Lo vado sostenendo ormai da tempo, e continuerò a ripeterlo fino a quando gli stessi utenti, nauseati, mi cacceranno dal sito: qualunque sia l’argomento dibattuto, il problema si riduce sempre alla differenza fra il ragionamento induttivo e quello deduttivo.
Laddove esista una premessa “intoccabile” (il famoso “siccome” del ragionamento deduttivo), i disastri che possono venire a crearsi, nel caso questa si rivelasse errata, sono incommensurabili.
Lo abbiamo constatato mille volte riguardo all’undici settembre, dove coloro che pensano che “gli americani non si farebbero mai una cosa del genere” (premessa intoccabile) sono obbligati ad una conclusione (“quindi le Torri gemelle DEVONO essere cadute da sole”) che stride chiaramente con le dozzine di indizi in senso contrario.
Chi invece procede con il metodo induttivo – libera la mente da preconcetti e parte dai fatti oggettivi, per poi trarre eventualmente le conclusioni - non ha alcun problema a vedere i molteplici sintomi dell’autoattentato.
Ora sta accadendo la stessa cosa con il Dott. Simoncini e con la sua proposta per la cura del cancro. Chi è libero da preconcetti guarda le interviste dei pazienti guariti (parte cioè dai fatti concreti) e conclude che, come minimo, Simoncini abbia messo il dito su qualcosa di molto importante. Chi invece è troppo condizionato dal fatto che “il cancro è una malattia inguaribile” (premessa intoccabile), è obbligato a concludere che Simoncini stia sbagliando, che si tratti di “miracoli” di altro tipo, oppure che si tratti di un ciarlatano qualunque.
Tale è la potenza dell’informazione di massa, e delle cosiddette “verità assodate”: sin da piccoli sentiamo dire che “il cancro è una malattia incurabile”, e capovolgere questo concetto diventa ora difficile per chiunque.
Se però ci liberiamo dal preconcetto, e partiamo dai fatti concreti, ...
Deriso, scacciato, offeso, calunniato, screditato e umiliato in casa propria, Tullio Simoncini ha dovuto attraversare l’oceano per ricevere il meritato applauso dopo 20 anni di lotta a favore di un’ idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: il cancro è un fungo.
Ospite d’onore alla 36ma Annual Cancer Convention – una kermesse di 4 giorni sulle cure alternative per il cancro, conclusasi ieri a Los Angeles – Tullio Simoncini ha presentato una serie di testimonianze precise e documentate che confermano la validità della sua teoria ad un pubblico composto sia di medici che di normali cittadini, venuti da ogni parte d’America per ascoltarlo.
Dopo aver capito che il muro di gomma creato attorno a lui in Italia era diventato imperforabile, ...
di Marco Cedolin
Il cosiddetto accordo fra Italia e Libia siglato sabato da Berlusconi a Bengasi e venduto all’opinione pubblica come un artifizio di raffinata diplomazia volto a risolvere il problema dell’immigrazione clandestina proveniente dal Nord Africa, non ha mancato di suscitare molte perplessità sia in merito ai contenuti dello stesso sia per quanto concerne le reali motivazioni che hanno indotto il Cavaliere a impegnare le dissestate casse dello Stato italiano nel devolvere alla Libia la cifra di 5 miliardi di dollari nel corso dei prossimi 25 anni.
Non serve entrare nel merito delle vicissitudini storiche intercorse fra l’Italia e la Libia nel corso dell’ultimo secolo, anche perchè si tratta di un argomento molto complesso e ricco di sfumature, dove non esiste un “buono” ed un “cattivo”, ma semplicemente un sommarsi di ingiustizie che hanno coinvolto molti sventurati anche fra i nostri connazionali. E’ altresì inutile discutere sulla valenza di tali accordi in tema di riduzione dell’immigrazione clandestina, poichè solo a partire dalla prossima primavera (dal momento che in autunno ed inverno gli sbarchi dei clandestini diminuiscono ogni anno per forza di cose) si potrà constatare l’eventuale inversione di tendenza o al contrario prendere coscienza del fatto che non è cambiato assolutamente nulla.
Diventa invece interessante soffermarsi a riflettere sulle vere ragioni per cui il governo italiano nel bel mezzo di una congiuntura economica pesantemente sfavorevole, ...
Nei commenti ad un precedente articolo avevo scritto che “Non è tanto l’uomo contro l’ignoto che misura la paura, ma la distanza fra i suoi sogni e la realtà che lo circonda”, e un altro utente ha risposto chiedendo ”secondo te lavorano anche per accrescere questo divario?”
Quel “lavorano” è riferito a “loro”, e ripropone una figura che su questo sito (e non soltanto) viene citata molto spesso, la cui esistenza è data da molti per scontata. Sono i fantomatici uomini dei poteri forti - illuminati, massoni, ebrei, banchieri, muratori o cappuccioni che dir si voglia – che controllerebbero le sorti del mondo dall’alto di una cupola tanto invisibile quanto impenetrabile.
Non ho elementi per dimostrarlo, ma qualcosa mi dice che quella cupola non esiste, almeno non nei termini semplicistici e manichei – ovvero, romanzeschi – in cui troppo spesso viene descritta.
Naturalmente, a Davos non si riuniscono di certo i pescatori di trota al cucchiaino, gli appassionati di giardinaggio orientale, o i superstiti della prima guerra mondiale. A Davos ogni anno si riuniscono 300 fra le persone più potenti ed importanti del mondo... ma sono appunto 300, non sono 3 e nemmeno 30.
Avete mai provato a mettere d’accordo più di 3 persone per andare a vedere lo stesso film? E’ praticamente impossibile. Per quanto siano tutti amici, e tutti vogliano passare una allegra serata in compagnia, ce ne sarà sempre almeno uno che è scontento, uno che quel film l’ha già visto, uno che comunque avrebbe preferito vederne un altro.
Che quindi trecento persone – le cui esigenze non sono quelle di una semplice serata in compagnia, ma addirittura il presunto dominio del mondo – possano “accordarsi” all’unisono ...
di Marco Cedolin
Il livello della disinformazione, attraverso la quale i grandi poteri tentano di suggestionare e manipolare l’opinione pubblica, continua a crescere ogni giorno, ma raramente ha raggiunto vette di demenzialità paragonabili a quelle dell’articolo comparso ieri sul Corriere della Sera a firma Danilo Taini.
Il “capolavoro” prende spunto da uno studio compiuto dall’organizzazione per le difesa dei consumatori tedeschi Foodwatch, in collaborazione con l’Istituto per la ricerca sull’economia ecologica, studio che ha inteso contabilizzare le emissioni di anidride carbonica determinate dall’agricoltura tedesca, definendole impropriamente inquinamento.
Secondo le conclusioni di questo studio “le mucche tedesche inquinano quanto i SUV e sono una vera e propria bomba climatica” fino ad oggi sconosciuta poiché “la lobby agricola è finora riuscita a tener il fatto nascosto, ...
[Avviso: nell’articolo viene parzialmente rivelata la trama del telefilm]
di Mauro Quagliati
La scorsa settimana si è conclusa, completamente in sordina, la trasmissione di uno dei telefilm più coraggiosi e interessanti degli ultimi anni. Perché spendere parole su un serial televisivo made in USA (trasmesso dalla CBS)? Perché Jericho è il miglior esempio del corto-circuito tra fiction e realtà che caratterizza la cultura americana post - 11 settembre, oltre ad essere un ottimo prodotto, girato con pochi mezzi.
La storia mette in scena il più inquietante degli incubi americani, l’olocausto nucleare, vissuto dal punto di vista di una piccola cittadina del Kansas (Jericho, appunto). Ma non si tratta di un attacco missilistico, bensì di un atto terroristico coordinato in cui vengono esplosi contemporaneamente una ventina di ordigni nucleari nelle più importanti città americane. Gli Stati Uniti collassano: i territori scampati alla distruzione e alle radiazioni sono falcidiati dalla fame; razzie, sciacallaggio e bande para-militari imperversano per il paese. La nazione precipita nell’anarchia, ma dalle sue ceneri nascono due autorità in conflitto: ad Est ciò che rimane del governo federale, ad Ovest una nuova coalizione, gli “Stati Alleati d’America”.
Chi è il nemico? Chi è il responsabile del più grande attacco terroristico della storia, compiuto (non casualmente) nel mese di settembre? Questo è l’interrogativo che anima la prima stagione del telefilm, e che troverà una risposta grazie alle informazioni messe in campo dal personaggio chiave della storia, ...
(Segue: Possibile attentato a Obama?)
Se Barak Obama perderà le elezioni di novembre la colpa sarà stata certamente di Hillary Clinton, che non ha saputo digerire la sconfitta subita nelle primarie, rigurgitando tutto il suo veleno nell’attesissimo discorso che ha concluso poche ore fa alla Convention democratica di Denver. E’ avvenuto cioè quello che molti temevano ma nessuno osava confessare, e che rischia ora di dividere profondamente la base elettorale, regalando un altro quadriennio “gratuito” ai repubblicani.
Facciamo un passo indietro, per chi non avesse seguito da vicino tutto il melodramma democratico: grande favorita all’inizio delle primarie, la Clinton si è vista superare alle prime tornate dall’ “underdog” Barak Obama, e da quel momento non è più riuscita a recuperare lo svantaggio, vedendo così svanire una presidenza che reputava già sua. Nel frattempo aveva però raccolto 18 milioni di voti, battendo il record assoluto nella storia delle primarie americane (Obama ne ha raccolto circa 300.000 in meno, ma ha comunque vinto la nomination grazie al complesso meccanismo dei delegati).
Incapace di perdere con eleganza, la Clinton ha trasformato l’ultima parte del confronto elettorale in una specie di rissa a senso unico, nella quale ha fatto di tutto per dipingere un’immagine negativa di Barak Obama, che ora si ritorce contro il candidato democratico: basti pensare che i repubblicani usano oggi, nei loro spot pubblicitari, gli stessi spot pubblicitari che la Clinton aveva lanciato contro Obama. Non contenta, alla fine della corsa la Clinton ha fatto comunque pesare la sua vittoria nel voto popolare, ...
Sono cinque anni che lo vado dicendo, ma nessuno mi ha mai voluto ascoltare. Ora invece gli scienziati con la “s” maiuscola mi hanno dato ragione, e posso quindi declamarlo a voce alta, una volta per tutte: è stata la stramaledettissima colonna 79 a cedere, innescando il crollo che ha portato il WTC7 alla distruzione totale.
Come avete visto, lo ha detto il NIST, l’Istituto Nazionale per gli Standard della Tecnologia, che era stato incaricato dal governo americano di spiegare al mondo perchè quell’edificio fosse crollato così miseramente, sotto gli occhi di tutti, nel pomeriggio dell’11 settembre 2001.
D’altronde, lo si vedeva benissimo anche dai filmati: quando un edificio crolla in forma così rapida e simmetrica, è chiaramente colpa di una delle colonne. Basta che ceda una di quelle, e tutta l’impalcatura si sfascia come se fosse di bambù.
Nonostante questi indizi evidenti nessuno voleva crederci, e sostenevano tutti che “gli edifici in acciaio non crollano per il fuoco“. Persino gli stessi debunkers, ben coscienti di questa caratteristica dell’acciaio, erano arrivati ad inventarsi “profonde lacerazioni“ e “danni incommensurabili“ all’edificio (che sarebbero stati causati dal crollo della Torre Nord), pur di giustificare in qualche modo il suo “crollo spontaneo”.
E invece non avevano alcun bisogno di mentire: era sufficiente informarsi, per sapere che nei grattacieli in acciaio basta che ceda una colonna qualunque, ...
di Marco Cedolin
In Afghanistan nel distretto di Shindand, all’interno della provincia di Herat, le forze della coalizione di cui fanno parte i soldati italiani hanno ammazzato nel corso di un bombardamento 76 civili la maggior parte dei quali donne e bambini.
La notizia, simile in tutto e per tutto a quelle che settimanalmente giungono dall’Afghanistan e dall’Iraq, è stata fornita dal ministero dell’interno di Kabul che ha espresso il “suo più vivo rincrescimento per questo incidente involontario, e ha inviato sul posto una delegazione di dieci persone per ottenere maggiori dettagli una volta che l'inchiesta sull'episodio verrà portata a termine”.
Il comando Usa dal quale dipendono le forze della coalizione coinvolte nell’operazione aveva in precedenza spudoratamente mentito, parlando di 30 miliziani uccisi in combattimento e della cattura di un presunto comandante ribelle, prima di venire clamorosamente smentito dalla realtà dei fatti che raccontano l’ennesima carneficina di donne e bambini compiuta dalle truppe di occupazione.
Truppe di occupazione finanziate anche con i soldi delle nostre tasse, ...
Barak Obama ha fatto la mossa che forse gli permetterà di vincere la Casa Bianca, nonostante la preoccupante “inversione termica” registrata ultimamente nei sondaggi nazionali: ha scelto il Senatore Joe Biden come vicepresidente candidato. Con un colpo solo quindi Obama a) si è messo al riparo da futuri attacchi sulla sua inesperienza in materia di politica estera (Joe Biden è senatore da 35 anni, ed è attualmente il presidente della commissione senatoriale per gli affari esteri), b) si è prenotato la vittoria in uno degli stati ancora in bilico (la Pennsylvania, in cui Biden è nato), e c) ha preso accanto a sè uno dei più accaniti combattenti che siano mai comparsi sulla pubblica scena americana negli ultimi anni (Biden è in grado di sferrare cazzotti poderosi agli avversari, senza mai perdere un’oncia del suo leggendario “aplomb”).
Ma soprattutto, la mossa di Obama potrebbe obbligare McCain ad una scelta che potrebbe anche rivelarsi fatale per lui: candidare Mitt Romney alla vicepresidenza, per il “ticket” repubblicano. In un’epoca infatti in cui i dibattiti fra i vice-presidenti cominciano ad avere un peso effettivo sull’esito finale della votazione, ...
di Marco Cedolin
Secondo i dati resi pubblici dalla Cgia di Mestre l’indebitamento delle famiglie italiane dal momento dell’introduzione dell’euro è praticamente raddoppiato, avendo raggiunto a dicembre 2007 una media di 15.765 euro a famiglia su base nazionale, con punte che superano i 21.000 euro nelle grandi aree metropolitane come Roma e Milano, facendo registrare una crescita del 93,28% rispetto al 2002. Uno studio precedente della stessa Cgia aveva evidenziato come già nel 2006 il 78% delle famiglie italiane non fosse riuscito più a risparmiare trovandosi anzi costretto a ridurre i propri consumi per riuscire ad arrivare alla fine del mese, quantificando in circa 500.000 le famiglie italiane sovraindebitate o sotto usura.
Le famiglie italiane stanno perciò continuando ad indebitarsi sempre più, anche se la situazione risulta per certi versi meno drammatica rispetto agli Stati Uniti dove il debito medio delle famiglie ha ormai superato gli 84.000 euro, ma il peggiore campanello di allarme arriva dall’analisi della natura dell’indebitamento.
In Italia le ragioni per le quali si domanda denaro a prestito sono infatti costituite sempre meno da investimenti a lungo o medio termine quali mutui per l’acquisto della casa o da crediti finalizzati ad acquistare beni di consumo dal costo estremamente elevato come autovetture o componenti d’arredo, e sempre più dalla cessione del quinto dello stipendio, da prestiti non finalizzati come le carte di credito revolving o da prestiti finalizzati all’acquisto di beni e servizi che negli anni passati risultavano voci marginali nell’ambito dei finanziamenti, ...
Leggi tutto: La “grande eresia” di Tullio Simoncini