Schiacciante vittoria di Barak Obama (55%), che ha superato ogni previsione in South Carolina, riportando più del doppio dei consensi di Hillary Clinton (27%). Il primo degli stati a maggioranza nera ha così seppellito definitivamente le speranze di John Edwards (18%) - nativo del South Carolina e vincitore in questo stato contro John Kerry, nel 2004 - che sperava in un risultato positivo che lo rimettesse in qualche modo in carreggiata.
Mentre il 55% di Obama significa che il senatore dell’Illinois è riuscito ad aggregare attorno a sè anche la base più liberal degli elettori democratici, inizialmente più incline a votare per Edwards. A sua volta Hillary Clinton, che si era forse collocata troppo presto su posizioni centriste (prevedendo uno scontro finale con Giuliani), ora si ritrova ad abitare uno spazio molto più angusto: scopertasi troppo a sinistra, ritrova ora il centro già occupato dall’ombra lunga di John McCain, il moderato repubblicano che ha fatto la stessa identica mossa in senso inverso.
La probabile uscita di scena di Edwards inoltre non farebbe che aggravare la posizione della Clinton, poichè sarebbe Obama a raccogliere buona parte dei voti democratici destinati al collega sconfitto.
E con degli scarti come quello odierno non si può nemmeno pensare di “ritoccare” in qualche modo i risultati delle votazioni, che verrebbero platealmente smentiti dagli exit-polls, unica vera salvaguardia contro le frodi elettorali di una certa dimensione.
D’altronde, se è vero che contro Giuliani la Cinton avrebbe avuto buon gioco, contro McCain le sua chances si riducono di parecchio (troppo vicine le loro posizioni, con l’evidente vantaggio a quel punto per il ”maschio” McCain, più affidabile e navigato), al punto che ai democratici conviene forse iniziare a pensare ... ... di gettare tutte le proprie forze alle spalle di Obama, che costituirebbe invece una chiara alternativa alla candidatura McCain.
In altre parole, ad un repubblicano di destra va bene opporre un democratico centrista, mentre a un repubblicano centrista conviene opporre un democratico decisamente liberal. Contando ovviamente, a quel punto, sull’effetto Kennedy. (Esattamente come Jacqueline e John Kennedy fecero apparire Nixon e sua moglie come pezzi da museo, l’immagine della coppia Obama – dinamici, giovani ed entusiati – farebbe apparire McCain e consorte come dei residuati della II guerra mondiale).
Nel frattempo Obama sta crescendo a vista d'occhio, sia politicamente che personalmente. Partito con notevole timidezza, inciampava nelle parole e si contraddiceva spesso, ma dopo la vittoria in Iowa è sembrato iniziare lui stesso a credere alle proprie possibilità, e in pochi giorni si è letteralmente trasformato: molto più aggressivo, lucido e determinato, ha mostrato di avere qualità di trascinatore insospettate, mentre ha messo a punto una piattaforma elettorale di tutto rispetto, che riesce in qualche modo a proiettare quell’immagine di un’America “nuova” che tutti vanno disperatamente cercando.
“La scelta di queste elezioni – ha detto Obama nel trionfale discorso di ringraziamento – non è fra diverse regioni del paese, fra diverse religioni, o fra generi diversi [maschile/femminile]. Non è fra ricchi e poveri, fra giovani e anziani, o fra neri e bianchi. E’ una scelta fra il passato e il futuro”.
Chi gli ha agevolato la candidatura, pensando magari di creare un finto ostacolo per non far apparire troppo facile la scontata nomination di Hillary Clinton, dovrà rifare daccapo i suoi conti.
Nel frattempo, Rudy attende tutti in Florida con il drink in mano, ben cosciente che a meno di una strepitosa vittoria su McCain, martedì prossimo, per lui la candidatura presidenziale sarà stato soltanto un sogno da seppellire sotto le macerie dell’undici settembre.
Massimo Mazzucco