di Susanne Scheidt
[3 luglio 2008] - Stamattina s'è svolta un'altra liberazione di ostaggio, al riparo dall'attenzione - o dall'interesse - dei nostri media.
E' tornato finalmente dal suo esilio in Giordania, un bambino palestinese di circa tre-quattro anni. Per mesi e mesi le autorità israeliane non lo volevano fare tornare dal suo padre e dalle sue sorelle, che abitano nella Striscia di Gaza, con la "scusa" che egli, essendo uscito dalla Striscia di Gaza attraverso Rafah, cioè il confine con l'Egitto, dovrà ritornare da Rafah. Non poteva, secondo loro, tornare direttamente dalla Giordania.
Ma come mai, uno si chiede: un bambino che viaggia dalla Striscia di Gaza in Egitto, da lì verso la Giordania, per presentarsi al Ponte di Allenby chiedendo di entrare in Cisgiordania? Come poteva fare?
I fatti sono questi: una giovane donna, ammalata di cancro, si era recata dalla Striscia di Gaza al Cairo, per vedere se per il suo tumore al cervello si potesse fare qualcosa. Porta con se il più piccolo dei suoi figli, il maschietto, mentre le figlie, ormai di circa dieci e dodici anni, rimangono con il padre. A loro non era stato concesso accompagnare la moglie/madre.
Al Cairo non possono fare nulla, e la mandano ad un ospedale di Amman in Giordania. I medici giordani le fanno capire che ormai non si poteva più operare ...
Di Gennaro Carotenuto
Il primo pensiero è di allegria, allegria per Ingrid Betancourt e per gli altri 14 sequestrati liberati, tra i quali tre mercenari statunitensi, che in qualunque altro conflitto al mondo sarebbero stati da tempo passati per le armi.
Il secondo pensiero è perchè non si spenga la luce sulle centinaia di ostaggi che restano nella selva nelle mani delle FARC. Si vedrà se l’interesse dei benpensanti europei per la selva colombiana era genuino o era solo figlio del colonialismo mentale e razzista con il quale l’Europa guarda ai drammi del Sud del mondo. Se le luci sulla selva si spegneranno dovremo amaramente concludere una volta di più che è così, che la benpensante Europa si mobilita solo se qualcuno buca lo schermo. Altrimenti se ne frega.
Il terzo pensiero è per Álvaro Uribe, apparente trionfatore della giornata di oggi. La giornata per lui si era aperta nel peggiore dei modi, come si era aperta la settimana, il mese, l’anno. La Corte Suprema, con parole insolitamente dure, aveva preteso il rispetto delle proprie decisioni ...
Nonostante la palese difficoltà, per il normale cittadino, di comprendere le effettive conseguenze che comporterebbe l’implementazione del trattato di Lisbona, è ormai chiaro che il rifiuto dell’Irlanda ha fatto da catalizzatore ad un malcontento inespresso, che ha trovato voce di recente anche nei presidenti di Cecoslovacchia e Polonia.
Quella che segue è la traduzione di un articolo irlandese – pubblicato prima del rifiuto referendario – che cercava di illustrare ai cittadini tali potenziali conseguenze negative. Fatto salvo per un paio di argomentazioni che riguardano l’Irlanda (la sua neutralità militare, soprattutto), il resto delle obiezioni ha lo stesso identico valore anche per noi.
20 ragioni per dire "no" al Trattato di Lisbona
1. Il Trattato di Lisbona, concordato dai leader europei nel novembre 2007, è praticamente identico alla Costituzione europea su cui si erano accordati i leader nel 2004. La Costituzione era stata respinta democraticamente dagli elettorati di Francia e Olanda, con dei referendum nell’estate del 2005.
Questi contestarono il contenuto antidemocratico e “destrorso” della Costituzione. Il fatto che i leader europei abbiano riproposto lo stesso testo in un formato differente è antidemocratico, ed è un insulto alla scelta espressa democraticamente dai popoli di Francia e Olanda.
2. L’articolo 46 del trattato di Lisbona stabilisce che “l’Unione avrà una identità legale“. Questo è un cambiamento profondo dei principi legali dell’Unione Europea, ...
L’incubo di una crisi globale, scatenata da una aggressione americana all’Iran, non è ancora del tutto dissolto.
Il giornalista Seymour Hersh – l’uomo che già aveva scoperto e denunciato le complicità di Rumsfeld nella faccenda di Abu Grahib - ha rivelato ieri, in un articolo sul New Yorker, che il presidente Bush ha ottenuto qualche mese fa l’autorizzazione per un finanziamento segreto, destinato a favorire delle missioni di disturbo in Iran, intese a rovesciare l’attuale regime di Ahmadinejad.
La particolare “formula“ usata per questa autorizzazione si chiama “Presidential Finding” - che corrisponde più o meno a una “informativa presidenziale” - e viene utilizzata quando si renda necessario finanziare un’operazione di grosse dimensioni, che debba però rimanere segreta.
In quel caso la conoscenza dell’informativa può essere limitata alla cosiddetta “banda degli otto“ (Gang of Eight), ovvero i capi di maggioranza e minoranza, sia del Senato che della Camera (in questo caso Harry Reid e Nancy Pelosi per i democratici, John Bohener e Mitch McConnell per i repubblicani), più i due presidenti e vicepresidenti delle due commissioni permanenti di intelligence, una del Senato e una della Camera. Queste otto persone la sottoscrivono, e nel contempo si impegnano a non rivelarne i contenuti a nessuno.
L’informativa sembra essere nata come risposta della Casa Bianca alle dichiarazioni della CIA che escludevano ogni pericolo imminente di tipo nucleare da parte dell’Iran, ...
di Marco Cedolin
La maggior parte dei sindaci della Valle di Susa, capitanati dal presidente della comunità montana bassa Valle di Susa Antonio Ferrentino e sotto l’attenta regia del presidente dell’Osservatorio sulla Torino–Lione Mario Virano, hanno siglato questa mattina nel corso di un incontro tenutosi a Pra Catinat la nuova ipotesi di tracciato del TAV e lo hanno fatto applaudendo alla firma del documento che al più presto verrà presentato al governo.
La notizia, unitamente alle manifestazioni di giubilo del Ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli e dello stesso Virano che riconducono l’accordo raggiunto ad una vittoria della filosofia del “dialogo”, campeggia in prima pagina su quasi tutti i giornali e compare fra i titoli d’apertura dei TG e non mancherà di lasciare esterrefatti tutti coloro che non vivendo in prima persona la vicenda del TAV in Valsusa ricordavano gli amministratori valsusini schierati su posizioni di aperta contrarietà all’opera al fianco dei cittadini.
In realtà l’applauso di oggi è solo il terminale di un percorso durato oltre 2 anni, durante i quali Antonio Ferrentino e la maggior parte dei sindaci che ne hanno seguito pedissequamente i voleri, hanno gradualmente abbandonato le posizioni di contrarietà all’opera ormai divenute scomode, ...