Ricordate questa immagine? Ai tempi in cui fu scattata fece il giro del mondo. Erano infatti tempi in cui ancora ci poteva colpire un gesto umano come quello del soldato americano che porta in salvo un bambino iracheno, rimasto intrappolato in una situazione di fuoco incrociato.
Quell’immagine ci rivelava, improvvisamente, la crudeltà di una guerra che ancora non potevamo immaginare.
Oggi invece una foto del genere stupirebbe, al massimo, per la sua innocenza: di fronte a quello che ci siamo abituati a vedere in questi anni, quell’immagine perderebbe il suo senso originale, e ci apparirebbe come un dolce ricordo di un momento relativamente spensierato e felice.
Eppure l’immagine è la stessa. Siamo quindi noi ad essere profondamente cambiati nel frattempo, senza rendercene conto.
Ma non siamo gli unici ad essere cambiati, da allora. Anche il soldato ritratto dall’immagine ha compiuto un percorso tanto inaspettato quanto tragico: rientrato dopo 4 mesi di servizio, ...
di Marco Cedolin
Sul sito web di Repubblica, in un ottimo articolo a firma Paolo Berizzi, vengono resi noti gli sconcertanti sviluppi di un’indagine partita nel 2006 e portata avanti dalla Guardia di Finanza di Cremona grazie a quelle intercettazioni che giornalmente vengono messe sotto accusa quasi si trattasse del più grande problema che affligge questo disgraziato Paese.
Nonostante in Italia le frodi alimentari siano ormai all’ordine del giorno e cambiare il cartellino dei prodotti scaduti all’interno degli ipermercati stia diventando quasi una consuetudine, le dinamiche della truffa da parte che di quelli che Berizzi definisce giustamente “banditi della tavola” sono tali da riuscire a turbare profondamente non solo le persone deboli di stomaco.
L’impresa criminale che faceva capo a 4 aziende con sede a Cremona, Novara, Biella e Woringen in Germania, tutte riconducibili all’imprenditore siciliano Domenico Russo, ed era punto di riferimento per marchi come Galbani, Granarolo, Cademartori, Brescialat, Medeghini, Igor, Centrale del latte di Firenze, Frescolat, Euroformaggi, Mauri, Prealpi ed altre multinazionali europee, operava anche grazie alla connivenza delle Asl di competenza ...
di Susanne Scheidt
[3 luglio 2008] - Stamattina s'è svolta un'altra liberazione di ostaggio, al riparo dall'attenzione - o dall'interesse - dei nostri media.
E' tornato finalmente dal suo esilio in Giordania, un bambino palestinese di circa tre-quattro anni. Per mesi e mesi le autorità israeliane non lo volevano fare tornare dal suo padre e dalle sue sorelle, che abitano nella Striscia di Gaza, con la "scusa" che egli, essendo uscito dalla Striscia di Gaza attraverso Rafah, cioè il confine con l'Egitto, dovrà ritornare da Rafah. Non poteva, secondo loro, tornare direttamente dalla Giordania.
Ma come mai, uno si chiede: un bambino che viaggia dalla Striscia di Gaza in Egitto, da lì verso la Giordania, per presentarsi al Ponte di Allenby chiedendo di entrare in Cisgiordania? Come poteva fare?
I fatti sono questi: una giovane donna, ammalata di cancro, si era recata dalla Striscia di Gaza al Cairo, per vedere se per il suo tumore al cervello si potesse fare qualcosa. Porta con se il più piccolo dei suoi figli, il maschietto, mentre le figlie, ormai di circa dieci e dodici anni, rimangono con il padre. A loro non era stato concesso accompagnare la moglie/madre.
Al Cairo non possono fare nulla, e la mandano ad un ospedale di Amman in Giordania. I medici giordani le fanno capire che ormai non si poteva più operare ...
Di Gennaro Carotenuto
Il primo pensiero è di allegria, allegria per Ingrid Betancourt e per gli altri 14 sequestrati liberati, tra i quali tre mercenari statunitensi, che in qualunque altro conflitto al mondo sarebbero stati da tempo passati per le armi.
Il secondo pensiero è perchè non si spenga la luce sulle centinaia di ostaggi che restano nella selva nelle mani delle FARC. Si vedrà se l’interesse dei benpensanti europei per la selva colombiana era genuino o era solo figlio del colonialismo mentale e razzista con il quale l’Europa guarda ai drammi del Sud del mondo. Se le luci sulla selva si spegneranno dovremo amaramente concludere una volta di più che è così, che la benpensante Europa si mobilita solo se qualcuno buca lo schermo. Altrimenti se ne frega.
Il terzo pensiero è per Álvaro Uribe, apparente trionfatore della giornata di oggi. La giornata per lui si era aperta nel peggiore dei modi, come si era aperta la settimana, il mese, l’anno. La Corte Suprema, con parole insolitamente dure, aveva preteso il rispetto delle proprie decisioni ...
Nonostante la palese difficoltà, per il normale cittadino, di comprendere le effettive conseguenze che comporterebbe l’implementazione del trattato di Lisbona, è ormai chiaro che il rifiuto dell’Irlanda ha fatto da catalizzatore ad un malcontento inespresso, che ha trovato voce di recente anche nei presidenti di Cecoslovacchia e Polonia.
Quella che segue è la traduzione di un articolo irlandese – pubblicato prima del rifiuto referendario – che cercava di illustrare ai cittadini tali potenziali conseguenze negative. Fatto salvo per un paio di argomentazioni che riguardano l’Irlanda (la sua neutralità militare, soprattutto), il resto delle obiezioni ha lo stesso identico valore anche per noi.
20 ragioni per dire "no" al Trattato di Lisbona
1. Il Trattato di Lisbona, concordato dai leader europei nel novembre 2007, è praticamente identico alla Costituzione europea su cui si erano accordati i leader nel 2004. La Costituzione era stata respinta democraticamente dagli elettorati di Francia e Olanda, con dei referendum nell’estate del 2005.
Questi contestarono il contenuto antidemocratico e “destrorso” della Costituzione. Il fatto che i leader europei abbiano riproposto lo stesso testo in un formato differente è antidemocratico, ed è un insulto alla scelta espressa democraticamente dai popoli di Francia e Olanda.
2. L’articolo 46 del trattato di Lisbona stabilisce che “l’Unione avrà una identità legale“. Questo è un cambiamento profondo dei principi legali dell’Unione Europea, ...
Leggi tutto: La grande bufala svelata - AIDS