di Marco Cedolin
I confini fra il mondo dell’informazione giornalistica e quello della promozione pubblicitaria hanno continuato negli ultimi decenni a farsi sempre più labili, consentendo alla pubblicità di fagocitare con sempre maggiore avidità larga parte degli spazi deputati a produrre informazione.
Il lancio sul mercato del nuovo iPhone (leggasi cellulare) della Apple, magnificato da giorni nel corso dei telegiornali e sulle testate dei maggiori quotidiani, da parte di una folta schiera di giornalisti che si sono prodigati nel mettere in luce le mirabolanti qualità tecnologiche e la straordinaria filosofia che si cela all’interno di un apparecchio che a loro dire rivoluzionerà la vita degli italiani, ci ha permesso di constatare oggettivamente quanto in profondità gli spot pubblicitari abbiano ormai colonizzato ogni spazio informativo.
I telegiornali fotocopia di Rai e Mediaset, fra il “pastone” politico ed il resoconto dei fatti di cronaca più eclatanti non arrivano a dedicare all’informazione più di una dozzina di minuti, mentre l’intero quarto d’ora che segue è in realtà un’infinita sequela di spot pubblicitari mascherati, neppure troppo bene, sotto forma di notizia. Senza la canonica dicitura “messaggio promozionale” ed ovviamente senza “fattura” si pubblicizza ogni cosa, dall’ultimo cd della popstar di successo al nuovo film del regista emergente, dalla tournée del cantante famoso al libro dello scrittore intellettualmente impegnato e politicamente corretto, dall’ultima vettura nata in casa Fiat alla nuova collezione dello stilista di grido, dalle località sciistiche a quelle balneari, dal “melafonino” che ti cambierà la vita allo scooter che riscopre le tradizioni. Il tutto prendendo a pretesto analisi sociologiche costruite alla bisogna, episodi di cronaca privi di qualsiasi interesse, riflessioni di costume assolutamente pretestuose, valenze culturali di fantasia e qualunque altro escamotage possa dare un’improbabile veste di notizia a quelli che in realtà sono meramente messaggi finalizzati a veicolare una campagna pubblicitaria.
I quotidiani operano sulla stessa falsariga, potendo contare sulla compiacenza di un grande numero di giornalisti che si sono ormai specializzati nel produrre “articoli pubblicitari” estremamente documentati, dove lo spot viene spesso presentato sotto le mentite spoglie di uno scoop giornalistico sull’innovazione tecnologica, di una profonda analisi sociale, di un’attenta disamina dei mutamenti del costume. La notizia del varo della nuova nave di MSC crociere può così diventare una dettagliata presentazione delle mirabilie che i croceristi potranno trovare a bordo, l’analisi sociologica del rapporto che i giovani intrattengono con il mondo dei videogiochi uno spot per la nuova Playstation3, correlato dal racconto delle code chilometriche dei clienti in attesa davanti ai negozi in occasione della presentazione, una riflessione sul desiderio montante di tornare a consumare cibi naturali l’occasione per promuovere determinati ristoranti o cuochi, la disamina delle problematiche correlate ai mutamenti climatici può costituire il viatico per pubblicizzare questa o quella azienda automobilistica che si appresta a lanciare sul mercato un’auto ibrida e così via.
Nel solco di una pubblicità “selvaggia” ormai affrancatasi da ogni regola e da ogni logica, ed oltretutto esentasse, è così nata e sta proliferando sempre più una nuova generazione costituita da pessimi giornalisti che si manifestano però come ottimi pubblicitari destinati ad un fulgido futuro, dal momento che l’informazione, quella vera, sta scomparendo a grande velocità ormai sommersa dai messaggi promozionali molto più produttivi in termini economici.
Marco Cedolin
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