Più che parlarci dei candidati, dei quali sappiamo già molte cose, ogni elezione americana sembra rivelarci qualcosa di nuovo rispetto al popolo che si ritrova ogni quattro anni a scegliere uno fra i leader politici più importanti nel mondo.
Nel 2000 abbiamo visto come sia bastata una reazione di “antipatia“ verso il presuntuoso e arrogante Al Gore, che da grande favorito è riuscito a soccombere di fronte al “piccolo uomo qualunque“ impersonato da George W. Bush. (Sappiamo tutti che ci fu l’intervento della Corte Suprema, ma in teoria Gore non avrebbe mai dovuto permettere a Bush di avvicinarsi così tanto, nei risultati elettorali, da potervi fare ricorso).
Nel 2004, nonostante tutti avessero capito che la guerra in Iraq era un disastro ormai irreversibile, bastò che Dick Cheney agitasse per qualche settimana lo spauracchio del “ritorno del terrorismo“, e nuovamente l’America corse a ripararsi ... dietro allo stesso uomo che l’aveva trascinata in quel disastro.
Ora con Obama e McCain stanno succedendo cose molto strane, che nuovamente ci insegnano qualcosa del popolo americano che evidentemente non conoscevamo.
Dopo aver vinto la tenace battaglia con la Clinton per la nomination, Obama aveva veleggiato per oltre un mese con un vantaggio nei sondaggi, rispetto a McCain, che si aggirava sugli otto-dieci punti di percentuale. In altre parole, se si fosse votato in quel momento, Obama avrebbe vinto con il 48% circa dei voti, ...
di Marco Cedolin
Il pugile suonato che sa di essere destinato a finire al tappeto prima della fine del terzo round generalmente batte i pugni sul petto, sbraita e fa la faccia cattiva, per esorcizzare la paura che gli fiacca le gambe e gli accorcia il fiato. Proprio come pugili suonati Silvio Berlusconi e l’Armata Brancaleone che compone il suo governo, gonfiano i muscoli, costruiscono vittorie immaginarie e ostentano ottimismo fuori luogo per dissimulare la realtà che parla di un Paese ormai ridotto allo stato di malato terminale, al quale il cerusico di turno tenta di somministrare l’ennesimo placebo, urlando a squarciagola che grazie a quell’intruglio il malato si rialzerà e fra pochi giorni sarà pronto per correre la maratona.
Il penoso teatrino mediatico portato avanti in questi giorni a cavallo del Ferragosto, prendendo spunto da un ridicolo articolo comparso sul settimanale americano Newsweek, dal titolo “miracolo in 100 giorni” e scritto in tutta evidenza da un giornalista la cui conoscenza dell’Italia non va molto oltre le cartoline illustrate per turisti, dimostra inequivocabilmente la paura e l’insicurezza di un governo costretto a vantare pubblicamente meriti immaginari e successi di fantasia per ostentare forza laddove emergono impietosamente debolezza e assoluta mancanza d’idee.
Se i giudizi di Newsweek, secondo i quali Berlusconi starebbe offrendo agli italiani la sicurezza economica che chiedono con il suo pugno di ferro in un guanto di velluto, ...
Il caso della Georgia, la cui caratteristica principale sembra essere l’ambiguità politica – è Putin il “cattivo” di turno, oppure è stato vittima della propaganda occidentale? – in realtà ricade nella più classica “casistica bellica” dell’intera storia dell’umanità.
Non a caso il termine “casus belli” risale ai tempi dell’Impero Romano.
A partire dal Medio Evo in poi, diventano sempre più rari i casi in cui una nazione ne abbia improvvisamente aggredito un’altra per sua semplice e dichiarata volontà di conquista. C’è sempre stata di mezzo una scusa, che giustificasse in qualche modo un gesto che evidentemente l’uomo – da un certo punto della storia in poi – ha iniziato a riconoscere come profondamente immorale e illegittimo.
La scusa più comune è quella di “dover difendere” degli esseri umani sottoposti a “ingiustizie” o “vessazioni” da parte di altre nazioni, alla quale si affianca la “necessità di doversi difendere da una minaccia incombente”, che naturalmente non si è ancora manifestata.
In questo senso Hitler fu un vero maestro, riuscendo a utilizzare sia la prima scusa, per invadere i Sudeti, ...
Il presidente georgiano Saakashvili ha denunciato quella che ha definito “una vera e propria invasione militare alla luce del sole“ da parte dei russi, che sono intervenuti “per difendere” le popolazioni dell’Ossezia del sud, che chiedono l’indipendenza dalla Georgia.
A Putin chiaramente non era piaciuta l’intrusione americana negli affari di casa propria, che portò al governo della Georgia il pro-occidentale e pro-NATO Saakashvili, e da allora ha iniziato ad appoggiare apertamente gli indipendentisti dell’Ossezia, a molti dei quali ha fatto avere addirittura il passaporto russo.
Dopo l’ultima ribellione degli indipendentisti la Georgia ha mandato i carri armati, e quindi la Russia “è stata obbligata“ a intervenire per difendere quelli che Putin definisce gli “ex-compatrioti“. Naturalmente anche Putin, che si è adeguato molto rapidamente al nuovo vocabolario internazionale, definisce le sue armate “missioni di pace” (“peacekeeping forces”).
In realtà gli Osseti vorrebbero l’indipendenza vera e propria, e non sembrano particolarmente ansiosi ...
di Marco Cedolin
Dopo la sentenza del TAR del Veneto del 18 giugno scorso che aveva accolto il ricorso concernente la sospensione dei lavori, dichiarati illegali ed illegittimi, per la costruzione della nuova base americana Dal Molin a Vicenza, poi annullata il 29 luglio dal Consiglio di Stato che aveva ritenuto la decisione del governo un “atto politico insindacabile dal giudice amministrativo”, ci troviamo dinanzi ad una nuova svolta della controversa vicenda che vede larga parte dei cittadini vicentini contrapporsi agli interessi militari americani.
Ieri l’area ovest dell’aeroporto Dal Molin è stata infatti formalmente consegnata alle cooperative rosse che saranno responsabili della commessa di 245 milioni di euro concernente la progettazione e la costruzione delle nuove infrastrutture americane. La CMC di Ravenna e la CCC di Bologna, già impegnate in molti fra i più importanti appalti concernenti grandi infrastrutture compresi quelli per l’alta velocità ferroviaria, ....
di Marco Cedolin
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha dichiarato “è un titolo di onore per il Parlamento italiano”, il Presidente della Camera Gianfranco Fini l’ha definita “una bella pagina parlamentare”, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha parlato di “un risultato particolarmente importante”, il ministro degli Esteri Frattini ha detto che si tratta “di un bell’esempio che l’Italia dà al resto d’Europa”. I deputati del PD di Veltroni, dell’UDC di Casini, e dell’IDV di Antonio Di Pietro hanno votato alla stessa maniera dei loro colleghi della maggioranza e insieme a loro si sono spellati le mani in un lungo caloroso applauso liberatorio. I deputati della Lega che da sempre cavalcano l’euroscetticismo, facendo incetta di voti tramite slogan come “paroni a casa nostra” e hanno chiesto più volte fosse indetto un referendum, non hanno preso parte al battimani ma diligentemente hanno espresso il proprio voto favorevole nei confronti di un documento che di fatto tarperà le ali a qualunque proposito di autonomia ed è stato approvato senza consultare i cittadini.
Il controverso trattato di Lisbona, già respinto a giugno dal popolo irlandese, è stato definitivamente ratificato dall’Italia, senza che gli italiani siano stati chiamati a pronunciarsi in merito a questa sorta di Costituzione europea che inciderà profondamente nel loro futuro, ottenendo l’approvazione alla Camera (al Senato l’aveva già ottenuta) con 551 voti favorevoli e nessuno contrario.
Occorre pertanto constatare e prendere atto del fatto che nessun parlamentare italiano si è sentito in dovere di contrastare l’approvazione di un trattato che renderà l’Europa un’entità astratta sempre più lontana dai suoi cittadini ...
Quello che fa più tristezza, di questa “nuova destra” italiana, è il fatto che ricorra sempre più spesso a metodi antichi e superati, che risalgono ormai a quasi un secolo fa. Prima il manganello per la popolazione di Napoli, oggi il ritorno del grembiule e del 7 in condotta per la scuola dell’obbligo.
Sono scelte che trasudano una tale nostalgia dei tempi andati, da sconfessare in partenza qualunque tentativo di far passare come innovatrice questa “nouvelle droite” di Berlusconi e Company.
Riguardo al voto di condotta, il nostro Premier ci dice che «è una risposta importante agli atteggiamenti di bullismo che ci vengono illustrati dalla stampa quasi quotidianamente», mentre il Ministro dell’Istruzione afferma che «il comportamento deve concorrere alla valutazione complessiva dello studente», come già avveniva una volta.
Come sempre premuroso il nostro Presidente, al quale sta profondamente a cuore l’estirpazione totale di ogni forma di violenza. Con la sua frase sulla “valutazione complessiva”, invece, il Ministro Gelmini indirizza la stampa e l’opinione pubblica verso un falso problema. Mentre a “Porta a Porta” discuteranno ardentemente se la condotta debba concorrere o meno al giudizio complessivo, ...
Seymour Hersh – sempre lui – ha rivelato un incontro avvenuto un paio di mesi fa nell’ufficio di Dick Cheney, nel quale furono discusse diverse idee per provocare una guerra con l’Iran.
L’incontro è avvenuto poco dopo la fallita provocazione navale nel golfo di Hormuz, fra una nave americana e una vedetta iraniana.
Fra le nuove proposte c’era anche quella di vestire alcuni marinai americani da soldati iraniani, metterli su una finta vedetta iraniana, e farsi aggredire da loro, creando un incidente del tutto “casalingo”. L’idea fu scartata perchè la nave americana aggredita avrebbe risposto al fuoco, causando probabili vittime fra gli americani della vedetta. Ma il fatto stesso che sia stata discussa – come suggerisce Hersh – descrive il livello a cui avvengono certe discussioni, da cui dipende la sicurezza del mondo intero.
Quella dell’aggressione navale inoltre sembra una malattia ...
di Marco Cedolin
Bruttissima giornata quella di ieri per i cittadini di Civitavecchia, costretti ad assistere all’inaugurazione della nuova centrale a carbone di Torre Valdaliga Nord, nonché a subire le stonate parole del maldestro ministro Scajola che presenziando alla cerimonia è incorso in un’imbarazzante gaffe avente per oggetto gli operai morti durante la costruzione dell’opera, da lui trattati con sufficienza alla stessa stregua di un qualsiasi sopportabile effetto collaterale.
Esternazioni fuori luogo di Scajola a parte, il vero dramma è costituito dalla centrale Enel di TVN, entrata oggi provvisoriamente in funzione a metano anziché a carbone in quanto tuttora priva dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. Un vero mostro destinato a bruciare 600 tonnellate di carbone l’ora, rilasciando 6.300.000 metri cubi di fumo carico d’inquinanti, nonostante l’Enel, la “buona stampa” ed un folto stuolo di esperti compiacenti le abbiano attribuito impropriamente la patente di “centrale a carbone pulito”. La centrale di TVN pulita non lo è affatto in quanto adotta il tradizionale sistema di Combustione del Carbone Polverizzato (PCC) che determina il rilascio di emissioni nocive costituite da metalli pesanti e nanopolveri, in grado di elevare il tasso di mortalità nella popolazione ...
di Claudio Negrioli
Finita vittoriosamente l'estenuante corsa per la "nomination", il 46enne Barack Hussein Obama, l'amerikano negro quasi bianco, comincia a calare le sue carte sul tavolo del grande gioco della politica mondiale.
Chi si aspetta di vedere carte e combinazioni nuove rimarrà deluso, infatti sono le stesse vecchie logore carte che ha in mano anche il suo finto rivale, John McCain.
Nel suo recente tour blindato partito da Kabul, dove intanto che digeriva il pranzo presidenziale offerto dal fantoccio Karzai i suoi compatrioti "bravi ragazzi" in divisa uccidevano per "errore" nove poliziotti Afghani più quattro civili e tre bambini per contorno, Obama, recandosi in visita nella base Usa di Bagram, dove precisando che vincere in Afghanistan è fondamentale, così commentava con i giornalisti: "Vedere che persone così giovani stanno svolgendo un lavoro così eccellente, con tale dedizione dà buone sensazioni sul Paese. Voglio assicurarmi che tutti quelli a casa comprendano con quanto orgoglio lavorano le persone che sono qui e quanti sacrifici stanno facendo. E' eccezionale".
Via dal turbolento Afghanistan si è recato poi nell'altrettanto torbido Iraq dove ha incontrato l'altro fantoccio Nuri-al-Maliki, ...
Se c’è una cosa che ancora “ribolle”, all’interno della relativa chiarezza che ormai si è fatta sugli attentati del 9/11, è la cosiddetta teoria no-planes.
Mentre la grande maggioranza dei ricercatori è rimasta in dubbio sul fatto che i due aerei che hanno colpito le Torri Gemelle fossero davvero dei voli di linea, e non piuttosto dei “drones” (aerei telecomandati), una frangia di costoro insiste nel sostenere che nessun velivolo abbia mai solcato l’aria antistante le Torri Gemelle. Le immagini televisive che tutti abbiamo visto, secondo i no planers, sarebbero state “preconfezionate” al computer, e poi in qualche modo distribuite ai networks, che le avrebbero messe in onda come se fossero vere.
Per quanto assurda possa sembrare questa teoria, il numero dei suoi sostenitori è sufficientemente nutrito da meritare un minimo di analisi, prima di essere scartata del tutto.
Il primo problema che si pone è il seguente: i no-planers non sembrano avere una teoria unificata, ma costituiscono un magma indistinto, nel quale si può trovare di tutto e di più. Si va da chi sostiene semplicemente che gli aerei visti in TV fossero dei CGI (Computer Graphics Images – ovvero immagini create/sovrapposte al computer), a chi sostiene che nel cielo di Manhattan siano stati proiettati degli ologrammi giganteschi, che a noi sarebbero apparsi come dei normali aerei di linea.
Fortunatamente, non è necessario inoltrarsi nell’analisi tecnica dei filmati disponibili, in quanto la teoria no-planes appare confutabile nel suo insieme, ...
Leggi tutto: Una strana nazione