Ho ricevuto questa lettera da Andrea Avveduto, il giornalista che ha partecipato con me al servizio del Tgcom sul caso Foley. La pubblico con il suo consenso, seguita dalla mia risposta.
Gentile Massimo Mazzucco,
sono Andrea Avveduto, ho partecipato con lei al dibattito su Tgcom24 circa il caso Foley, un mese fa. Ho seguito con interesse il dibattito sul forum che si è sviluppato dopo il nostro intervento. Non desidero entrare nel merito delle obiezioni che alcuni utenti hanno fatto circa il mio intervento. Ho espresso solo alcune opinioni, condivisibili o meno, e rimango aperto al dibattito. Anzi, alcune posizioni manifestate mi hanno interrogato molto rispetto alle mie convizioni. E di questo sono grato. Vorrei solo precisare una cosa, rispettto a un commento fatto dall'account della redazione: "Certo. Una volta capito il personaggio, era chiaro che bisognava stare alla larga dalle trappole". Non ho mai avuto intenzione di tendere una trappola: non è mai stato il mio stile, nè mia intenzione. Se il mio intervento ha suscitato questa impressione, mi dispiace. E non si preoccupi: nei miei tre anni di vita in Medio Oriente ho maturato una grande criticità rispetto al modus operandi americano. Nei miei articoli se ne trova ampia traccia. Colgo l'occasione per ringraziarla del suo lavoro e - nell'auspicio che questo dibattito possa continuare per arricchire le posizioni di entrambi - la saluto cordialmente.
Andrea Avveduto
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Gentile Sig. Avveduto,
innanzittto vorrei scusarmi con lei per il modo poco elegante con cui mi sono riferito alla sua persona. Sappia però che il mio commento non conteneva nulla di polemico nei suoi confronti. Quando ho detto "una volta capito il personaggio" mi riferivo alla sua posizione rispetto al terrorismo islamico - che lei apparentemente considera genuino - e quindi, dicendo che "bisognava stare alla larga dalle trappole", intendevo dire che non sarebbe stato saggio per me, in quella situazione, aprire un confronto con lei sul merito (i tempi televisivi non lo permettono). Non ho mai voluto intendere che fosse lei, intenzionalmente, a tendere trappole a chicchessia.
Ciò detto, vorrei entrare nel merito della questione: quello che non ci è possibile discutere in TV, a causa dei tempi ristretti, è possibile farlo qui, con calma e con raziocinio. [...]
26 settembre 2014: Alle Nazioni Unite il premier inglese David Cameron attacca coloro che mettono in dubbio la versione ufficiale del 9/11 e del 7/7, definendoli "estremisti non-violenti", paragonandoli a nazisti, razzisti e fondamentalisti di estrema destra, e dicendo che i governi devono agire contro di loro così come contro l'ISIS.
Traduzione dell'intervento:
La causa alla radice di questa minaccia terroristica è una ideologia velenosa di estremismo Islamico. Questo non ha nulla a che vedere con l'Islam, che è una religione pacifica che ispira innumerevoli atti di generosità ogni giorno. L'estremismo Islamico d'altra parte pensa di usare le forme più brutali di terrorismo per costringere la gente ad accettare una visione distorta del mondo e farla vivere in uno stato quasi medioevale. Per sconfiggere l'ISIS e le organizzazioni come quella noi dobbiamo sconfiggere questa ideologia in tutte le sue forme.
Come mostrano le prove che emergono dal passato di quelli accusati di crimini di terrorismo è chiaro che molti di loro sono stati inizialmente influenzati da predicatori ...
Quante volte, negli ultimi tempi, abbiamo sentito parlare di "necessità di un cambiamento"?
Di fatto, questa formula si ripropone ciclicamente, ogni volta che le condizioni sociali di una determinata nazione si avvicinino al livello dell'intollerabilità. Più quel limite si fa prossimo, più sentirete il politico di turno che si propone con urgenza alla guida del paese per portare un "cambiamento", un "rinnovamento", una "valida alternativa" al sistema vigente.
In realtà, la formula del "cambiamento" è una formula vuota già in partenza, indipendentemente dalla situazione o dal personaggio politico che cerchi di proporla. Non è infatti possibile imporre un qualunque "cambiamento" per decreto legge, o per semplice volontà politica: il cambiamento può essere soltanto la conseguenza di un processo evolutivo, non può esserne la causa stessa.
Non basta (vedi Stati uniti) fare una legge che "stabilisca la fine della discriminazione razziale", per porre effettivamente fine alla discriminazione razziale. Non basta (vedi Italia) creare un "ministero della pari opportunità" ...
di Roberto Vacca
Gli Stati Uniti decidono di investire in nuove, moderne armi nucleari 355 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni. Nei prossimi 30 anni salirebbero a mille miliardi di dollari. La notizia è apparsa sul NY Times on line del 21/9/14. In Italia non è stata ripresa da giornali, né emittenti TV. Taluno ha proposto che si revochi a Obama il Nobel per la Pace conferitogli nel 2009 - solo perché sta armando con armi convenzionali e appoggiando curdi e iracheni contro l'ISIS. Questa decisione di rimodernare l'arsenale nucleare USA è motivo molto più forte per revocargli il premio. L'avevo già proposto nel Maggio 2013 nel mio articolo che riporto più oltre.
Di questi mille miliardi si parlava già nel gennaio 2014. Sarebbero stati ripartiti fra le 3 componenti della triade: missili balistici intercontinentali, sottomarini nucleari, bombardieri nucleari. J. Wolfstahl e J. Lewis del James Martin Center for Nonproliferation Studies di Monterey, Calif. avevano commentato che il bilancio federale USA non era in grado di tirare fuori queste enormi somme.
Si può arguire che la decisione americana sia una risposta alle minacce di usare armi atomiche ...
Cari lettori di luogocomune, lo sapevate che il vostro cervello è stato "riprogrammato" dal vostro beneamato webmaster? Guardate questa lettera, pubblicata lo scorso settembre dal blog del Corriere di Beppe Severgnini:Con il cervello riprogrammato dai complottisti
Cari Italians, lavoro in una settore dove ogni tanto arrivano degli stagisti per qualche mese. Tutti laureati di nostre università. E dico che sono laureati, per sottolineare il fatto che sono persone di un certo livello culturale. Tutti e tre, ormai miei amici e che stimo molto come persone, credono ciecamente che l’attentato dell’undici settembre alle Twin Towers di New York sia stato un “inside job”. Questa convinzione gli sarebbe nata dopo aver visto un documentario realizzato da un cosiddetto “complottista” (tale Massimo Mazzucco) che vende dvd su internet e sostiene tra l’altro che il cancro si guarisce con il bicarbonato, che l’uomo non è mai stato sulla luna, che i terremoti e maremoti sono provocati dalla CIA, e che le scie lasciate dagli aerei sono in realtà agenti chimici che alterano il clima. Senza parlare poi del fatto che per lui la terra è cava e noi ne viviamo all’interno.
Quello che mi lascia perplesso è che tutti e tre, credono ciecamente ad ogni affermazione che confermerebbe predetta situazione di terrorismo interno a scopo bellico-commerciale, e non accettano minimamente nessuna spiegazione logica che smonti la tesi del complotto. [...]
In questi giorni il premier Matteo Renzi è in visita ufficiale negli Stati Uniti. Finora il viaggio—tra selfie, tweet, Google Glass, incontri con i big della Silicon Valley e propaganda assortita—è andato abbastanza bene. Questo almeno fino a ieri, quando Renzi ha di nuovo parlato in inglese in pubblico, per quasi un’ora filata.
L'ultima volta era successo in occasione di Digital Venice, di fronte a una platea tutto sommato piccola e relativamente local; in quell'ormai famoso discorso, Renzi è riuscito a guadagnarsi un posto d'onore nell'olimpo dei politici italiani che parlano un inglese di merda; non tanto per la qualità del suo inglese—imbarazzante, ma comunque migliore di quella di molti altri politici—quanto per il fatto che mentre i suoi colleghi si sono sempre limitati a pronunciare singole frasi in lingue a loro semi-sconosciute, lui è andato avanti per mezz'ora.
Dopo quell'occasione speravamo che un simile, estenuante corpo a corpo con l'inglese non si sarebbe più ripetuto. Invece non solo Renzi è tornato a fare lunghi discorsi in inglese in pubblico, ma lo ha fatto al Council on Foreign Relations, uno dei più potenti think tank di politica estera del mondo occidentale, davanti a una platea di americani e potenziali investitori internazionali.
Renzi ha anche provato a buttarla sull'autoironia, scherzando sul fatto che "il mio inglese è terribile" e chiedendo di mettere "i sottotitoli." Ma questo ovviamente non ha cambiato il risultato finale. [...]
Ma guarda guarda... Proprio mezz'ora prima che Hollande dovesse parlare alle Nazioni Unite è arrivata la notizia del cittadino francese decapitato in Algeria. E così il povero Hollande, che "voleva parlare di tutt'altre cose", si è trovato costretto a perorare all'ONU la causa collettiva della "lotta al terrorismo".
Problema, reazione, soluzione.
La Riforma del Titolo V della Costituzione, che toglie potere agli enti locali, è uno dei cavalli di battaglia di Renzi. Che si è sempre nascosto dietro l’apparenza del riordino delle competenze legislative senza affrontarne, nel profondo, le vere conseguenze. Cosa c’è dietro questa riforma, allora? Ci ha pensato l’ex Ministro Saccomanni a svelare la verità: ecco il video, censurato dalla stragrande maggioranza dei media.
Acqua, luce e gas: oggi la riscossione delle tariffe è italiana, domani potrebbe non esserlo più. Proprio i servizi vitali, che valgono miliardi secondo il Tesoro, sono il vero bottino della grande privatizzazione, spacciata per “riforma”. Obiettivo per il quale sono stati all’opera, ininterrottamente, i tre governi messi in pista da Napolitano, senza elezioni: prima Monti, poi Letta, ora Renzi. Missione comune: svendere il paese, usando l’emergenza-spread e l’alibi del debito. Facilissimo: il boom del debito pubblico è la diretta conseguenza dell’austerity. Meno Pil, meno consumi, meno entrate fiscali. L’Italia, costretta a elemosinare gli euro attraverso i titoli di Stato filtrati dal sistema bancario che ha accesso alla Bce, va rapidamente in rosso. Col diktat del rigore, il debito pubblico esplode. Così il momento si fa propizio: il Giorno dello Sciacallo si avvicina. All’asta Poste Italiane e Telecom, poi si parla di Eni, Enel, Finmeccanica. Ma il boccone grosso è un altro: rete elettrica, acquedotti, gas. Reti e servizi da svendere. Prima, però, bisogna scipparli ai legittimi proprietari: Comuni e Regioni. [...]
Claudio Moffa: Rompere la gabbia. Sovranità monetaria e rinegoziazione del debito contro la crisi, Arianna Editrice, Bologna 2014
Recensione di Enrico Galoppini
La “gabbia” che Claudio Moffa col suo saggio pubblicato da Arianna Editrice invita a “rompere” non è quella dell’euro, se con ciò s’intende una ‘romantica’ operazione di “ritorno alla lira”.
Come recita il sottotitolo nella copertina di "Rompere la gabbia", la questione cruciale è quella della sovranità monetaria, che il docente di Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici all’Università di Teramo auspica venga ristabilita al più presto, in Italia e negli altri Paesi occidentali, per uscire dall’attuale “crisi”.
Esiste tuttavia un ostacolo insormontabile: la mancanza di volontà da parte di un ceto politico ed una classe dirigente che nel migliore dei casi, quando non si tratta di personaggi collusi e a libro paga, s’illudono che l’attuale abnorme finanziarizzazione dell’economia e della vita degli Stati nel suo complesso possa durare ancora a lungo senza ridurre la stragrande maggioranza nelle persone in una schiavitù che la ‘gabbia’ del titolo di quest’opera evoca al meglio.
Per procrastinare quest’inevitabile esito, già in parte realizzatosi, questi cosiddetti politici delle moderne “democrazie”, su imbeccata dei loro padroni e dei media di loro proprietà, si sono inventati l’ondata di “antipolitica” e la “crisi”.
Ma la “crisi” non è il risultato di “sprechi” e “ruberie” (che pure ci sono), come vorrebbe farci intendere anche tutta una saggistica interessata che ha preso a bersaglio l’ormai celebre “casta” e non il mondo della grande finanza speculativa.
Perché se di “casta” si deve parlare, essa va cercata tra quell’élite, invero ristretta e potentissima, dei “signori del denaro”. [...]
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