“DOA” è un acronimo molto usato dagli americani, che significa Dead On Arrival, ovvero “morto all’arrivo”. Si usa spesso per le emergenze mediche, quando il paziente viene trasportato d’urgenza all’ospedale, ma quando arriva è già morto.
Questa è proprio la fine che rischia di fare l’auto elettrica: partita una decina di anni fa con grandi strombazzi e annunci di “rivoluzione planetaria”, l’auto elettrica rischia di arrivare finalmente sui mercati mondiali come un cadavere che cammina.
Non solo abbiamo visto in passato le difficoltà di sostenere un vero vantaggio ecologico in questa “rivoluzione tecnologica”, ma gli incidenti sempre più frequenti che riguardano l’uso delle batterie al litio non fanno certo da incentivo dal punto di vista commerciale.
E se per ora i costruttori continuano a fingere che “va tutto bene sul fronte dell’elettrico”, ci stanno pensando le agenzie di assicurazione a rendere improponibile una vasta diffusione dell’elettrico nei prossimi anni. Già oggi nel Regno Unito le assicurazioni rifiutano categoricamente le auto elettriche, oppure applicano rincari sino al 940%.
Nelle moderne “società democratiche” non è pensabile esercitare apertamente la censura, come si fa invece disinvoltamente nelle dittature. E’ stato quindi necessario inventare un escamotage linguistico, per continuare ad applicare il controllo sulle idee senza apparire dittatoriali. Il termine inventato è “disinformazione”. Il potere si arroga il diritto di stabilire cosa sia “disinformazione”, dopodichè pretende di sopprimere qualunque idea scomoda utilizzando questa etichetta.
E nessuno – questo è il paradosso meraviglioso - può metterla in discussione. Pensateci bene: in una società libera e democratica un autonominatosi giudice delle idee (il famoso fact-checker) stabilisce che una certa testata diffonde “disinformazione”, e quando questa testata chiede di elencare nello specifico dove sarebbe questa “disinformazione”, la risposta gli viene negata.
E’ esattamente quello che è successo a Elon Musk di recente.
Nel dibattito che si sta sviluppando in questi giorni sulla questione palestinese, molti commentatori dimenticano un fatto importante: da oltre 40 anni le Nazioni Unite hanno ufficialmente riconosciuto il diritto dei popoli sotto occupazione straniera di lottare per la liberazione della propria terra con qualunque mezzo, incluso la lotta armata.
E’ la risoluzione 37/43 dell’Assemblea generale dell’Onu adottata nella 90a plenaria del 3 dicembre 1982.
Non è necessario essere “complottisti” per rendersi conto dei pericoli causati dal vaccino covid. Basta leggere con attenzione i comunicati dell’AIFA. Lo ha fatto, con sistematica precisione, Silvio Marsaglia (*), il quale giustamente si domanda: ma AIFA e Ministero della Salute si parlano? Perchè a giudicare da certe azioni, sembra che la mano sinistra non sappia quello che fa la destra. Oppure lo sa benissimo, ma fa finta di niente.
Qui il video su Rumble
La situazione in Israele è in continua evoluzione, ed è ancora troppo presto per provare a trarre delle conclusioni. Una cosa però sta emergendo dal dibattito in corso: sempre più esperti – soprattutti militari – si domandano come sia stato possibile che una operazione militare così ben organizzata sia completamente sfuggita agli uomini del Mossad. Come è noto infatti, i servizi israeliani hanno decine e decine di infiltrati nella struttura di Hamas. Diventa quindi difficile pensare che l’attacco di oggi - che necessitava di una laboriosa ed accurata preparazione - sia arrivato come una completa sorpresa per Israele.
Forse siamo di fronte al classico caso di LIHOP, la nota formula che significa “Let it happen on purpose”, ovvero lasciare intenzionalmente che qualcosa accada. In modo, ovviamente, da poter poi gestire l’immancabile reazione militare con le mani libere, e con il supporto dell’intera opinione pubblica occidentale.
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La Russia sta lavorando per ricostruire la propria economia, continuando nel contempo l'operazione speciale in Ucraina e difendendo le proprie tradizioni, la propria cultura e il proprio popolo", ha dichiarato il Presidente Vladimir Putin rispondendo alle domande di Fyodor Lukyanov, moderatore di una sessione plenaria del Valdai Discussion Club, e dei partecipanti all'incontro. La TASS ha raccolto le principali osservazioni di Putin.
Sull'economia russa
"Finora l'abbiamo gestita bene e ho motivo di credere che continueremo così anche in futuro". "È iniziata una ricostruzione naturale dell'economia", come era avvenuto in seguito all'embargo alimentare del 2014.
A differenza dell'Europa, il reddito reale disponibile dei russi sta crescendo nonostante l'aumento delle spese per la difesa e la sicurezza. La Russia sta abbandonando "l'evanescente mercato europeo", aumentando "la sua presenza sui mercati in crescita di altre parti del mondo, compresa l'Asia".
La paura come sistema di governo e una pianificazione dell’emergenza finalizzata solo a tutelare chi dovrà dirigerla si stanno rivelando in tutta la loro gravità in questi giorni nei Campi flegrei e a Napoli dove, da decenni, si pretende di affrontare una emergenza (quale bradisismo e conseguenti terremoti che prefigurano una situazione di elevata indeterminatezza) esclusivamente con uno (sgangherato) Piano di evacuazione. Il risultato è un continuo stato di ansia (che potrebbe determinare, come è stato nell’emergenza bradisismo 1983, l’insorgere di numerose malattie psicosomatiche) e produrre lo scatenamento del panico, come quello verificatosi lo scorso 2 ottobre, che per mera fortuna non ha determinato morti e feriti gravi. Ma potrebbe esserci una pianificazione e gestione dell’emergenza diversa da quella attuale? Una pianificazione e gestione simile a quella di non pochi paesi caratterizzati da rischio vulcanico. Che sia vicina agli interessi della gente e non serva soltanto ad incensare istituzioni quali Dipartimento alla protezione civile, INGV, Regione Campania... Che non serva soltanto ad alimentare un fiume di inutili consulenze. Nel testo che segue un lungo documento redatto da Francesco Santoianni che ha lavorato per quarant’anni nella protezione civile (occupandosi di Pianificazione dell’emergenza e comunicazione alla popolazione in situazioni di crisi) e che dal 1996 sta chiedendo per l’area vesuviana e per i Campi flegrei un piano di emergenza degno di questo nome.
di Francesco Santoianni
“Un milione di morti se si sveglia il Vesuvio!”, “Campi Flegrei: una imminente catastrofe?”, “Napoli: nella morsa di due vulcani”… sono questi i titoli che periodicamente troneggiano sui giornali e TV per denunciare un rischio che non ha eguali al mondo. Nonostante ciò, da 23 anni (ventitre anni!) un reale (ma su questo termine ci ritorniamo) Piano di Protezione civile per l’area vesuviana e per l’area flegrea attende ancora di essere redatto, mentre per quello per l’isola di Ischia, siamo ancora all’Anno Zero.
Il delitto perfetto avviene quando l’assassino non solo se la cava e resta impunito, ma viene addirittura elevato ad un ruolo superiore, quasi eroico, in modo da renderlo inattaccabile di fronte ad ogni possibile futura indagine.
Prendi un famoso banchiere centrale – diciamo uno che abbia dato inizio alla svendita del patrimonio nazionale, per far contenti i suoi amici della City, e abbia portato l'Italia nella trappola dell'euro – e poi lo fai diventare addirittura presidente della repubblica. Questa investitura lo mette automaticamente al riparo da ogni critica futura. Se qualcuno un giorno si azzardasse ad accusarlo di aver dato inizio alla rovina dell’Italia, la risposta sarebbe: “Ma come? Se lo hanno fatto addirittura presidente della Repubblica!”
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