Dopo l’ultima discussione, nell’articolo dedicato alle elezioni americane, sono giunto ad una conclusione in qualche modo sorprendente: il problema dell’Italia non sta affatto nella “massa di pecoroni che guarda la TV”, ma in quella ristretta elite di intellettuali che crede di aver capito tutto solo perchè ha smesso di guardarla.
Il problema dell’Italia si chiama cinismo, presunzione, qualunquismo.
Sono tre caratteristiche tipiche di una certa “elite” che oggi popola la rete, e sono caratteristiche pienamente funzionali - guarda caso - alla conservazione del potere da parte di chi lo detiene.
Pensateci bene: cos’altro potrebbe desiderare, chi sta al potere, se non una massa di gente che dice ”tanto non cambia nulla”?
In realtà questo non è un problema di oggi, già Pasolini lo aveva evidenziato in maniera scottante: il popolo non è fesso, è solo intontito dal “rumore” mediatico, ma sotto l’apparente apatia conserva intatta la capacità di intendere e di volere. Sono invece gli intellettuali, quelli che credono di aver capito tutto, che si fanno scudo del “tanto non cambia nulla” per evitare di rimboccarsi le maniche e provare a rimuovere quella crosta di apatia negli altri, per arrivare a raddrizzare davvero le sorti del loro paese.
E poi naturalmente sono gli stessi che si lamentano di vivere in un “paese di merda”.
Sono loro le vere “zavorre” del progresso, che frenano una qualunque spinta al cambiamento poichè si autosoddisfano della loro presunta conoscenza, e non si sforzano minimamente di tradurla in azione positiva.
In questo senso Internet ha compiuto – senza volerlo – un miracolo al contrario: mettendo a disposizione di costoro ingenti masse di informazione, ...
Solo chi non conosce bene la storia americana può non apprezzare fino in fondo il significato storico della vittoria di Barack Obama.
Basti pensare che solo 40 anni fa i suoi genitori – un nero e una bianca – non avrebbero potuto nemmeno viaggiare insieme in autobus da una città all’altra degli Stati Uniti.
Basti pensare che 40 anni fa fece scalpore un film in cui un nero (Sidney Poitier) decideva di sposarsi con una donna bianca.
Basti pensare che 40 anni fa i neri americani non avevano ancora acquisito il diritto universale di votare.
Eppure, poco prima di essere ucciso, Robert Kennedy dichiarò: “Entro 40 anni un nero potrà diventare presidente di questa nazione”. Era il 1968, a 40 anni esatti da oggi.
Ma la grandezza di Barack Obama - e quello che gli ha permesso di vincere – è stata di non impostare una campagna elettorale nel nome di una eventuale “rivincita” dei neri, ma della semplice affermazione dei valori di eguaglianza espressi dalla Costituzione.
Nel discorso di ringraziamento, infatti, Obama ha esordito dicendo: “Se c’è ancora qualcuno che pensa che in questa nazione esistano traguardi irraggiungibili per il cittadino qualunque, la serata di oggi contiene la sua risposta”.
Ora, sappiamo tutti bene che il “cittadino qualunque”, per poter raggiungere quei traguardi, deve prima scendere a compromessi non da poco, ma a questo punto bisogna introdurre una importante distinzione ...
Con un gesto di grande lungimiranza, Giulietto Chiesa ha affidato la direzione di Megachip a Pino Cabras.
“Citizen journalist” – come si autodefinisce – e già autore del libro “Strategie per una guerra mondiale. Dall'11 settembre al delitto Bhutto”, Cabras è sicuramente una delle persone più preparate in materia geopolitica – il grande tema che fa da “ombrello” a tutti gli argomenti più scottanti di questo nuovo millennio, dall’11 settembre in poi.
In questo senso Cabras chiude un ponte ideale, iniziato proprio da Giulietto Chiesa con il suo libro “La guerra infinita”, antesignano documento di denuncia della menzogna dell’11 settembre e di tutto quanto si nasconde alle sue spalle.
Nel nome dell’unione, del coordinamento e del supporto reciproco fra i siti di libera informazione, ...
di Marco Cedolin
Sarebbe facile liquidare la grande manifestazione del PD al Circo Massimo, semplicemente ironizzando sul fatto che questa adunata dell'opposizione ombra, con il suo corredo di viaggi a Roma pagati dall'organizzazione e migliaia di bandierine ancora inamidate distribuite gratuitamente, somiglia drammaticamente a quella del dicembre 2006 organizzata da Berlusconi, stessa demagogia distribuita a piene mani, stessa ricerca della partecipazione oceanica (siamo 2 milioni), stessa ostentazione di una "diversità" assolutamente inesistente fra due forze politiche che da 15 anni si specchiano l'una nell'altra alternandosi nella spartizione delle poltrone che contano.
Ascoltando le parole di Walter Veltroni, leggendo gli slogan che adornano i manifesti coniati dal PD per l'occasione e gli striscioni srotolati dai manifestanti, non si tarda però molto a rendersi conto di come la commedia dell'assurdo messa in scena al Circo Massimo meriti qualche riflessione in più in virtù della veemenza con la quale Veltroni rivendica il diritto ad "uscire dall'ombra" per diventare opposizione, non soltanto di Berlusconi ma anche e soprattutto del suo stesso partito.
Dice Veltroni fra le tante cose: "Tornano indietro gli artigiani, gli operai. C'è stato un tempo in cui la fatica, i sacrifici e il talento, la specializzazione, davano dignità al lavoro e permettevano anche di metter su un laboratorio in proprio,...
Leggi tutto: I falsi illuminati