Nella seconda metà degli anni settanta, il fenomeno “terrorismo” prende piede nel belpaese. La cosa non avviene affatto senza traumi all'interno di quell'enorme movimento di massa che, dalla fine degli anni sessanta, coinvolge milioni di persone ed è protagonista della scena politica e sociale italiana. C'è stata l'esperienza della Strage di Stato del 12 dicembre 1969, dove lo Stato, in mancanza di un terrorismo autentico, se l'è costruito da solo ed il movimento è stato impegnato in una diffusa e complessa opera di controinformazione, durante la quale sono venuti alla luce numerosi documenti comprovanti la strategia dei servizi segreti italiani e statunitensi. Questi, almeno sin dalla metà degli anni sessanta, hanno intrapreso una strategia volta all'infiltrazione nei movimenti di elementi che portino alla creazione di gruppi che svolgano attività di lotta armata e di guerriglia metropolitana – tattica volta ad isolare e screditare i movimenti di massa.[1]
Nonostante la diffidenza della stragrande maggioranza del “movimento”, sono numerosi i gruppi di lotta armata o quelli che, pur non praticandola, si rifanno ad una tattica dello “scontro di piazza” per “elevare il livello dello scontro”: la provocazione statale, di conseguenza, nonostante tutto, riesce in pieno ...
Lo sdegno da poche lire è una delle migliori armi dei media “di sinistra” (curioso, ma per la seconda volta in 24 ore torniamo a parlare di “Repubblica”), i peggiori e più subdoli gatekeepres del sistema, che denunciano il palazzo in nomen populi, raccogliendo facili applausi, su piccoli eventi tanto vistosi quanto innocui per la preservazione dello satus quo.
Per i pecoroni dei “grandi numeri”, come sappiamo, basta lo stadio alla domenica: una bella caterva di legnate fra curva nord e curva sud, e anche per questa settimana la preservazione del potere è assicurata. Per gli intellettuali, ovvero le quattordici menti pensanti sopravvissute in qualche modo all’Olocausto della Ragione, ci vuole invece qualcosa di più sofisticato: e lo sdegno da poche lire è una delle armi usate con maggiore frequenza.
E‘ il caso, ad esempio, dello studente della Florida “taserato” ieri dai poliziotti, mentre poneva domande scomode a John Kerry. Ecco l’episodio, ripreso e messo in onda dalle TV locali.
(in coda un secondo video, meno traballante ma incompleto)
Allegando il video, ieri Repubblica titolava: “Studente fa domande scomode a Kerry - Arrestato e immobilizzato col Taser”.
Ma non è esattamente così. La percezione dell’evento è falsata, nel titolo di Repubblica (come in molti altri casi) ...
Di certo Repubblica ha fatto un buon affare, nell’assicurarsi la firma di Curzio Maltese: da quel giorno dispone di due giornalisti al prezzo di uno.
Il primo – diciamo che sia Curzio -- è il saggio e navigato uomo politico, il colto compagno di salotto, l’uomo illuminato da sani principi che si avvicinano a veri e propri archetipi ideologici: il Diritto, la Libertà, la Democrazia, l’Individuo. La Società.
Dall’altro lato c’è Maltese, il qualunquista da esportazione, il politico per tutte le stagioni, l’intellettuale passepartout, l’acrobata della parola, il servo del sistema (inconscio, ovviamente, ma proprio per quello servus nella sua accezione più letterale: serve, è utile, e quindi vale in quanto tale).
Non deve essere facile addormentarsi, la sera, con quelle due bestie in corpo.
Queste sono, dopotutto, le due bestie che tolgono il sonno a tutta la sinistra italiana di oggi. Reduci da un auto-tradimento che solo a parole dicono di aver superato, gli intellettuali di sinistra (ormai senza virgolette, purtroppo) trascinano una pesante eredità storica nel faticoso percorso di adattamento a tempi che cambiano già troppo in fretta per chi non ha ideologia, figuriamoci per quelli che si portano ancora sulle spalle fardelli come Gramsci, Lenin o Berlinguer.
Ben pochi umani ricevono il dono della totale ubiquità politica (leggi: plateale faccia di culo) che ha saputo mettere in mostra un personaggio come Tony Blair.
Invece Curzio e Maltese vivono insieme, dormono e mangiano insieme, e purtroppo scrivono anche insieme, rendendo particolarmente arduo il compito di chi voglia leggerli non solo in superficie.
Stiamo parlando di “Il Venditore di Complotti”, l’articolo su – o meglio, contro – Beppe Grillo, che sta suscitando sconcerto un pò dovunque, e per diverse ragioni.
Ha perfettamente ragione Curzio, ad esempio, quando nell’incipit mette in guardia Grillo ...
Nel pubblicare questa replica, vorrei fare una premessa importante: i “nomi“, in questa recente svolta del dibattito su Matrix, contano poco o nulla. Dell’individuo chiamato “Paolo Attivissimo” non mi è mai interessato nulla, e se lo nomino è soltanto perché è lui ad incarnare, in questa specifica situazione, una certa idea che io combatto. E’ l’idea di voler frenare - per qualche strano motivo - l’emergere di una verità scomoda come quella dell’11 settembre, a salvaguardia evidentemente di qualche privilegio di cui alcuni credono di godere. A mia volta, il mio nome non significa nulla: “Massimo Mazzucco“ in questo caso è semplicemente una delle mille persone che hanno deciso di combattere a fondo la battaglia per far emergere la verità al più presto possibile. E questo non tanto per “mandare in galera i veri responsabili”, ma per evitare che il mondo venga nuovamente ingannato da operazioni criminali di questo genere. (Ad oggi sono quasi un milione, e non “tremila”, le vittime accertate dell’undici settembre, ed almeno altrettanti sono condannati a morire nei prossimi vent’anni: l’Iraq ormai è un vero e propro deserto radioattivo).
E se i neocons sapranno resistere alla tentazione di “un altro undici settembre”, per sferrare l’attacco finale alle libertà civili da una parte, e al Medio Oriente dall’altra, sarà proprio perchè la consapevolezza del primo autoattentato è cresciuta nel pubblico mondiale a sufficienza da sconsigliarli vivamente di farlo.
Quello dell’11 settembre è un problema di importanza enorme, che ci riguarda tutti molto più da vicino di quanto possiamo credere. Riguarda, in ultima analisi, due modi contrapposti di concepire la vita su questo pianeta: quello della violenza, della prevaricazione, del sopruso da parte del più forte, da un lato, e quello della convivenza pacifica, nel rispetto della dignità e dei diritti di ogni singolo essere umano, dall’altro.
Non è poco, e voler ridurre il tutto a un battibecco da pollaio fra due galli assolutamente insignificanti finisce per rendere un pessimo servizio alla verità. Non a caso sono costantemente i debunkers a cercare l’attacco personale: lo fanno perchè sanno bene che per loro è l’unico modo di ritardare il momento del confronto con i fatti che altri hanno posto sul tavolo, ...
Venerdì sera è andata in onda questa breve replica alle accuse di Attivissimo di venerdì scorso. Il resto sarà pubblicato in serata di sabato. EDIT: o al più tardi domenica mattina. Scusate, ma si sta rivelando un lavoro più lungo del previsto. M.M.)
"I Cartaginesi raccontano anche questo, che vi è una regione della Libia e uomini che la abitano, al di là delle colonne d’Ercole. Quando siano giunti tra questi e abbiano scaricato le mercanzie, dopo averle esposte in ordine lungo la spiaggia risalgono sulla nave e alzano una fumata. Allora gli indigeni vedendo il fumo vanno al mare e poi in sostituzione delle mercanzie depongono oro e si ritirano lontano dalle merci. E i Cartaginesi sbarcati osservano e se l’oro sembra loro degno delle mercanzie lo raccolgono e si allontanano, se invece non sembra degno, risaliti sulla nave di nuovo attendono; e quelli, fattisi avanti, depongono altro oro, finché li soddisfino. E non si fanno torto a vicenda, perché né essi toccano l’oro prima che quelli l’abbiano reso uguale al valore delle mercanzie, né quelli toccano le merci prima che gli altri abbiano preso l’oro" (Erodoto, Storie IV, 196)
Il racconto di Erodoto illustra ciò che gli antichi intendevano per scambio equo: una lenta e silenziosa trattativa in cui entrambe le parti offrivano le loro mercanzie sino a che non veniva trovato un accordo.
Ma come determinare il valore di queste mercanzie? Oppure dell'oro che veniva offerto in cambio? Esiste un criterio oggettivo per determinare dall'esterno quando uno scambio è equo?
Sin dall'antichità filosofi ed economisti hanno cercato di rispondere a queste domande formulando diverse “teorie del valore”.
Esaminiamo le tre più importanti.
“ …e mentre sto parlando a voi, madri e padri, vi do un’altra assicurazione. L’ho già detto altre volte, ma lo ripeterò all’infinito. I vostri ragazzi non verranno mandati a combattere nessuna guerra straniera... potete quindi definire qualsiasi discorso sull’invio di eserciti in Europa come pura menzogna”.
F.D. Roosevelt
Riguardo allo storico attacco di Pearl Harbor, i libri di scuola, i film, i documentari e tutti i reportage storici allineati alle versioni ufficiali ci hanno raccontato solo una verità di comodo. Attraverso i canali d’informazione istituzionali è stato ripetuto fino alla nausea che nel 1941 un brutale attacco aereo giapponese a sorpresa annientò la flotta americana del pacifico, lasciando sul campo migliaia di vittime innocenti. Tale versione dei fatti venne diramata dalla Casa Bianca allo scopo di scatenare l’indignazione del popolo americano. Da qui, a legittimare la sua chiamata al fronte come un dovere morale, il passo è stato molto breve.
Sono passati molti anni da quel drammatico 7 dicembre 1941, ma la storia continua a riemergere inquietante, come il cadavere di un omicidio che non vuole affondare. Le numerose inchieste pubbliche e private condotte su Pearl Harbor sembrano infatti avere raccolto ormai sufficiente materiale probatorio per ricostruire una volta per tutte, il vero corso degli eventi in questione.
E fanno sei. Sei anni di incubo, sei anni di orrori, sei anni di lotta per non affogare nella marea di falsità con cui la strategia del consenso globale ha cercato di sommergere l’umanità.
Dopo l’ondata iniziale, che ha strappato il 99% degli esseri umani dalle loro certezze, per fortuna qualcuno aggrappato allo scoglio c’è rimasto, ed è a loro che in un certo senso dobbiamo la vita: grazie ai primissimi, e più coraggiosi, ricercatori sull’11 settembre (Alex Jones, Thierry Meyssan, Eric Hufschmid, ecc.) - la verità non è stata sepolta del tutto, e abbiamo così potuto compiere un lento percorso a ritroso, che fortunatamente accelera man mano che ci si allontana dalla data iniziale degli eventi.
Come ormai persino in media tradizionali hanno riconosciuto, è stato tutto merito di Internet: è infatti impossibile capire quello che è accaduto nel mondo in questi ultimi anni, rispetto all’11 settembre, se non si comprende la potenza devastante, e teoricamente illimitata, di questo nuovo mezzo di comunicazione.
Internet infatti non è un “ luogo“, nel quale molti ci vorrebbero confinare, come topi di fogna tenuti a bada in un recinto chiuso. Internet è solo un mezzo, esattamente come lo sono il telefono, il fax, o lo stesso televisore. Ma questo mezzo ha il potere straordinario di permettere un collegamento diretto fra gli individui, senza alcuna filtratura intermedia, e solo grazie a Internet è stato possibile raccogliere, organizzare e presentare in maniera fruibile la marea di informazioni che costituisce l’ossatura della critica alla versione ufficiale sull’11 settembre.
Per gli studiosi del caso Kennedy, indagare significava attendere impazienti l’ultimo libro di un loro collega, assorbirne qualche nuova informazione, ...
Fra coloro che rifiutano la versione ufficiale dell’undici settembre, esiste anche una posizione intermedia, detta LIHOP (let it happen on purpose – lasciarlo succedere apposta), che è contrapposta alla più diffusa teoria MIHOP (make it happen on purpose - farlo succedere apposta).
La teoria LIHOP appare a moltissimi “indecisi” – cioè quelle persone che guardano all’11 settembre con onestà intellettuale, riconoscono la marea di indizi contari al governo USA, ma non riescono a concepire “una cosa così grossa” da parte degli americani - come un insperato “salvagente intermedio”, a cui aggrapparsi per non dover umiliare la propria intelligenza da un lato, ma in qualche modo salvaguardare il proprio equilibrio psicologico dall’altro. In realtà la LIHOP è una teoria inesistente, e fa ancora più acqua della versione ufficiale, per almeno tre motivi: a) è assolutamente inconsistente da un punto di vista logico; b) denota una totale ignoranza dei fatti accertati (questo senza farne una colpa a nessuno, sia chiaro); e c) rappresenta una follia totale da un punto di vista governativo.
Punto a): La mancanza di logica sta nel presupporre che il tuo peggiore nemico, per farti del male, ti faccia il miglior regalo del mondo. Ormai tutti conoscono i retroscena che hanno portato alla guerra in Afghanistan (gasdotto Unocal e “guerra dell’oppio”, principalmente, posizionamento geostrategico in secondo luogo), ma bin Laden di certo li conosceva molto da vicino. Quindi, una volta riconosciuto che l’attacco alle Torri Gemelle ha permesso di scatenare l’invasione dell’Afghanistan, e una volta riconosciuto che questo era l’obiettivo primario dei neocons già da oltre un anno, non si può in alcun modo sostenere che bin Laden abbia potuto organizzare quegli attacchi “per odio contro l’America”, come vorrebbe la versione ufficiale. O quindi il suo “nome” è stato usato a sua insaputa,
Nei primissimi filmati, sei anni fa, Osama bin Laden ci appariva come un canuto saggio della montagna, se non vicino all’ora dell’Illuminazione Finale, certamente più di là che di qua.
Man mano che passava il tempo, però, il suo volto ha ripreso colore, la pelle si è fatta più liscia, e nel famoso video “della barba parlante” le sue gote sembravano addirittura più paffute.
“Và che bel che l’è - avrebbe detto mia zia - el par gnianca lù!”
Era come se i successi di Al-Queda, che la CIA continuava a decantare nel mondo in sua vece, lo avessero in qualche modo rinvigorito. Lui infatti, uomo profondamente timido nonostante le apparenze, non ha mai osato rivendicare nulla in maniera diretta. Ha sempre contato sull’aiuto dei suoi ex-amici della CIA, che lo conoscono talmente bene che appena scoppia un petardo ai giardinetti si guardano e dicono: “Mmmmmh, questo mi sa che è lui di nuovo”.
Ogni tanto però anche Osama si incattivisce, e in quei casi diventa davvero terribile: solo nel gennaio 2005 io smisi di tremare, per la paura che mi aveva messo addosso il suo messaggio del novembre precedente, quando approfittò proprio delle elezioni presidenziali per annunciare al mondo nuovi sfracelli da capogiro. Poi probabilmente si deve essere accorto ...
LA FINTA GUERRA AL TERRORISMO: È TEMPO DI METTERE IN QUARANTENA GLI AGGRESSORI
Estratto da “La fabbrica del Terrore”, di Webster G. Tarpley
400 anni fa, in questo mese, Robert Cecil, il Primo Ministro del Re inglese Giacomo I, compì il suo capolavoro, la Congiura delle Polveri, per far esplodere il Re e il Parlamento. La responsabilità di questo tentativo era stata fatta cadere sullo zimbello Guy Fawkes e altri cospiratori, che furono torturati e condannati a morte.
Furono incolpati anche i cattolici, il Papa, i gesuiti e gli spagnoli, dando così il via a secoli di conflitti e di espansione imperiale. Ma il complotto era una provocazione sintetica, messa in scena da Cecil. Il terrorismo era solo una doglia nel travagliato parto con cui veniva al mondo la fazione finanziaria angloamericana, e il terrorismo accompagna ancora oggi quella fazione nella sua moribonda senilità.
Secondo l’odierno regime neocon a Washington, l’evento centrale nella storia del mondo è rappresentato dagli attacchi dell’11 settembre 2001. I neocon chiedono che gli affari mondiali si riorganizzino intorno a ciò che essi chiamano la guerra al terrorismo, ...
Leggi tutto: Il Sandalo estivo