(26/7/2008) Parte il calcio di punizione. Il portiere vede il pallone che spunta sopra la testa dei suoi difensori, fa due passi verso sinistra, si lancia verso l’alto, e riesce a deviare il tiro sul fondo, prima che la palla si infili sotto l’incrocio dei pali. Il portiere si accartoccia a terra, e si rialza fra gli applausi della folla.
Rivedendo il tutto “al rallentatore”, è accaduto questo:
I raggi di luce riflessi dal pallone in movimento sono stati catturati dagli occhi del portiere, la loro retina li ha trasformati in immagini, e queste sono state spedite al cervello tramite i nervi ottici.
Immediatamente il cervello ha computato altezza, velocità, angolazione, distanza, parabola e forza di rotazione del pallone, e ne ha calcolato la traiettoria che lo portava verso l’incrocio dei pali, alla sua sinistra. Il cervello ha quindi trasmesso centinaia di comandi contemporanei ai diversi muscoli del corpo, che ha iniziato a muoversi in quella direzione.
Mentre il portiere si muoveva verso sinistra, il cervello computava la distanza fra le mani e il sette, e concludeva che prima di lanciarsi era necessario avvicinarsi di più al palo della porta. Mentre partivano gli ordini alle gambe, che compivano il primo passo, gli occhi del portiere seguivano il pallone, e il cervello ri-computava la traiettoria con maggiore precisione. Dopo il primo passo, il cervello stabiliva che la distanza dall’incrocio dei pali era ancora troppo alta per lanciarsi, e partiva l’ordine per le gambe di compiere un secondo passo.
Durante il secondo passo subentrava il fattore emergenza, e il cervello entrava momentaneamente in conflitto: da una parte, la distanza dal sette era ancora eccessiva per arrivarci con le mani, dall’altra la palla era ormai troppo vicina al bersaglio per permettere un terzo passo. In un milionesimo di secondo il cervello decideva che era indispensabile lanciarsi comunque, ...
di Marco Cedolin
Tricastin, Romans–Sur–Isere, Saint Alban e ancora Tricastin. Nelle centrali nucleari francesi si susseguono le fughe radioattive e per la quarta volta negli ultimi 20 giorni è scattato l’allarme rosso in un impianto transalpino, in un periodo già molto travagliato per l’atomo europeo dopo l'incidente accaduto ai primi di giugno in Slovenia nella centrale nucleare di Krsko ed i 4 incidenti registrati in Spagna a luglio in soli 12 giorni nella centrale nucleare di Cofrentes nei pressi di Valencia.
A Tricastin lo scorso 8 luglio le autorità francesi resero nota la fuoriuscita nell’ambiente, avvenuta il giorno precedente, di 74 kg di uranio. A Romans–Sur–Isere lo scorso 18 luglio l’Autorithy per la sicurezza nucleare francese ammise la fuoriuscita di acque contaminate da elementi radioattivi, pur assicurando che l’incidente non aveva determinato impatti ambientali. A Saint Alban lo scorso 21 luglio 15 operai vennero contaminati dalla fuoriuscita di liquido radioattivo. Ieri 23 luglio, nuovamente a Tricastin 100 operai sono stati contaminati da elementi radioattivi di cobalto 58 fuoriusciti da una tubatura del reattore numero 4 fermo per manutenzione ed immediatamente evacuati dalla centrale.
Proprio intorno al sito nucleare di Tricastin, fra i più grandi al mondo, che non comprende solo la centrale, ma anche una serie di laboratori che lavorano l’uranio grezzo e depositi per le scorie radioattive, sembrano emergere molti scampoli di realtà, fino ad oggi sottaciuti, ...
19 Luglio 1992 - Una strage di Stato
Un intervento di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso nel 1992, che denuncia la collusione fra istituzioni e crimine organizzato, e rivela una contraddizione apparentemente insanabile. (Il filmato è stato editato per motivi di lunghezza. Quitrovate il filmato originale, di circa 30 min.)
La rabbia e la frustrazione espresse da Salvatore Borsellino vanno ben oltre il caso specifico della morte del fratello, o quella di Giovanni Falcone, e riflettono la contraddizione stessa di chi è obbligato a chiedere giustizia allo stesso stato che si è reso colpevole dei crimini commessi.
Rabbia e frustrazione trovano radice nel conflitto, apparentmente insanabile, fra la visione ideale dello Stato e la sua effettiva concretizzazione.
Come scrisse Schopenhauer, l’angoscia di un popolo si misura nella distanza fra gli ideali che si propone e la loro effettiva realizzabilità. In questa luce, l’angoscia frustrata di Salvatore Borsellino sembra descrivere una specie di paradosso matematico, ...
La parola agli esperti. Un documentario statunitense sull’11/9, One Nation Under Siege, per valutare l’attacco al Pentagono dà spazio ai dubbi di un vecchio ufficiale, il generale a due stelle Albert Stubblebine III, il quale dichiara che non può essere stato un Boeing 757 a colpire il Dipartimento della Difesa.
La dichiarazione proviene da una fonte di un certo peso. In piena guerra fredda, in anni di massima tensione USA-URSS, Stubblebine comandava una delle più delicate articolazioni dell’intelligence militare americana. L’organizzazione da lui comandata si chiamava (e si chiama tuttora) United States Army Intelligence and Security Command (INSCOM). Vi sono inquadrate decine di migliaia di unità con elevata specializzazione.
Per non perderci nel ginepraio delle sigle, ci basti sapere che l’INSCOM è l’anello di collegamento fra US Army e National Security Agency (NSA), ossia fra l’esercito statunitense e il cuore dello spionaggio elettronico: congiunge la struttura che dispone i piani militari operativi sul terreno con la megastruttura d'intelligence che fornisce - in estremo dettaglio - le immagini e i suoni del territorio e di chi lo percorre, ovunque nel mondo. La sede dell'INSCOM è nella base di Fort Belvoir. L'11 settembre 2001 vi si svolgeva un’esercitazione che supponeva di «testare la sicurezza della base in caso d’attacco terroristico». Una delle tante esercitazioni in corso, proprio quel giorno, ...
"«Preoccupazione» e «indignazione». Non ci sono altre parole per descrivere la sciagura delle due bimbe rom che ieri sono annegate a Torregaveta, vicino a Pozzuoli, i cui cadaveri sono rimasti per ore in spiaggia tra l'indifferenza dei bagnanti. Parole forti quelle di Laura Boldrini, portavoce dell'alto commissario per i rifugiati dell'Onu."
Inizia così l’articolo del Messaggero sull’annegamento di due bambine avvenuto l’altroieri sulla spiaggia di Torregaveta.
Poi l’articolista si tuffa in un esercizio di pietistica degno del peggior Pascoli: “Come ogni sabato a lavorare per raccogliere qualche euro. Ma le bimbe lavoratrici restano bimbe e non resistono alla voglia di tuffarsi in mare, nonostante le onde agitate che bagnano la spiaggia libera. Loro probabilmente non sanno nuotare, non hanno neanche il costume e si gettono in mare vestite.“
Segue il capo d’accusa principale, che dovrebbe spiegare l’ “indignazione” iniziale: “I corpi lasciati per ore sulla spiaggia. Intanto sulla spiaggia un centinaio di bagnanti continuano a prendere il sole, come se nulla fosse successo. Come se quei due cadaveri rimasti per ore a terra, coperti con teli da mare, fosserso invisibili.”
Completa il quadro il cardinale Sepe, arcivescovo di Napoli, che dichiara: “Girarsi dall’altra parte o farsi gli affari propri può essere a volte più devastante degli stessi eventi che accadono”.
L’articolo di Radio Vaticana prosegue: Dopo la tragedia, c’è stata la sorprendente reazione di una parte dei bagnanti che hanno continuato a pranzare e a prendere il sole, come se nulla fosse successo. Alcune foto ritraggono i due corpi senza vita adagiati in riva al mare ...
di Antonello Angius
Cos'hanno in comune i prezzi impazziti di un mercato finanziario e il consenso populista? Il caso italiano, fra dramma e operetta.
Noise: con questo titolo l’economista Fischer Black esponeva a una platea attonita, presso la American Finance Association, le sue tesi sul condizionamento del “rumore” nei mercati. Era il 1986, Black era conosciuto come un esperto di valutazione dei beni di investimento, sui quali aveva costruito una rigorosa teoria dell'equilibrio dei prezzi. Ma accanto al modello teorico aveva coltivato lo studio delle dinamiche reali dei mercati, giungendo infine a dichiarare che “il prezzo si colloca rispetto al valore con un fattore 2, ossia può andare dalla metà del valore reale al doppio“. Inutile quindi illudersi che i prezzi dei mercati finanziari corrispondano a stime tecniche. Perchè nel mondo reale, dice Black, un numero considerevole di scambi viene effettuato da individui non informati, i “fools and gamblers”, gli sciocchi e gli speculatori, che con ruoli complementari vivono nel rumore. Gli unici peraltro che secondo Warren Buffet, uno dei massimi esperti mondiali di mercati finanziari, potevano alimentare i cosidetti “derivati” che hanno innescato l'ultima bolla speculativa e la successiva crisi economica planetaria.
Dunque anche se esistono le stime tecniche dei valori (appraisals), per chi le sa e le vuole leggere, una parte rilevante – e in alcuni periodi preponderante – dei mercati con il proprio corollario di banche e di fondi lascia che l'informazione venga sovrastata dal rumore: voci, dati giornalistici inaccurati, erronei o “pettinati”, indicatori di mercato marginali assunti come bussola per le fiammate e le scommesse di un giorno, in attesa del rumore del giorno dopo quando i giornali di ieri saranno al macero.
Se questo accade nell'economia, dove comunque non mancano analisti indipendenti, metodi e algoritmi per identificare oscillazioni di prezzi ragionevolmente vicine ai valori reali, come si alimenta il rumore in politica, e come distinguerlo dall'informazione? Anche chi vota un politico fa un investimento, scambiando consenso per risultati attesi, e ha diritto a una corretta informazione prima e dopo le sue scelte. Ma dove sono, nel caso della politica, gli analisti indipendenti?
Prendiamo un respiro profondo e dalle acque di superficie della politics italiana, schiumeggianti dei titoli del giorno, immergiamoci in profondità, ...
di Marco Cedolin
Silvio Berlusconi è “sceso” a Napoli per annunciare la fine dell’emergenza rifiuti in Campania, risolta dal suo governo con un vero e proprio colpo di bacchetta magica in soli 58 giorni, durante i quali secondo le sue parole lo Stato è tornato a fare lo Stato e Napoli è ritornata ad essere una città occidentale. Si sarebbe trattato, secondo il premier di una sorta di “missione impossibile” vinta dal governo anche contro tutti coloro che avevano scommesso nella mancata riuscita dell’operazione.
Le strade sono tornate libere dalle 50.000 tonnellate di rifiuti che le ammorbavano, come ampiamente documentato dai servizi del TG5 che hanno mostrato più volte le riprese video di qualche mese fa con i sacchetti della spazzatura che sembravano essere dappertutto, messe a confronto con quelle di questi giorni che documentano strade linde e pulite ai bordi delle quali si possono notare i cassonetti disposti ordinatamente in fila con i coperchi chiusi.
Ora che la fase drammatica dell’emergenza come per incanto è terminata si deve provvedere, nelle intenzioni del Premier, alla messa a regime di tutto il sistema dei rifiuti ...
Ritorno sull’argomento delle impronte digitali, della privacy e del “controllo del cittadino“ in generale, perché la discussione di ieri ha aperto spunti interessanti, e vale la pena di provare a trarre qualche conclusione.
Sono stati presentati due articoli apparentemente contrapposti, che hanno fatto molto discutere, dividendo più o meno a metà le opinioni degli altri utenti. In realtà, rileggendo tutti i commenti da cima a fondo, ci si rende conto che i due articoli non sostenevano affatto due tesi opposte, ma analizzavano due volti della stessa medaglia.
Che esista un continuo e insistente tentativo da parte delle autorità di “tenere sotto controllo“ i cittadini, nessuno lo mette in dubbio. Quella che è in discussione, caso mai, è la reale valenza di questo tentativo: si può pensare alle impronte digitali (e a qualunque altra schedatura di questo tipo) come a un micidiale strumento di potere, del quale i governanti potrebbero fare un uso improprio a loro piacimento. Oppure si può pensare alle impronte digitali (e a qualunque altra schedatura di questo tipo) come uno strumento di deterrenza psicologica, inteso a “far sentire” il cittadino sotto controllo più di quanto sia nella realtà.
Proviamo per un istante a metterci dalla parte opposta della barricata: siamo in quattro gatti, messi a governare 50 milioni di persone che rischiano di accorgersi da un momento all’altro della monumentale presa in giro di cui sono vittime. Gente onesta, che lavora dal mattino alla sera, e si spacca la schiena anno dopo anno, ...
CONTROLLO – di Marco Cedolin
LA PAURA DEL “GRANDE FRATELLO” – di Massimo Mazzucco
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CONTROLLO
A partire dal 1° Gennaio 2010 tutti gli italiani saranno obbligati a fornire le proprie impronte digitali per ottenere la carta d’identità, come prevede un emendamento al decreto legge sulla Sicurezza che ha ottenuto il si di maggioranza ed opposizione nelle commissioni Bilancio e Finanza della Camera. Proprio i deputati del PD sembrano essere i più felici per l’approvazione della nuova norma proposta dal Pdl, in quanto a loro dire disinnescherebbe la “questione rom” ora che le impronte verranno prese a tutti.
Non è facile comprendere il cortocircuito logico di cui si fa portatore il centrosinistra, in virtù del quale schedare i cittadini alla stessa stregua dei criminali cessa di essere un’azione riprovevole nel momento in cui la schedatura viene applicata a tutti e non solamente ai bambini rom. Non è facile in quanto un’azione riprovevole quale costringere colui che non ha commesso alcun reato a fornire le proprie impronte digitali rimane tale per la sua stessa natura di coercizione immotivata, a prescindere dal fatto che egli sia o meno un rom, ma questo piccolo particolare sembra essere sfuggito ai deputati di Walter Veltroni...
di Marco Cedolin
I confini fra il mondo dell’informazione giornalistica e quello della promozione pubblicitaria hanno continuato negli ultimi decenni a farsi sempre più labili, consentendo alla pubblicità di fagocitare con sempre maggiore avidità larga parte degli spazi deputati a produrre informazione.
Il lancio sul mercato del nuovo iPhone (leggasi cellulare) della Apple, magnificato da giorni nel corso dei telegiornali e sulle testate dei maggiori quotidiani, da parte di una folta schiera di giornalisti che si sono prodigati nel mettere in luce le mirabolanti qualità tecnologiche e la straordinaria filosofia che si cela all’interno di un apparecchio che a loro dire rivoluzionerà la vita degli italiani, ci ha permesso di constatare oggettivamente quanto in profondità gli spot pubblicitari abbiano ormai colonizzato ogni spazio informativo.
I telegiornali fotocopia di Rai e Mediaset, fra il “pastone” politico ed il resoconto dei fatti di cronaca più eclatanti non arrivano a dedicare all’informazione più di una dozzina di minuti, mentre l’intero quarto d’ora che segue è in realtà un’infinita sequela di spot pubblicitari mascherati, neppure troppo bene, sotto forma di notizia. Senza la canonica dicitura “messaggio promozionale” ed ovviamente senza “fattura” si pubblicizza ogni cosa, dall’ultimo cd della popstar di successo al nuovo film del regista emergente, dalla tournée del cantante famoso al libro dello scrittore intellettualmente impegnato e politicamente corretto, dall’ultima vettura nata in casa Fiat alla nuova collezione dello stilista di grido, dalle località sciistiche a quelle balneari, dal “melafonino” che ti cambierà la vita allo scooter che riscopre le tradizioni.