Con la nascita ufficiale dell’ ”Unione per il Mediterraneo”, che soppianta il fallimentare
“Processo di Barcellona” del 1995, Nicholas Sarkozy si propone ormai apertamente come nuovo punto di riferimento europeo sul palcoscenico della politica mondiale.
Sin da primo giorno del suo mandato, Sarkozy ha mostrato chiaramente le sue ambizioni di mediatore internazionale, mettendo in scena con successo la liberazione degli infermieri rumeni prigionieri di Gheddafi. Sembrò allora un semplice capriccio, alla ricerca di una facile popolarità a basso rischio (l’annuncio della sua mediazione fu dato solo a cose fatte), ma non era che l’inizio di una serie di interventi di forte valenza mediatica, che si è conclusa con la recente liberazione di Ingrid Betancourt dalle foreste colombiane. Laddove Chavez aveva fallito miseramente, Sarkozy ha centrato in pieno il bersaglio, totalizzando il massimo dei punti disponibili, sia sul piano politico che su quello mediatico.
Ma queste sono solo operazioni di facciata, intese a rafforzare l’immagine del grande mediatore che si sta adoperando da tempo su un progetto ben più ambizioso e lungimirante: la creazione di una nuova potenza mediterranea, da contrapporre al tentativo americano di estendere il proprio controllo sull’intera “fascia energetica” che va dal Marocco fino ai confini dell’India.
Se si traccia infatti la mappa dei nuovi insediamenti americani, ... ... vediamo le loro basi comparire al sud dell’Algeria, in Mali e nel Niger, nel subsahara fra Sudan e Chad (grazie al provvidenziale “problema Darfur”), passando poi dall’Iraq fino all’Afghanistan. Al centro di tutto, fa da ponte l’inossidabile alleanza con l’Arabia Saudita. In questa mappa manca chiaramente l’Iran, e non è difficile capire a questo punto il palese desiderio americano di “annullare” al più presto una minaccia atomica iraniana che in realtà non esiste.
Ma anche con il “buco” dell’Iran, la fascia geografica sulla quale gli americani possono esercitare un certo controllo è ormai visibile per chiunque.
Oltre all’evidente vantaggio economico, questo disegno strategico può anche essere letto come un tentativo di contrastare la corrispettiva espansione della Cina verso gli paesi africani ricchi di risorse energetiche: oltre ai massicci investimenti cinesi in paesi come il Sudan o il Gabon, si registra ultimamente uno strano flusso migratorio di cinesi proprio verso l’Algeria, con la loro istantanea quanto curiosa conversione all’Islam. (Il proverbiale pragmatismo americano diventa l’esitazione di un’educanda di fronte alla sfacciataggine dei cinesi, che sembrano disposti a vendere l’anima dei propri antenati pur di conquistare un metro quadrato in più di territorio).
Di fronte a tutto questo, Sarkozy sembra aver capito molto bene la necessità di difendere la zona mediterranea da una possibile espansione delle due superpotenze in questa direzione.
Compare così il disegno di un nuovo “Mare Nostrum” dell’epoca augustea, che si concretizza ufficialmente nella nuova “Unione per il Mediterraneo” portata avanti con orgoglio e determinazione dallo stesso Sarkozy.
Ma per realizzare una vera stabilità nel Mediterraneo è indispensabile il contributo di Israele, che deve poter interagire economicamente con i paesi arabi senza l’ostacolo di una continua tensione diplomatica.
Diventa quindi urgente stabilizzare la situazione palestinese, e questo implica a sua volta il benestare della Siria. Ecco così il grande stratega internazionale comparire proprio alla corte di Re Assad, e mediare la liberazione di un militare israeliano con Hamas (il leader di Hamas, con il quale Sarkozy non tratta direttamente, vive a Damasco). (
ANSA)
Ma soprattutto, il recente incontro con Assad sembra aver portato ottimi risultati verso un accordo con la Lega Araba, sempre nell’ambito del nuovo progetto mediterraneo.
Il “tocco dorato“ del nuovo Re Mida della diplomazia sembra confermato dal sorprendente annuncio di un accordo fra i Israele e Hezbollah per lo scambio di cinque detenuti libanesi contro due militari israeliani. (Sembrerebbe di capire, da questa strana equazione, che gli israeliani valutino un palestinese meno della metà di uno di loro. Anzi, per sottolineare il concetto, butteranno sulla bilancia anche i resti di 200 arabi uccisi in presunte incursioni nel territorio di Israele. Ma, a parte l’interpretazione matematica dell’equazione, l’importanza dello scambio rimane assoluta). (
ANSA)
Il tutto si è concretizzato ieri a Parigi, con il comunicato congiunto di Olmert e Abu Abbas su un accordo imminente fra Israele e i Palestinesi: ciò che sembrava impossibile sotto l’ombrello della mediazione americana - e ora se ne comprende meglio il motivo - diventa improvvisamente facile in presenza di un vero interesse da parte del nuovo mediatore.
L’ipotesi di un ritorno alla gloria augustea è rafforzata da una lettura in tale ottica del trattato di Lisbona: quando vi si trovano frasi come
“Gli Stati membri mettono a disposizione dell'Unione, per l'attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune, capacità civili e militari per contribuire al conseguimento degli obiettivi definiti dal Consiglio“, mentre il presidente francese pronuncia frasi come
“Palestinesi e israeliani vogliono la pace, Europa e Francia hanno il dovere di aiutarli in tutti i modi, anche con garanzie militari" (
ANSA), si comprende meglio l’urgente necessità di Sarkozy di veder ratificato al più presto tale trattato.
In tutto questo, fanno sorridere l’inanità e la presunzione del nostro Presidente del Consiglio, il quale ha “dato il beneplacito“ alla futura Unione del Mediterraneo, ammonendo però che “ora bisogna trasformare l’intesa in fatti concreti“. (
ANSA)
Come se le cose dipendessero da lui. Come se il mondo stesse ad aspettare lui per agire. Come se davvero l’Italia contasse ancora qualcosa in campo internazionale.
Se lo stivale non affondasse le proprie coste proprio nel cuore del Mediterraneo, noi probabilmente ci troveremmo oggi in competizione con paesi come il Madagascar o l’Ecuador. La stessa caratteristica geografica che aveva permesso ad Augusto di espandere la potenza di Roma ai massimi livelli, oggi ci permette a malapena di restare aggrappati ad un carrozzone nel quale cambierà solamente il nome dell’imperatore a cui siamo asserviti.
Massimo Mazzucco