di Marco Cedolin
Mentre il governo e gli enti incaricati di tutelare la salute dei cittadini stanno tentando di fare fronte al pericolo del latte cinese contaminato, premurandosi di offrire l’immagine di un Paese efficiente le cui istituzioni vigilano con attenzione sull’incolumità della popolazione, si finge di dimenticare che anche in Italia esiste un grande scandalo concernente
il latte adulterato e si tratta di una truffa in tutto e per tutto simile a quella dei formaggi avariati, che c’induce a guardare con sospetto ogni cartoccio di latte nostrano stipato all’interno del frigorifero.
Il fascicolo dell’inchiesta, partita nel 2005 grazie alle indagini condotte dalla Squadra mobile di Milano e dal Nucleo delle Fiamme Gialle presso la Procura della Repubblica, coordinati dal pm Ilda Boccassini e ben lontana dall’essere arrivata a conclusione, racconta di latte scaduto che veniva raccolto in Lombardia e all’estero, lavorato nel mantovano con additivi acquistati in Francia e commercializzato nuovamente in Lombardia e nel resto del Paese accompagnato da false certificazioni di genuinità.
Il latte marcio, definito nel corso delle intercettazioni “roba che non daremmo nemmeno ai maiali” da alcuni degli arrestati, anziché essere ritirato dal commercio come vuole la legge, veniva letteralmente “ricostruito” attraverso l’uso di additivi chimici ... ... che ne rendevano nuovamente gradevole il gusto, nonostante il prodotto fosse altamente pericoloso sia per la sua alta carica batterica, sia per gli effetti degli additivi stessi.
Durante le perquisizioni furono sequestrati il “Centro latte Mantova srl” di Roverbella in provincia di Mantova e un altro impianto situato a Ludriano in provincia di Brescia e 12 silos contenenti 500.000 litri di latte proveniente in larga parte dall’estero. Vennero arrestate 7 persone alle quali sono stati contestati i reati di associazione a delinquere, adulterazione e contraffazione alimentare e truffa.
Risultò essere implicata nella vicenda la Sterilgarda spa, un colosso nazionale della raccolta e lavorazione del latte che trasforma mille tonnellate di prodotto al giorno e immette sul mercato italiano oltre due milioni e mezzo di confezioni, mentre il fulcro dell’infrastruttura finanziaria faceva invece capo alla società Agricomex, di proprietà dello svizzero Francesco Pergola, che aveva costituito intorno a sé una lunga serie di società fittizie finalizzate ad evadere l’IVA per un ammontare accertato di 20 milioni di euro.
Ad oggi non è ancora purtroppo dato sapere quante siano state le aziende italiane realmente coinvolte nello scandalo e quali importanti marchi abbiano commercializzato, magari inconsapevolmente, il prodotto, né tanto meno se dopo il 2005 la truffa sia continuata fino ad oggi, come lascerebbero intuire gli ultimi sviluppi delle indagini sul fronte mantovano.
Marco Cedolin
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