di prigionia sui quali in realtà si sa poco o nulla. McCain ha raccontato di essere stato più volte torturato, e mantenuto in totale isolamento per i primi due anni. I membri dell’associazione familiari dei POW-MIA sostengono che invece McCain sia diventato a tutti gli effetti un collaborazionista di primissimo grado.
Leggiamo alcuni paragrafi del Codice di Comportamento del soldato americano in guerra:
U.S. MILITARY CODE OF CONDUCT
I. Sono una americano, che combatte nell’esercito che protegge il mio paese e il nostro modo di vita. Sono pronto a dare la mia vita in loro difesa.
II. Non mi arrenderò mai di mia spontanea volontà. Se sarò al comando, non farò mai arrendere chi sta sotto di me finché avrà la possibilità di resistere.
III . Se sarò catturato continuerò a resistere con tutti i mezzi a mia disposizione. Farò ogni sforzo possibile per scappare e aiutare gli altri a scappare. Non accetterò né un rilascio anticipato né altri speciali favori da parte del nemico.
IV. Come prigioniero di guerra, continuerò a fidarmi dei miei compagni di prigionia. Non darò informazioni o parteciperò ad azioni che possano danneggiare i miei compagni. Se sarò io il più l’anziano, prenderò il comando, altrimenti ubbidirò agli ordini legittimi di coloro che stanno sopra di me, e li appoggerò in ogni modo possibile.
V. Se interrogato, come prigioniero di guerra sono tenuto a dare soltanto nome e cognome, grado, numero di matricola e data di nascita. Cercherò di evitare di rispondere a qualunque altra domanda al meglio delle mie capacità. Non rilascerò dichiarazioni, orali o scritte, sleali verso il mio paese e i suoi alleati, o dannose per la loro causa.
Invece i familiari dei POW-MIA citano un episodio nel quale un altro soldato americano avrebbe sentito McCain che raccontava per filo e per segno ai vietnamiti quali sarebbero stati gli obiettivi civili – scuole, abitazioni e ospedali – che gli americani intendevano prendere di mira nei prossimi giorni.
C’è poi un documento che descrive la partecipazione di McCain ad un programma radiofonico vietnamita, nel quale racconta del trattamento amichevole che ha ricevuto, e dice chiaramente che l’America ormai è rimasta isolata nel mondo, e che la loro fine è vicina.
Di fronte a questi fatti, i familiari dei POW-MIA si domandano quante altre informazioni importanti McCain possa aver passato ai vietnamiti, e se davvero abbia trascorso in una cella di rigore i suoi famosi due anni di isolamento.
Di certo fa specie vedere McCain che abbraccia con calore uno dei sui aguzzini (foto del titolo), venuto a testimoniare alla “sua” commissione senatoriale, che poi si è casualmente conclusa con un nulla di fatto.
Pare infatti che ad un certo punto della sua prigionia, a McCain sia stato offerto di tornare a casa prima degli altri, ma che egli abbia vigorosamente rifiutato, perchè un tale gesto di favoritismo avrebbe sicuramente macchiato la sua futura carriera politica.
Già, la carriera politica. E’ da quando Eisenhower, stratega vittorioso dello sbarco in Normandia, è diventato presidente degli Stati Uniti, che un buon carico di medaglie ha sempre rappresentato una valida garanzia per chi volesse essere eletto ad un pubblico ufficio.
E in questo senso McCain batte tutti: pare che di medaglie ne abbia collezionate addirittura una ventina. Se si calcola che in tutto McCain ha pilotato 23 incursioni sul territorio vietnamita, e che queste sono durate circa un’ora l’una, fanno più o meno una medaglia per ogni ora di guerra combattuta dall’eroico candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Quasi un juke-box.
Massimo Mazzucco
Il documento che descrive l’intervista diMcCain alla radio vietnamita.
Il
sito dell’associazione dei familiari dei POW-MIA (grazie a Teba per la segnalazione).