Il Manifesto alla guerra di Persia
A tutto c’è un limite.
Pontificano da quarant’anni su quel che dovrebbero fare i comunisti e la sinistra, con l’unico risultato di aver contribuito all’attuale campo di rovine. A volte criticano il bipolarismo, ma sempre l’accettano ritagliandosi un angolino in cui sopravvivere.
Negano il ruolo delle resistenze popolari all’imperialismo. Si esaltano per Obama, enfatizzando i sui discorsi ed occultando le sue guerre.
Ce ne sarebbe abbastanza. Ma ora, con la loro partecipazione alla campagna di demonizzazione dell’Iran, hanno davvero passato il segno.
Il Manifesto è completamente schierato con la propaganda occidentale. Nei suoi articoli non c’è il minimo spazio per l’altra parte – i due terzi dell’Iran – né c’è posto per il minimo dubbio.
Nei suoi articoli non c’è traccia delle mire occidentali, né di quelle sioniste, e neppure degli interessi rappresentati dal clan mafioso che fa capo a Rafsanjani. C’è solo il comodo chiaroscuro di manifestazioni di “giovani e donne” contrapposte ad un cupo regime clericale.
Avevano iniziato nel 2005, in perfetta sintonia con il resto del circo mediatico, chiamando “antisemitismo” l’antisionismo di Ahmadinejad. Ma ora si assumono una responsabilità ancora più grande, avallando una campagna che prepara la guerra.
Per il Manifesto Ahmadinejad è un dittatore, mentre le elezioni sono state certamente falsate da brogli colossali orditi dal regime degli Ayatollah. Che a quel regime siano più interni Rafsanjani e Moussavi, piuttosto che Ahmadinejad, al Manifesto non interessa proprio. Magicamente, controllando un apparato che non controlla, ...
di Marco Cedolin
La crisi economica continua a manifestarsi come una fucina di opportunità per tutti coloro che intendono usarla a mo di grimaldello, utile a scardinare quel che resta dei diritti dei lavoratori, contribuendo ad inasprire oltre ogni immaginazione le condizioni di quel Far West privo di regole meglio conosciuto come mondo del lavoro.
In Gran Bretagna Willie Walsh, amministratore delegato della British Airways, compagnia di trasporto aereo pesantemente in crisi, ha domandato ai suoi 30.000 dipendenti la disponibilità a lavorare gratis per un mese, iniziando col dare l’esempio attraverso la rinuncia al proprio stipendio di luglio che avrebbe dovuto ammontare a 61.000 sterline.
La risposta dei lavoratori, definita “fantastica” dallo stesso Walsh, è probabilmente andata molto al di là di quanto non sperassero i dirigenti della compagnia e sembra aprire nuovi orizzonti sulla strada del risanamento aziendale conseguito gravando sulle spalle della forza lavoro.
Ben 800 dipendenti della British Airways si sono infatti dichiarati disposti a lavorare gratis per un mese, ...
di Luciano Gianazza - www.medicinenon.it
Che cos'è il Mothers Act Letteralmente in questo contesto Act significa Decreto, Legge, quindi una legge a favore delle madri, nello specifico delle future e neo mamme e dovrebbe servire a far sì che le istituzioni si prendano cura di loro durante il periodo della gravidanza, del parto e dopo il parto. Questo perché alcune donne sono state soggette a disturbi di un tipo o di un altro in concomitanza con la gravidanza e il parto. Per quanto si potrebbe pensare che il Mothers Act sia un impegno della comunità nei confronti delle donne nel ruolo di madre, in realtà è stato elaborato dalla lobby di Big Pharma, con il solo scopo di trasformare la gravidanza, il parto e la nascita in una condizione medica in cui si verifica la presenza di malattie mentali da trattare con gli psicofarmaci.
Sono diversi anni che Big Pharma cerca di far approvare dal Congresso Americano il Mothers Act, ma non è mai passato perché uno dei due schieramenti si opponeva all'altro che era finanziato dalla lobby al fine di farlo approvare.
Di solito le lobbies appoggiano finanziariamente uno o l'altro degli ormai soli due gruppi di partiti politicamente opposti per fare approvare provvedimenti favorevoli agli interessi che esse rappresentano o per far cadere quei provvedimenti che invece non sono affatto favorevoli.
Questo fa sì che un gruppo politico spinga le approvazioni di decreti o leggi nell'interesse dei loro finanziatori contrastati dagli oppositori che ovviamente portano avanti altri interessi. Questa situazione conduce spesso a un impasse e a logoranti lotte fino all'ultimo voto che possono durare intere legislature.
Il problema è che ora questa proposta ha maggiori probabilità di diventare legge perché Big Pharma ha cambiato strategia: Ha finanziato alla pari entrambi gli schieramenti politici ...
Fra le persone più deluse per la sua nuova presidenza sicuramente c’è lo stesso Barack Obama, che deve aver imparato molto in fretta, nei mesi scorsi, la differenza fra i buoni propositi e la loro applicazione nel mondo reale.
Per quanto abbia segnato alcuni punti a suo favore, lo ha fatto in zone di territorio relativamente facili da conquistare: il ritorno della ricerca sulle staminali, la liberalizzazione del FOIA, l’apertura al mondo islamico, la legge per la parità del salario femminile, oppure la fermezza con cui conduce la campagna per la riforma medica, sono tutte battaglie che gli fanno onore, ma che scompaiono di fronte alla facilità con cui ha dovuto cedere su due dei tre argomenti più importanti: guerra ed economia.
Per prima cosa, Obama deve aver toccato con mano quanto sia difficile convincere i generali a schiodare le proprie truppe da qualunque angolo del mondo, una volta scesi sul campo di battaglia. Questa è gente per cui la diplomazia è “roba da donnine”, mentre retrocedere di un solo metro significa ingiuria e disonore per il resto dei loro giorni. Aggiungici gli imponenti interessi economici di chi in Asia Centrale ha puntato tutto quello che gli restava (leggi UNOCAL & Co.), e ti ritrovi a dover farfugliare spiegazioni ridicole sul perchè parli di “rispetto fra le nazioni” mentre raddoppi i tuoi contingenti in Afghanistan.
Non a caso Obama ha commentato che “è molto più facile iniziare una guerra che finirla”.
Sul fronte della finanza poi Obama ci ha fatto proprio la figura del merlo: partito per salvare “Main Street” da “Wall Street”, ovvero “la gente” dalle “banche”, …
Il baco mentale è una persona che si nutre dei pensieri altrui.
Non lo fa con cattiveria. Semplicemente, non avendo pensieri propri, deve aspettare che sia qualcun altro a parlare, prima di attivare i suoi meccanismi di elaborazione mentale.
Se nessuno parla, lui rimane lì, immobile e rilassato, a godersi i raggi del sole. E’ capace di restare in quella posizione anche per un giorno intero, se nelle vicinanze non si sente nulla che assomigli ad una serie di parole.
Se invece tu dici, ad esempio, “convincere Giovanni che sta sbagliando è come cercare di convincere Hitler che era pazzo”, lui sente quello che hai detto, si scuote, e lentamente entra in azione.
Il corpicino sottile si avvicina cauto alla tua frase, e le antennine sulla testa cominciano ad annusare, una per una, tutte le parole che hai pronunciato. Dopo un pò il baco ritira le antennine, rimugina per un paio di minuti, e poi con vocina educata ti dice: “Hai paragonato Giovanni a Hitler. Scusa, ma a me questo non sembra giusto”.
Tu sorridi, perchè pensi che abbia capito male, e gli spieghi: “Guarda che io non ho paragonato Giovanni ad Hitler. Ho detto che Giovanni sta al suo errore come Hitler sta alla sua pazzia, nel senso che nessuno dei due se ne rende conto. E' una analogia, non è un paragone”.
Il baco serafico ti ascolta, rimugina per un pò, …
Leggi tutto: L’ANSA abbocca al tranello per teleutenti