di Pino Cabras


La parola agli esperti. Un documentario statunitense sull’11/9, One Nation Under Siege, per valutare l’attacco al Pentagono dà spazio ai dubbi di un vecchio ufficiale, il generale a due stelle Albert Stubblebine III, il quale dichiara che non può essere stato un Boeing 757 a colpire il Dipartimento della Difesa.

La dichiarazione proviene da una fonte di un certo peso. In piena guerra fredda, in anni di massima tensione USA-URSS, Stubblebine comandava una delle più delicate articolazioni dell’intelligence militare americana. L’organizzazione da lui comandata si chiamava (e si chiama tuttora) United States Army Intelligence and Security Command (INSCOM). Vi sono inquadrate decine di migliaia di unità con elevata specializzazione.

Per non perderci nel ginepraio delle sigle, ci basti sapere che l’INSCOM è l’anello di collegamento fra US Army e National Security Agency (NSA), ossia fra l’esercito statunitense e il cuore dello spionaggio elettronico: congiunge la struttura che dispone i piani militari operativi sul terreno con la megastruttura d'intelligence che fornisce - in estremo dettaglio - le immagini e i suoni del territorio e di chi lo percorre, ovunque nel mondo. La sede dell'INSCOM è nella base di Fort Belvoir. L'11 settembre 2001 vi si svolgeva un’esercitazione che supponeva di «testare la sicurezza della base in caso d’attacco terroristico». Una delle tante esercitazioni in corso, proprio quel giorno, ...


... lungo tutto il paese, con decine di basi militari e ogni sorta d’agenzia governativa già mobilitate per delle simulazioni.

I dubbi del vecchio Stubblebine – qui ancora incollati a un mondo materiale di misurazioni tangibili che gli americani definirebbero “no-nonsense” - vengono ripresi anche in altri documentari, come Inganno Globale e Zero:

«Calcolavo le dimensioni di parti delle installazioni sovietiche partendo dalle fotografie. Era il mio lavoro» spiega Stubblebine, che aggiunge: «guardo al buco nel Pentagono e guardo alle dimensioni dell’aeroplano che si suppone abbia colpito il Pentagono. L’aereo non ci sta in quel buco. Dunque che cosa ha colpito il Pentagono? Cosa lo colpì? Che cosa succede?»

Riepiloghiamo. Un militare al quale la massima superpotenza ha affidato negli anni più tesi della sua storia la valutazione delle immagini del nemico, oggi dice che le immagini dell’11 settembre non gli quadrano per nulla.

È interessante o no, come attestazione?

Parla una figura qualificata oppure no?

A me sembra di sì. Converrete che si tratta di una faccenda degna di approfondimento, come minimo.

A loro modo hanno voluto “approfondire” anche i mitografi della versione ufficiale. Dal cesto che contiene i frutti della biografia di Stubblebine hanno scelto un frutto storto e strano: il generale curava vasti programmi che studiavano i poteri paranormali come arma da addomesticare e utilizzare per le guerre future.

I mitografi usano questa informazione per presentare Stubblebine come un mentecatto isolato, dedito a esperimenti folli e solitari. Fanno solo un vago cenno ad “altri” personaggi che sostennero questi programmi, ma lasciano la pazzia tutta a Stubblebine.

Assai comodo, tutto ciò, e anche molto selettivo, oltremodo manipolatorio direi.

Chi sono gli “altri”? Fra questi “altri” viene dimenticato nientemeno che il generale Peter Schoomaker, un personaggio che ha toccato l’apice della sua carriera addirittura dopo l’11 settembre, come Capo di Stato Maggiore dell’esercito USA (2003-2007) quando fu richiamato – fatto senza precedenti – dalla pensione, dopo una vita nelle forze speciali. Proprio il libro citato selettivamente per screditare Stubblebine (Jon Ronson, The Men Who Stare At Goats, Simon & Schuster, New York 2004), racconta che il generale Schoomaker ha costituito un think tank presso l’ufficio di Capo di stato maggiore della US Army volto a diffondere tecniche paranormali nell’esercito USA. Il libro descrive la propagazione di obiettivi estremi – fino alle frontiere più lunatiche della New Age – una diffusione che si è fatta strada nelle alte sfere militari statunitensi: si tratta di un sistema di idee inteso a forgiare le armi più impensabili, rivolte ai teatri di guerra più inimmaginabili, per le volontà di dominio più esagerate.

Qualcuno definisce il mondo di militari descritto da Ronson come “the spoonbenders”, cioè “i piegacucchiai”. Come tutte le “volontà di potenza” incorporate nella burocrazia militare, anche le evocazioni dei “piegacucchiai” sono molto comiche. Il comico è il tragico visto di spalle. La guerra è molto tragica. Perciò è molto comica. Non esisterebbero capolavori come Il Dottor Stranamore o Il buon soldato Švejk, altrimenti.

A un certo punto però possiamo anche smettere di ridere. E possiamo provare a capire perché enormi rivoli di denaro, grandi organizzazioni e interi pezzi delle nuove scienze militari siano inghiottiti da smisurati capitoli del budget della Difesa. Stanziamenti occulti (perché impenetrabili anche alle commissioni parlamentari). Stanziamenti occultisti (per il repertorio di forze parapsicologiche evocate).
Il punto è che la “guerra totale”, oggi, vuol essere totale in tutti i sensi. La nuova corsa al riarmo ha obiettivi massimi: il controllo militare totale dello spazio , il controllo assoluto del clima come arma entro il 2025, il controllo delle menti e dell’opinione pubblica.

Altro che Stubblebine, ancorato alla fisica e frustrato dal paranormale...
Sono interi spezzoni della macchina bellica americana – fra i più accaniti difensori della verità ufficiale dell’11/9 – a voler spingere con preoccupante esaltazione la “Guerra al terrorismo” verso confini inauditi.

Pensate ad esempio a uno di questi “piegacucchiai”, il generale Paul E. Vallely. È uno di quegli ufficiali a riposo beccato dal «New York Times» a fare in TV propaganda sfegatata e bugiarda per le guerre di Bush e Rumsfeld mentre nascondeva i suoi corposi interessi privati. Vallely scrisse assieme a Michael Aquino un inquietante saggio, From PSYOP to MindWar: The Psychology of Victory (ovvero “dalla guerra psicologica alla guerra mentale: la psicologia della vittoria”). Il saggio partiva da idee già spregiudicate:
«La guerra mentale è soprattutto strategica ... Nel suo contesto strategico deve estendersi in ugual modo ad amici, nemici e neutrali in tutto il globo - non attraverso i primitivi volantini gettati sui campi di battaglia o gli altoparlanti della guerra psicologica, né attraverso gli sforzi deboli, imprecisi e limitati della psicotronica - ma attraverso i mezzi d'informazione posseduti dagli Stati Uniti che hanno la capacità di raggiungere virtualmente ogni popolo sulla faccia della terra. Questi mezzi d'informazione ovviamente sono quelli elettronici, radio e televisione.»
Fin qui sembrano le parole di un Goebbels che abbia letto McLuhan. Ma Vallely – per anni colonna editoriale di Fox TV - si abbeverava a queste parole:

«Gli sviluppi più avanzati delle trasmissioni permettono una penetrazione delle menti ovunque nel mondo in una maniera che sarebbe stata inconcepibile appena pochi anni fa. Come la spada di Excalibur, noi dobbiamo arrivare a prendere possesso di questo strumento e tutto ciò può trasformare il mondo per noi, se avremo il coraggio e l'onestà di promuovere con esso la civiltà.»

Va bene, siamo ancora in zona Harry Potter. Ma è ora che arriva il bello, per i profeti della MindWar:
«Ci sono delle condizioni puramente naturali in cui le menti posso diventare più o meno ricettive e la guerra mentale deve servirsi pienamente di fenomeni quali l'attività elettromagnetica dell'atmosfera, la ionizzazione dell'aria e le onde dalle frequenze estremamente basse».

Capito dove arrivano i “piegacucchiai” con le stellette?

Il co-autore era il maggiore Michael A. Aquino, uno specialista di guerra psicologica che nel 1975 aveva fondato una setta satanica denominata "Il tempio di Set", aspirante alla leadership della “Via della mano sinistra”. Si tratta di ambientini che incrociano facilmente le cose peggiori, dalla pedofilia ad Abu Grahib. E che infatti hanno incrociato le stanze dell’Amministrazione Bush.

Quel che possiamo notare è che il vecchio Stubblebine sembra un tizio ormai fuori dai giochi, mentre buona parte dell’ambiente psichico di riferimento della MindWar continua ad agire concretamente nel dispositivo della propaganda che sta modellando la parte occulta della nuova guerra. Ad uso del pubblico vengono rilasciate formule eufemistiche, vagamente orwelliane. Si parla di sviluppare "armi non letali", di curare la "ciber-organizzazione della guerra", di attuare una "intelligence in tempo reale". Dietro le formule si celano categorie meno inoffensive. Proprio Peter Schoomaker, proteso a contaminare metodi d’azione, ha parlato esplicitamente di "fusione tra guerra e criminalità".

Altri militari puntano a creare "soldati cibernetici": truppe con un microchip impiantato nel cervello da interfacciare con i comandi di "intelligence in tempo reale".

È però un lavoro di lunga lena, che non riesce dall’oggi al domani. C’è chi anticipa il nuovo scenario: «ora i figli vanno ribellicizzati», sebbene «in discontinuità generazionale», sottraendoli alle vecchie agenzie educative. In attesa di mezzi paranormali, qualcosa c’è già. «I veicoli d'istruzione migliori saranno i nuovi videogiochi e i film». Ecco dove spacciare sin dall’infanzia i videogiochi più spietati e violenti che affrontano le sfide «di gestione e superamento di difficoltà estreme». Chi usa parole tanto esaltate? Un tal Carlo Pelanda, in un articolo apparso sull’organo tartarinesco italiano della cultura neocon (Il progetto di rieducare i diciottenni di oggi alla possibilità reale della guerra, «Il Foglio», 28 giugno 2006).

John Maynard Keynes, che collezionò molti degli scritti di Isaac Newton sull'alchimia, disse che «Newton non fu il primo dell'età della ragione: fu l'ultimo dei maghi.» Parafrasandolo – si parva licet componere magnis – potremmo dire che in questo mondo di Stranamore dissennati «Stubblebine non fu il primo dei nuovi maghi: fu l'ultimo dell’età della ragione.»

Stubblebine sembra ancora potersi permettere incursioni nel mondo della vecchia fisica al momento di valutare un incidente aereo.

Gli altri "piegacucchiai" sono invece in giro a colonizzare i cervelli intanto che anelano alla prossima grande guerra. Le loro incursioni nel mondo della fisica le riservano alle stanze in cui si spartiscono gli appalti della Difesa.

Cosa diranno in quei momenti? Qualcosa come: «Odio la realtà, ma è l’unico posto dove mangiare una buona bistecca» (Woody Allen)

Pino Cabras

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