Il livello del dibattito politico sta crollando rapidamente, in tutto il mondo. Da qualche anno ormai assistiamo ad un inesorabile decadimento dei contenuti nella discussione politica a livello di mainstream, negli Stati Uniti come in Europa.
In America, Ted Cruz attacca Donald Trump dicendo che è un "pagliaccio e un incapace". Trump gli risponde dicendo che Cruz è un "mentitore seriale", e che "mia moglie è molto più bella della tua".
In Italia, Cuperlo attacca la Boschi dicendo che lei "vota come Verdini", e lei risponde che Cuperlo "vota come Casapound". Praticamente, il primo dà alla seconda della "traditrice ideologica", la seconda dà al primo del nazifascista.
Già da tempo, la sinistra del PD ha appiccicato a Renzi l'etichetta di "nuovo Berlusconi", mentre Renzi ha appiccicato ai suoi nemici l'etichetta di "gufi".
Da prima ancora, il PD ha appiccicato al Movimento Cinque Stelle l'etichetta di "antipolitica", mentre i Cinque Stelle hanno risposto appiccicando al PD l'etichetta di "amici dei banchieri".
di Maurizio Blondet
Un lunedì dello scorso aprile un centinaio di altissimi capi di banche d’affari e “delle più grandi istituzioni finanziarie del mondo” si sono riuniti in un ufficio del Nasdaq a Times Square. In gran segreto. Lo scopo: una esercitazione, una simulazione riguardante trasferimenti finanziari con un nuovo metodo. Che ha avuto successo. Come ha notificato giuliva Bloomberg:
“Alla fine della giornata, tutti loro avevano visto qualcosa di straordinario: dollari americani trasformati in veri attivi digitali, utilizzabili istantaneamente fin dall’apertura di una transazione commerciale. Il sistema attuale (di trasferimenti e bonifici, ndr.) complesso, pesante, soggetto ad errori, ci mette dei giorni per trasferire denaro nella città o nel mondo, è sostituito istantaneamente da un nuovo sistema quasi sicuro e che risponde in tempo reale”. Un software “che trasformerà la finanza”, era quello che i massimi capintesta del totalitarismo finanziario.
E’ un incontro che ricorda molto da vicino quello di Jekyll Island, in cui nel 1910 i banchieri d’affari cospirarono per creare la Federal Reserve come loro banca privata di emissione (1).
Sembra che qualcosa stia cambiando nell'atteggiamento del mainstream: Giulietto Chiesa intervistato - per la prima volta - senza contraddittorio.
La trasmissione rivela anche il meccanismo spudorarto con cui le lobby cercano di condizionare il voto degli europarlamentari.
Fonte Pandora TV
"La guerra globale contro la droga è fallita, erodendo la salute pubblica e i diritti umani, e a questo punto deve essere messa da parte a favore della decriminalizzazione." Queste sono le conclusioni di una ricerca commissionata da un'importante rivista medica.
La battaglia contro le droghe ha avuto un impatto insignificante sui meccanismi globali di domanda e offerta, e non è difendibile dal punto di vista della sanità pubblica nè su basi scientifiche. Lo dicono gli studiosi che hanno portato a termine una corposa ricerca commissionata unitamente dalla rivista Lancet e dalla Università John Hopkins Ivy League.
Il rapporto rivela prove convincenti che gli stati europei come la Repubblica Ceca e il Portogallo abbiano ottenuto risultati positivi dalla decriminalizzazione dei reati minori legati alla droga. Il Portogallo in particolare ha decriminalizzato l'uso personale di droghe come la cannabis, la cocaina ed eroina già nel 2001.
I vantaggi ottenuti, secondo la ricerca, comprendono un miglioramento la salute pubblica, una riduzione dei livelli di carcerazione e un risparmio di denaro pubblico, mentre non si registra un aumento particolare nell'uso problematico delle droghe.
Mediaticamente parlando, tutti noi oggi viviamo in due universi paralleli.
Nel primo ci sono le notizie mainstream, che girano in un certo modo, che sanno sempre indicarci con certezza dove stia il bene e dove stia il male, e che non ci obbligano mai a ragionare con la nostra testa. Ci pensano loro, i giornalisti del mainstream, a dirci quotidianamente a che cosa dobbiamo credere. Prendiamo ad esempio la notizia pubblicata oggi dall'Ansa, intitolata: "Siria, gas sarin contro Isis a Damasco". Il breve articolo recita: "Poco più di una settimana fa, il regime di Bashar Assad ha impiegato armi chimiche contro l'Isis ad est di Damasco nonostante l'accordo del 2013 sul loro smantellamento. Lo riferisce Haaretz aggiungendo che il regime ha usato probabilmente il gas sarin dopo che i militanti dello Stato Islamico hanno attaccato due basi dell'aviazione siriana considerate risorse militari vitali."
In sintesi, "Bashar Assad ha impiegato armi chimiche", e "lo riferisce Haaretz". Nessun dubbio sulla vicenda: la fonte è sicuramente attendibile, e quindi il fatto è confermato.
Poi però andiamo a farci un giretto dalle parti di Global Research - sito altrettanto autorevole, per chi segue l'informazione alternativa - e troviamo un articolo intitolato: "Seymour Hersh: Hillary Clinton ha approvato la consegna di gas sarin libico ai ribelli siriani" [...]
Fino all'altro ieri Donald Trump era considerato soltanto una macchietta, un personaggio colorito salito alla ribalta solo grazie al momentaneo vuoto che si è creato ai vertici della classe dirigente del partito repubblicano.
"Al massimo - si diceva - vincerà la nomination dei repubblicani, ma poi Hillary Clinton lo schiaccerà come una lucertola sull'asfalto". La convinzione più diffusa a livello mainstream infatti era che Trump, con le sue posizioni estremiste, xenofobe e razziste, non sarebbe comunque mai riuscito a conquistare quella famosa fetta intermedia di elettori americani - i cosiddetti "indecisi", collocati al centro dello schieramento elettorale - che di solito rappresentano l'ago della bilancia nelle elezioni presidenziali.
Ma da qualche giorno le cose sono radicalmente cambiate, perché Donald Trump ha finalmente fatto il suo primo discorso sulla politica estera, ed ha spiazzato tutti: invece del solito sproloquio vuoto e delirante, Trump ha messo insieme un discorso sensato, equilibrato e assolutamente ragionevole, che sembra aver fatto presa sul grande pubblico. In sintesi, ha detto Trump, gli Stati Uniti devono mettere fine alla loro politica interventista nel mondo, e ritrovare un equilibrio con le grandi potenze straniere, basato sul reciproco rispetto delle esigenze di ciascuno. (Grande festa ovviamente a Mosca, dove Donald Trump suscita decisamente maggiori simpatie della Clinton).
Talmente "pericoloso" si è rivelato questo discorso per la politica dei guerrafondai americani (di cui la Clinton si propone come leader indiscussa) ...
LA PAROLA COME ARMA
di Maria Heibel
Le parole sono finestre, o muri. Comunicare efficacemente è veicolare contenuti e idee, concetti, eventi con termini adeguati. Facilitare attenzione e comprensione dipende dal linguaggio che usiamo. Ogni parola ha un significato, rappresenta una “unità logica di informazione” e dà un valore ad una questione, tema, cosa, etc.
Questa breve premessa è necessaria per esaminare un termine diffuso e diventato strategico, e proprio uno stratega mostra consapevolezza di questo fatto adoperando una descrizione volutamente vaga nel descrivere un certo fenomeno: “Non so a cosa serve, non so neanche se serve. Il mio dubbio è questo, come mai questi signori stanno lì in giro e lo fanno con una frequenza che è bestiale….questa cosa c’è ogni giorno…” ha commentato il Gen. FABIO MINI a proposito delle scie nei cieli rilasciate da aerei: scie lunghe o corte, larghe o sottili, con una varietà notevole di forme e colori, mai viste in passato. Interrogarsi su “questa cosa” in cielo sembra d’obbligo. Quindi, cosa sono le scie in cielo?
“E’ solo vapore acqueo, sono normalissime scie di condensa”, rassicura chi dovrebbe saperlo, ma chi non si fida parla di “scie chimiche”, parola che ha ottenuto una diffusione epidemica in tutto il mondo divenuta ormai parola chiave. Le chiavi però hanno una doppia funzione, possono aprire o chiudere, ma la funzione in questo caso qual è? A chi o a cosa serve? Cosa aveva in mente chi ha creato questo termine? E’ una composizione di parole del tutto casuale? Perché ha trovato una rapida diffusione planetaria come fosse virale? Ha una funzione di vettore-messaggero efficace e appropriata?
di Andrea Zennaro
(Avviso per coloro che non hanno letto il libro o visto la miniserie: contiene spoiler).
Dopo aver visto la miniserie 11.22.63 tratta dall'omonimo libro di Stephen King del 2011, che avevo letto alla sua uscita, mi sono tornati alla mente dei pensieri 'complottistici' inerenti al metodo di veicolare messaggi alle masse. La raffinatissima manipolazione mediatica attuata dai canali mainstream contemporanei per consolidare versioni ufficiali istituzionalizzate, che stanno in piedi su di un filo molto sottile, si insinua in modo subdolo per indottrinare le nuove generazioni.
Partiamo innanzitutto dal romanzo pseudo-fantascientifico di Stephen King basato sulla semplice idea di far viaggiare un uomo indietro nel tempo per impedire l'omicidio di John Fitzgerald Kennedy: l'idea è presa di sana pianta da un episodio della prima stagione della nuova serie de "Ai confini della realtà" (The Twilight Zone [1]) datata 1985. Nell'episodio in questione dal titolo "Dallas, novembre 1963" (Profile in Silver [2]), il professore di storia Joseph Fitzgerald, lontano parente del presidente e proveniente da duecento anni nel futuro, salva Kennedy: come nel romanzo di King, oltre al canovaccio molto simile del viaggio nel tempo e del protagonista professore, vi sono similitudini anche nelle conseguenze al mancato omicidio che portano ad un paradosso temporale che crea un continuum distopico apocalittico [3].
La miniserie televisiva 11.22.63, andata in onda negli Stati Uniti nel febbraio 2016 e prodotta da J.J. Abrams, non si discosta di molto dalla storia del libro:
Nel 2013 ho votato per i 5 Stelle, e continuerò a farlo finchè rimarrà un filo di speranza che questi ragazzi riescano a risanare il nostro sistema politico, marcio e corrotto.
Però non si può continuare a propagandare l'onestà come se fosse un biglietto da visita, da presentare all'interlocutore ancor prima di pronunciare il proprio nome.
Invece questo è quello che sta accadendo, sempre più spesso, con i 5 Stelle. Il caso più eclatante, che mi ha colpito particolarmente, è stato quello di Virginia Raggi, che lo scorso venerdì si è presentata da Mentana, a Bersaglio Mobile, dicendo sostanzialmente che i romani dovrebbero votare lei perchè è prima di tutto una persona onesta.
E' stato un gesto decisamente antipatico, pieno di presunzione e di saccenza. Ed infatti lo stesso Mentana, che di certo non è un nemico dei 5 Stelle, ha replicato dicendo "Va bè, che un candidato sia una persona onesta lo si presume in partenza, poi però ci vuole anche qualcos'altro".
In verità, la patente di onestà bisogna conquistarsela sul campo, comportandosi in modo corretto, trasparente ed utile per la comunità. Non puoi appiccicarti tu il bollino blu sulla fronte e andare in giro a dire "votate per me perchè sono onesto".
Nel corso della storia, moltissime persone sono morte senza che i loro meriti gli venissero riconosciuti dalle generazioni che le hanno seguite. Ma c'è anche una persona che rischia di aver fatto l'esatto contrario: ovvero, di avere ricevuto grandiosi onori nel corso della storia, senza esserseli minimamente meritati.
Questa persona è William Shakespeare.
Secondo molti storici, non fu affatto William Shakespeare a scrivere le monumentali opere che gli vengono attribuite, ma fu qualcun altro che utilizzò il suo nome, perché non voleva apparire pubblicamente come il reale autore di quelle opere.
La questione shakespeariana esplose sul finire dell'ottocento, e tenne occupati diversi studiosi a livello mondiale per i primi due decenni del secolo scorso.
Le motivazioni che portano a dubitare che sia stato Shakespeare a scrivere le opere che portano il suo nome sono diverse, ma si basano tutte su un assunto fondamentale: essendo nato, cresciuto e vissuto nel piccolo paesino di Stratford-upon-Avon - una cittadina dedita al commercio e alla pastorizia, ad un centinaio di chilometri da Londra - Shakespeare non poteva possedere la cultura letteraria e la conoscenza necessarie per scrivere le opere immortali che portano il suo nome.
Anzi, detto in termini più brutali, Shakespeare era un vero e proprio ignorante:
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