CONTROLLO – di Marco Cedolin
LA PAURA DEL “GRANDE FRATELLO” – di Massimo Mazzucco
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CONTROLLO
A partire dal 1° Gennaio 2010 tutti gli italiani saranno obbligati a fornire le proprie impronte digitali per ottenere la carta d’identità, come prevede un emendamento al decreto legge sulla Sicurezza che ha ottenuto il si di maggioranza ed opposizione nelle commissioni Bilancio e Finanza della Camera. Proprio i deputati del PD sembrano essere i più felici per l’approvazione della nuova norma proposta dal Pdl, in quanto a loro dire disinnescherebbe la “questione rom” ora che le impronte verranno prese a tutti.
Non è facile comprendere il cortocircuito logico di cui si fa portatore il centrosinistra, in virtù del quale schedare i cittadini alla stessa stregua dei criminali cessa di essere un’azione riprovevole nel momento in cui la schedatura viene applicata a tutti e non solamente ai bambini rom. Non è facile in quanto un’azione riprovevole quale costringere colui che non ha commesso alcun reato a fornire le proprie impronte digitali rimane tale per la sua stessa natura di coercizione immotivata, a prescindere dal fatto che egli sia o meno un rom, ma questo piccolo particolare sembra essere sfuggito ai deputati di Walter Veltroni... ... che si felicitano in quanto una randellata in testa a tutti rende tutti più “uguali” e felici, nonché collettivamente partecipi di un unico destino che è quello di assaggiare il randello appunto.
Randelli e centrosinistra a parte, l’operazione di schedatura delle impronte digitali introdotta in Italia in completa sintonia con la direttiva europea è parte integrante di un sistema di controllo del cittadino che continua a farsi sempre più pressante ed ossessivo, nel tentativo di fare fronte nel prossimo futuro a qualunque scenario possa contemplare il rischio di sommosse popolari e violenza diffusa conseguente al probabile tracollo economico del sistema occidentale.
Fenomeni seri ma non drammatici quali l’immigrazione clandestina fuori controllo ed il proliferare della microcriminalità sono stati strumentalizzati ad arte per terrorizzare il cittadino, già rimbambito dalla televisione ed angosciato dalle crescenti difficoltà economiche, esasperandolo fino al punto da indurlo ad invocare più sicurezza proprio facendo appello a coloro che lo vogliono sempre più insicuro e spaventato. L’equazione più sicurezza, più controllo è stata accettata supinamente come un prezzo necessario da pagare per ottenere una serenità che non arriverà mai perché chi gestisce il potere potrà continuare a farlo solamente coltivando l’angoscia e la paura che inducono il cittadino a lasciarsi controllare e gestire come più risulta conveniente alla costruzione del profitto.
Schedatura delle persone tramite la raccolta delle impronte digitali e in futuro anche del dna, telecamere onnipresenti e sempre più sofisticate, esercito nelle strade, infrastrutture presidiate dalle forze armate, finanziamenti sempre più cospicui destinati agli armamenti, all’esercito e alle forze dell’ordine, ottenuti attraverso altrettanto cospicui tagli alla sanità e alla spesa sociale, sono solo i prodromi di una “guerra” combattuta nel nome della sicurezza dei cittadini, ma destinata a lasciare sul terreno come unica vittima ogni anelito di libertà al quale intendessero aspirare i cittadini stessi, destinati a diventare nel tempo sempre meno sicuri e più controllati.
Marco Cedolin
LA PAURA DEL “GRANDE FRATELLO”
Girano E-mail allarmate e commenti indignati sul nuovo obbligo, appena approvato dal Parlamento, di inserire le impronte digitali sui futuri documenti di identità.
Fra le prime possiamo leggere frasi come “Lo sapevate che le impronte digitalizzate di tutti i cittadini europei (quindi dal 2010 anche le nostre e quelle dei nostri figli) verranno di fatto alla fine archiviate e gestite da un centro mondiale che si trova a Washington, USA, sotto il controllo della FBI?“
Fra i secondi “indigna” soprattutto, a quanto pare, il consenso della sinistra, che ha votato la legge bi-partisan insieme al governo. Il balletto delle ipocrisie è tale che il PD si è sentito obbligato a “giustificare” la propria scelta dicendo che “in questo modo si disinnesca la questione Rom. Ora le impronte - dice Antonio Misiani - saranno prese a tutti». (
CdS)
Come a dire che prima era un ingiustizia, ma ora tocca a tutti, per cui va bene così.
Ma i Rom non c’entrano nulla, e in realtà non si comprende nemmeno dove stia il problema. Perchè mai l’archiviazione delle impronte digitali dovrebbe rappresentare una “invasione della privacy”, oppure una “limitazione delle libertà personali”? C’era forse qualcuno che aveva in programma di derubare la pasticceria sotto casa, e teme che le sue impronte restino impresse sulla polvere di zucchero depositata sugli scaffali?
In America prendono le impronte a tutti da una vita, e non risulta che vi siano mai state lamentele di soprusi in quel senso (se la polizia vuole fotterti lo fa comunque, con o senza impronte). Inoltre, sulla carta di identità abbiamo già tutti la nostra fotografia, perchè mai non dovrebbero starci anche le impronte? Una è la fotografia del volto, l’altra è la fotografia di un dito. Che differenza c’è fra le due?
Se un giorno venissero a chiederci anche la fotografia di un ginocchio, da mettere sulla carta di identità, noi cosa rispondiamo? “No, quello no perchè viola la mia privacy”?
Come al solito, ci si lascia ingannare dal falso problema, e si evita così di parlare di quello reale, che non sta nelle leggi, ma nella loro più o meno giusta applicazione.
Come dicevo più sopra, è proprio grazie all’enorme database di “fingerprints” disponibile in America, che recentemente alcuni ricercatori sono stati in grado di identificare con certezza assoluta la mano che si posò sui uno dei cartoni di libri collocato al sesto piano del famoso Book Depository di Dallas. La mano apparteneva – lo ripeto, con certezza assoluta – a uno dei tirapiedi di Johnson, e questo permette di dimostrare l’esistenza di un complotto per uccidere John Kennedy. Ma i media hanno elegantemente ignorato la notizia, e nessuno si è sentito in dovere di riaprire le indagini in base a quel ritrovamento, uccidendo Kennedy (e Oswald) per la millesima volta.
Ecco dove sta il problema: la legge sulle impronte digitali esiste, ma chi non ha voluto servirsene l’ha resa perfettamente inutile.
Invece di urlare al “Grande Fratello” ogni volta che ci chiedono nome e cognome, preoccupiamoci un pò di più di veder applicate le leggi nel senso in cui sono state concepite. Questo sarebbe, da solo, la miglior garanzia contro qualunque abuso, di qualunque tipo.
Massimo Mazzucco