Nei giorni scorsi, Stefano Montanari ha fatti una intervista con Roberta Doricchi sul coronavirus. Ma quando Montanari l’ha pubblicata sul suo sito, il medesimo è stato hackerato (il post è scomparso e il sito è andato in blocco, senza motivo apparente). Dopo aver ottenuto lo sblocco dal provider, Montanari l’ha pubblicata di nuovo, ma il sito è stato nuovamente bloccato. Nel frattempo l’intervista è stata ripresa da diversi siti, per cui circola comunque in rete. La ripubblichiamo anche noi, per dargli ancora maggiore visibilità.
Roberta Doricchi – In questo periodo che fa tanto peste manzoniana credo sia impossibile non parlare del Coronavirus.
Stefano Montanari – Io non sono un virologo…
RD – Ma qualcosa sa.
SM – Vede, io sono fuori moda. Lo sono perché ciò che so fa parte della conoscenza basata sulla fisica, sulla chimica, sulla fisiologia, sulla farmacologia, sulla biologia… In più, so quello che ho imparato da quasi mezzo secolo di ricerca personale. Niente a che fare con quello che oggi viene spacciato come scienza.
RD – Mi dia un’opinione su questa epidemia.
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di CORVELVA
Negli ultimi giorni si sentiva la mancanza di qualche inutile e faziosa provocazione. Soprattutto si sentiva la mancanza del clima di odio “contro qualcuno”, così alcuni giornalisti "di talento" hanno pensato bene di rinfocolare una vecchia ma sempre ugualmente utile polemica: quella che vede protagonisti i “no-vax”.
Ebbene, succede che dinanzi alla grande psicosi (perlopiù mediatica) che da qualche giorno attanaglia il nostro Paese, alcuni geniali personaggi abbiano avvertito la mancanza dei “no-vax”, o meglio della tanto cara - a loro - polemica, sfornando articoli vari del tipo “Quanto fa rumore il silenzio No vax” - “Dove sono finiti i No-vax?” E via dicendo.
Sorvoliamo (si fa per dire) sulla totale idiozia di tirare in ballo la questione relativa all’obbligo delle vaccinazioni durante un’epidemia causata da un virus che vaccino non ha. Facciamo garbatamente presente che coloro che questi signori definiscono “No-vax” sono cittadini come tutti gli altri, che lavorano, pagano le tasse, contribuiscono alla vita sociale economica e politica del Paese, e che sono contrari all’imposizione di obblighi vaccinali (e sanitari in genere). E dove siamo?
Siamo qui, esattamente dove prima, ad assistere ad uno dei peggiori spettacoli che la politica italiana abbia offerto da lungo tempo a questa parte.
Roberto Quaglia fa il punto della situazione sul coronavirus, dopo una settimana in cui in Italia non si parla d'altro.
Fonte PandoraTV
In questi giorni di panico generalizzato si parla molto dell’influenza che ha la televisione sui nostri comportamenti. È evidente a tutti che se in televisione si parla insistentemente di un certo argomento, quello diventa automaticamente l’argomento più importante nella mente dei cittadini.
Se in televisione si parla costantemente di virus, di contagio e di persone in quarantena, è chiaro che la gente corre dappertutto a cercare mascherine e saccheggia i supermercati per prepararsi ad una eventuale prigionia in casa propria.
Una riprova di questo la si può avere facendo un semplice “test al contrario”: fino alla scorsa settimana, i telegiornali ci martellavano il cervello con le crisi isteriche di Renzi. Renzi era dappertutto: esco dal governo, non esco dal governo, faccio la crisi, faccio soltanto mezza crisi, ne parlo ma non la faccio, eccetera eccetera. E naturalmente gli italiani si preoccupavano di quello: oh Dio, Renzi farà la crisi? Renzi non la farà? Renzi la farà solo metà? Ora che è arrivato il coronavirus, Renzi ha perso le prime pagine dei telegiornali, e di colpo il problema non esiste più. (Almeno un piccolo regalo questo coronavirus ce l’ha fatto).
Questa è la dimostrazione palese che sono loro a decidere di cosa dobbiamo preoccuparci e di cosa no. Giustamente, qualcuno li chiama “i padroni del discorso”.
L'articolo precedente sta scoppiando di commenti. Proseguite qui perfavore.
AVVISO: Diversi utenti mi hanno segnalato litigi all'interno di alcune discussioni. Io però NON CE LA FACCIO ad intervenire. PERFAVORE comportatevi in modo responsabile, e cercate di risolvere le baruffe fra di voi, in modo civile. Aiutatemi a mandare avanti il sito, invece di rendermi la cosa più difficile. Grazie. M.M.
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Nell’arco di sole 24 ore il coronavirus è passato da “un problema degli altri” ad un problema nostro. Ora ce l’abbiamo in casa. Una ventina di casi fra Lombardia e Veneto, con le altre regioni che cominciano a preoccuparsi. Le autorità si barcamenano fra avvisi per la propria sicurezza e necessità di non creare panico, ma è evidente che il secondo rischia di prevalere. C’è già chi non prende l’autobus, chi non manda i figli a scuola, chi cancella la visita nel paese vicino. Ci vuole un attimo a paralizzare il paese. E fra poco partiranno le polemiche, immancabili: abbiamo fatto abbastanza per proteggerci? Potevamo fare di più? Perchè abbiamo chiuso solo i voli diretti dalla Cina, ma non quelli in coincidenza?
Da una parte partirà la caccia agli appestati, dall'altra la caccia ai responsabili. Si rischia di trasformare la nostra nazione in una bolgia, nell'arco di pochi giorni.
L’Italia è chiamata ad una grande prova di maturità, sia da parte dei politici che dei singoli cittadini. Ce la faremo a non farci prendere dal panico?
Se pensavate che la questione delle intercettazioni, venuta alla luce con il caso Snowden, fosse un problema recente, avete sbagliato di grosso.
A quanto pare gli americani hanno avuto questo vizietto fin a partire dagli anni 50, dall’inizio della Guerra Fredda. Con un trucco molto semplice, sono riusciti sin da allora a controllare tutte le comunicazioni segrete di oltre 120 nazioni nel mondo, senza mai sporcarsi le mani in modo diretto in queste operazioni.
La chiave di tutta la faccenda sta in una piccola società svizzera che costruiva macchine per la crittografia, la Crypto AG, fondata da Boris Hegelin. Hegelin era uno scienziato svedese di origini russe, emigrato negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale. Qui Hegelin aveva progettato la prima macchina portatile per crittografia mai esistita al mondo, e l’aveva venduta al governo americano che ne aveva fatto largo uso durante la guerra.
Alla fine del conflitto Hegelin si trasferì in Svizzera, e fondò la sua piccola società, Crypto, con la quale iniziò a produrre macchine per la crittografia da vendere ai governi di tutto il mondo. I suoi prodotti – in piena Guerra Fredda - ebbero un immediato successo, ma la sua tecnologia era talmente avanzata, che gli americani cominciarono a temere di non essere più in grado di intercettare le comunicazioni segrete fra i vari governi.
Dalla Fondazione Di Bella riceviamo e pubblichiamo:
Un invito a diffondere scomode verità, per smascherare e delegittimare le mafie di potere che opprimono la nazione.
Il Gruppo editoriale Macro ha deciso di scontare del 25% il prezzo del libro (nel titolo il link presso l’editore) La scelta antitumore – Prevenzione, terapia farmacologica e stile di vita al fine di incrementarne e favorirne ulteriormente la diffusione.
Si chiede collaborazione per la massima diffusione del libro sulla prevenzione dei tumori, che ha anche una valenza etica e finalità sociali, soprattutto per informare il maggior numero possibile di persone, oltre che della reale, scientificamente documentata, possibilità di prevenire i tumori, dell’entità e gravità della disinformazione, falsificazione e mistificazione sul Metodo Di Bella, e sull’inganno dei mainstream di regime, relativamente alle vere possibilità, non quelle mediatiche ma quelle reali, delle cure istituzionali del cancro.
Fake News, Disinformazione e il Nuovo Ministero della Veritá
di Federico Nicola Pecchini
Sono tempi difficili per la veritá. Offesa, derisa e bistrattata da ogni parte sembra ormai irriconoscibile. Non è un caso che molti sociologi si siano affrettati a designare quella in corso come l’era della post-veritá.
Giá a partire dal secolo scorso, le élite intellettuali d’occidente si sono cimentate in una vera e propria demolizione controllata della veritá. Heisenberg, con il principio di indeterminazione, e prima ancora Einstein, con la teoria della relativitá, ne avevano ribaltato le fondamenta ontologiche. Nel dopoguerra è stato il turno di decostruzionismo, postmodernismo e relativismo, correnti che hanno contribuito a minarne le basi epistemologiche. Il risultato oggi è di un nichilismo dilagante. La veritá (e quindi i valori) non esistono piú. Esistono solo interpretazioni, punti di vista. E nessuno di essi puó considerarsi privilegiato o migliore degli altri. Siamo perció costretti alla dittatura dell’opinione, dove l’unica cosa che conta è l’opinione della maggioranza. Non era forse questo il senso della democrazia? Ma in fondo la questione è molto piú antica. Mi torna in mente Ponzio Pilato: “Che cos’è la veritá?” - aveva chiesto a Gesú il governatore, con una punta di sarcasmo, prima di rivolgersi alla folla inferocita.
Senza impantanarci nel magma filosofico, torniamo ad oggi.
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