Da un articolo che voleva sottolineare gli aspetti positivi della legalizzazione della prostituzione è uscito un tale putiferio ideologico che impone di tornare sull’argomento - vista la sua importanza - per fare almeno un pò di chiarezza prima di lasciarlo definitivamente alle nostre spalle.
Tutto è nato dall’attributo di “civiltà”, riferito alla legalizzazione della prostituzione, che è stato percepito da alcuni come un assunto impostogli arbitrariamente, mentre a loro risultava tutt’altro che scontato.
Ne è scaturito un conflitto insanabile, che io ritengo vada attribuito ad una confusione iniziale fra due livelli completamente diversi della discussione: uno è quello del diritto individuale, l’altro è quello dei valori morali. Il livello del diritto è oggettivo, freddo e distaccato, ed è condivisible da chiunque, al di là delle opinioni di ciascuno. Caratteristica della legge infatti è proprio quella di essere “uguale per tutti” (almeno nelle intenzioni, si intende). Il livello morale invece è soggettivo, caldo ed emotivo, poichè comporta influenze di varia natura – culturale, psicologica, emotiva - che variano da persona a persona. I due livelli sono la testa e la pancia, la ragione e il sentimento, e quindi anche, per estensione, fatti e opinioni.
Sono due aspetti di fondamentale importanza nella vita umana, ma proprio per quello vanno tenuti rigorosamente separati nelle discussioni, poichè i valori morali, essendo soggettivi, finirebbero per togliere al processo analitico la caratteristica di oggettività che lo rende lo strumento, prezioso e insostituibile, che ci permette di vivere di comune accordo. Senza un parametro di riferimento oggettivo la mia opinione varrà sempre come la tua, e le nostre due varranno meno di niente. Non ci sarà quindi modo di derimere in modo soddisfacente una sola disputa che non comporti anche una valutazione soggettiva. Cioè praticamente tutte le dispute di questo mondo.
Nel nostro caso la confusione fra i due livelli è avvenuta nel momento in cui il termine “civiltà”, che era riferito ad un oggettivo passo avanti nella tutela del diritto individuale, è stato contestato in termini morali – cioè soggettivi – da chi percepisce la prostituzione con una particolare valenza negativa.
E poichè si trattava di un argomento che intacca svariati aspetti della nostra esistenza – sessualità, sfera affettiva, gratificazione personale, ...
di Marco Cedolin
Il megainceneritore di Acerra, inaugurato stamattina, avvelenerà l'aria ed il suolo attraverso le sue emissioni contenenti nanopolveri, diossina ed oltre 250 sostanze chimiche nocive che vanno dall’arsenico al cadmio al cromo al mercurio al benzene.
Farà aumentare l’incidenza dei tumori, delle malformazioni fetali e di una lunga serie di altre gravi patologie, fra la popolazione di un territorio già oggi conosciuto come “triangolo della morte” alla luce di una percentuale di patologie tumorali fra le più alte al mondo.
Produrrà energia in maniera assolutamente antieconomica, potendo sopravvivere economicamente solo grazie ai contributi Cip6 che tutti gli italiani dovranno continuare a pagare sotto forma di addizionale sulla bolletta elettrica. Produrrà energia in maniera assolutamente antiecologica, emettendo in atmosfera (oltre ai veleni) quantitativi di CO2 doppi rispetto ad una centrale a gas naturale di uguale potenza.
Distruggerà qualunque prospettiva di realizzare un moderno circolo virtuoso dei rifiuti, annientando la raccolta differenziata ed il riciclo, dal momento che i materiali più facilmente riciclabili, plastica, carta e cartone, sono anche quelli con più alto potere calorifico, indispensabili all’inceneritore per funzionare.
Ha già distrutto ogni anelito di democrazia, essendo stato costruito contro la volontà dei cittadini, ...
Quando mi iscrissi alla terza media, a Milano, ero appena rientrato da un paese straniero, dove avevo vissuto per qualche anno con la famiglia. L’impatto con i miei coetanei si presentava quindi come qualcosa di nuovo e sconosciuto, quasi come se dovessi affrontare di nuovo il “primo giorno di scuola”.
Dopo che fui presentato alla classe, i nuovi compagni mi si fecero intorno, e per prima cosa mi chiesero: “Tu sei dell'Inter o del Milan?”
Ricordo i loro sguardi ansiosi, che speravano di veder cadere dalla loro parte la nuova moneta, mentre io cercavo di spiegare imbarazzato che il calcio non mi aveva mai interessato più di tanto. Ricordo ancora meglio l'ondata di delusione collettiva che mi investì, facendomi sentire di colpo inutile e fuori luogo.
Un mese dopo recitavo a memoria la formazione dell’Inter, conoscevo la vita di Tarcisio e di Luisito come se fossimo cresciuti insieme, e avevo imparato a trattare i milanisti come la peggior feccia dell’umanità. (Non ricordo nemmeno perchè scelsi l’Inter. Forse per dispetto a qualcuno che il primo giorno aveva detto "che figo quello, sicuramente è un milanista").
Questo è il problema nella nostra società: se non sei con qualcuno non sei nessuno.
Quella dell’appartenenza al branco è una caratteristica ancestrale, che ci portiamo nel DNA e che possiamo riconoscere in molte specie animali. Non è quindi un “difetto” di per sè, nè tantomeno qualcosa che si possa liquidare come una semplice anomalia.
Bisogna però distinguere l’istinto primordiale di sopravvivenza, che porta l’animale a compattarsi con i suoi simili per difendersi dalle altre specie, e altre forme di polarizzazione, all’interno del gruppo, che non sempre sono naturali o necessarie.
La mia classe era composta tutta di ragazzi come me, e non c’era alcun bisogno di separare gazzelle da leoni, perchè fra noi non esistevano nè le une nè gli altri. Li stavamo creando noi in quel momento.
Anzi, l’ ”unità” sociale minima, a quell’età, è proprio la classe scolastica, ...
[All’interno video-intervista con trascrizione completa].
Ricordate la discussione su Obama-burattino? Abbiamo sbagliato tutti, a quanto pare, su un fronte come sull’altro.
Abbiamo dedicato notevoli energie, nei mesi scorsi, per cercare di capire fino a che punto fosse valida la teoria proposta da Webster Tarpley, nella quale Barack Obama sarebbe stato un candidato “costruito in laboratorio”, con una facciata vistosamente liberal, destinata a raccogliere i consensi di un popolo frustrato e confuso, ma con un’agenda strettamente imperialistica, coordinata dal “grande vecchio” del neo-colonialismo americano di fine secolo, Zibigniew Brzezinski.
Come ampiamente illustrato nel suo libro “The Grand Chessboard” (“Il grande scacchiere”), la filosofia di Brzezinski prevedeva di arrivare alla supremazia geopolitica tramite un indebolimento dell’impero sovietico, da ottenere con il progressivo passaggio dei suoi paesi-satellite alla sfera occidentale, accompagnato da una strategia che alimentasse una costante destabilizzazione fra Russia e Cina.
In tutto questo - secondo Tarpley – Obama era stato individuato come veicolo ideale per ripristinare questa strategia a discapito di quella, molto più limitata nelle ambizioni (e decisamente fallimentare sul campo), messa in atto dai neocons negli ultimi otto anni.
Contrariamente a Tarpley, c’era chi sosteneva che ormai i tempi fossero cambiati in maniera così radicale, rispetto agli anni ’80, che quel genere di politica sarebbe assolutamente improponibile oggi, chiunque fosse il presidente: con Russia e Cina più forti che mai, con un esercito logoro e insufficiente, con il paradigma energetico da rivedere alla radice, con un debito estero ormai fuori controllo, …
Marco Cedolin
Si chiama “Lay Off” ("licenziamento") ed è il nuovo videogioco realizzato dalla Tilfactor in collaborazione con la New York University, con lo scopo di spiegare le dinamiche sociali attraverso l’esperienza videoludica. Un proposito molto ambizioso, perseguito dai programmatori in maniera alquanto parcellare, dal momento che nel contesto ludico i “lavoratori” vengono rappresentati unicamente sotto forma di un’ inutile zavorra di cui occorre disfarsi al più presto con ogni mezzo, senza che la loro presenza costituisca alcun valore.
Le regole del gioco sono molto semplici (a dispetto di quanto risultino complesse nella realtà le dinamiche sociali che i soloni della N.Y. University intenderebbero spiegare) il divertimento assicurato solo nel breve periodo, la “morale didattica” assai impalpabile, dal momento che i realizzatori propongono come panacea alla crisi l’equazione più licenziamenti uguale più profitti, senza preoccuparsi di cosa accadrà quando l’impresa non avrà più dipendenti.
Il giocatore, non appena accomodatosi dinanzi alla console, si trasforma come per incanto da risorsa umana in “tagliatore di teste” sotto forma dell’amministratore delegato di una corporation che deve recuperare il profitto perduto, nell’unica maniera in cui è possibile recuperarlo (finchè dura) all’interno di una società profondamente malata come quella contemporanea, cioè licenziando i dipendenti in maniera implacabile. Con la malcelata soddisfazione determinata dalla metamorfosi (sia pur virtuale) da vittima ad aguzzino, ...
Fra le tante storie di cure naturali per il cancro soppresse nel secolo scorso dall’industria medica, quella di Renè Caisse è certamente una fra le più significative ed emblematiche di tutte.
Su Arcoiris è il filmato in alta risoluzione.
Nel primo filmato ”Cancro Ieri e Oggi”abbiamo visto come le priorità della medicina moderna siano state pesantemente condizionate dagli interessi economici e industriali, al punto da arrivare a capovolgere il paradigma stesso della scienza medica, …
Prima pagina quasi “storica” per il New York Times di oggi, dove le parole “Crimini di guerra” e “Israele” sono comparse ufficialmente una accanto all’altra per la prima volta, generando non poche ondate di fermento all’interno delle comunità ebraiche nel mondo.
Tutto è nato da un articolo di Haaretz di ieri, nel quale il quotidiano “liberal” di Tel Aviv denunciava apertamente i crimini di guerra commessi dai soldati israeliani durante l’invasione di Gaza, raccontati dagli stessi soldati.
Pare che vi fossero ordini espliciti ”da molto in alto” di distruggere, uccidere e devastare senza limitazione, dopo che i rabbini avevano adeguatamente infervorato i soldati con sermoni di carattere biblico, nei quali gli ricordavano che “chiunque all’interno della striscia di Gaza è un terrorista”, dandogli poi una forma di assoluzione preventiva per il genocidio che stavano per commettere.
Curiosamente, è la stessa cosa che faceva il vescovo di Zagabria, Stepinac, il quale assolveva preventivamente i soldati Ustasha che si apprestavano a massacrare ordodossi, zingari ed ebrei nei campi di concentramento comandati dai frati francescani.
Nulla di quanto rivelato dai soldati dell’IDF in realtà ci sorprende, ma il fatto che la notizia stia sulle prime pagine di Haaretz e del New York Times …
Bisogna innanzitutto tenere presente che quando il debunker scende in campo non è più un uomo, ma una MACCHINA: egli cioè agisce meccanicamente, comportandosi nello stesso modo di fronte ai problemi più disparati, poichè ha un’unica finalità che li accomuna tutti: smontare una teoria pericolosa per il sistema vigente, qualunque essa sia.
Questo offre da un lato il vantaggio della prevedibilità – ogni macchina è programmata per agire in un modo determinato – ma impone di lottare contro un avversario privo di ogni condizionamento morale, la cui unica finalità sia quella di schiacciare l’avversario, con qualunque mezzo a disposizione.
Alla fine Kasparov ha perso contro Deep Blue per un crollo emotivo, non perchè la macchina dell'IBM giocasse meglio di lui a schacchi.
Per il debunker quindi non c’è nessuna differenza fra il caso Kennedy o l’undici settembre: sono ambedue "teorie cospiratorie" che minacciano lo status quo, e vanno ambedue combattute con l'unico fine di poter dire che “non stanno in piedi”.
Per questo motivo, il debunker assomiglia alla squadra di provincia che vada a giocare in trasferta contro la regina del campionato. Per lui il pareggio basta e avanza: non deve segnare goal, deve solo evitare di prenderne. In altre parole, lui non deve dimostrare nulla rispetto al caso in questione, poichè la versione ufficiale gli dà già ragione per default. Sta invece al complottista trovarne il punto debole, perforare la difesa e segnare almeno un goal nei canonici 90 minuti.
Occhio naturalmente al contropiede, perchè capita spesso di buttarsi all’attacco con tale furia accecante (specialità del debunker è proprio quella di farti perdere prima o poi la pazienza) da ritovarsi ogni tanto a dire una stupidaggine, che il debunker ti fa subito pagare a carissimo prezzo: ti infilza sotto lo sguardo attonito dei tuoi tifosi,...
di Marco Cedolin
Gli studenti sono tornati in piazza un po’ in tutta Italia, da Milano a Torino, a Genova, a Firenze, a Roma, a Macerata, partecipando allo sciopero generale dei settori della conoscenza proclamato dalla CGIL. All’Università La Sapienza di Roma si è vissuta una mattinata di tensione fra i giovani che intendevano uscire in corteo dalla cittadella universitaria e le forze dell’ordine decise ad impedire un’azione che avrebbe violato il nuovo protocollo creato per limitare i percorsi dei cortei, varato recentemente dalla giunta Alemanno, in accordo proprio con le organizzazioni sindacali. La tensione è sfociata poi in alcuni scontri fra la polizia e gli studenti, molti dei quali sono rimasti contusi nel corso delle cariche.
A parte gli scontri alla Sapienza, che si sarebbero certo potuti evitare interpretando il protocollo in modo meno rigido, la sensazione lasciata da questa giornata in cui la protesta studentesca è tornata a fare parlare di sé, è quella di un’Onda molto ridimensionata tanto nella partecipazione quanto nelle prospettive, rispetto al movimento che lo scorso autunno riempiva le piazze al grido di “né rossi né neri ma liberi pensieri”. Dopo gli incidenti di Piazza Navona dello scorso Ottobre, creati ad arte dai molti che temevano gli effetti di una protesta forte ed unitaria del mondo studentesco affrancata dal controllo dei partiti politici, …
Parte Prima: A mean, lean, debunking machine
Per definizione, il debunker è una persona che si dedica sistematicamente a smontare qualunque teoria, ipotesi o forma di pensiero che vada contro la cultura imperante, contro il governo, contro le istituzioni, contro il modo di pensare corrente, contro il quieto vivere, insomma contro lo status quo in generale.
Il debunker “non ama le rivoluzioni”, sta bene nel suo brodo, e va in grande agitazione appena sente che c’è in giro qualcuno che rischia di obbligarlo a cambiare il confortevole arredamento del suo cervello.
Il debunker infatti assomiglia molto a quelle famigliole piccolo-borghesi che ci hanno messo più di un anno, dopo litigate furibonde, per decidere se il televisore al plasma andasse di fianco al caminetto, sotto la finestra, oppure fra la poltrona bella e il divanone a 3 posti. Una volta presa quella decisione, che li ha portati più di una volta sull’orlo del divorzio, non ne vogliono più sapere di spostarlo, nemmeno se viene la piena che si porta via il divano, la poltrona e pure la parete che c’è dietro. Moriranno in piedi, se devono morire, ma con il televisore al suo posto.
In realtà quella che abbiamo descritto è la classica “persona perbene”, quella che ha trovato il suo posticino nella società, e a questo punto è interessata solamente a mantenerlo. Non a caso costoro si chiamano anche “conservatori” (* vedi nota a fine articolo), nel senso che gli sta bene quello che hanno, e cercano in tutti i modi di conservarlo. (Dal che si deduce che il “progressista” sia invece uno che ha troppo poco, e che spera nel “progresso” – cioè in un domani migliore – per vedersi assegnare qualcosa anche lui).
Naturalmente, al mondo tutto è relativo: “conservatore” è Dick Cheney, che non ha nessuna voglia di perdere i quaranta milioni di dollari al mese che gli entrano con i titoli delle società petrolifere, e “conservatore“ è il doganiere svizzero che lavora al valico di Chiasso, che non ha nessuna voglia di perdere il suo villino color giallo-diarrea in cemento armato, con doppio garage, tavernetta e vista panoramica sul ponte dell’autostrada.
Ognuno conserva quello che può.
Tutto questo però non significa che i conservatori siano gente noiosa, anzi. Anche i doganieri svizzeri ogni tanto escono a far bisboccia con i loro amici, e a volte stanno fuori fino alle 10 di sera, …
A sei anni dalla legalizzazione della prostituzione in Nuova Zelanda, l’esperimento sembra aver dato risultati largamente positivi.
Mentre sul finire del secolo scorso l’Europa invertiva sorprendentemente la marcia, e vedeva paesi “avanzati” come la Norvegia e la Svezia proibire di fatto il mercato del sesso, la Nuova Zelanda del 2003 stupiva il mondo, equiparando l’attività delle case chiuse ad una qualunque altra attività commerciale, riconosciuta e regolamentata dallo stato fin nel minimo particolare.
Oggi la prostituta neozelandese è protetta da un contratto di lavoro alto 50 pagine, che specifica esattamente quali siano i suoi diritti, e quali siano gli obblighi nell'ambito della pratica professionale. Primi fra tutti l’obbligo per il cliente di utilizzare il preservativo in qualunque attività di tipo sessuale, l’imposizione di stretti controlli di tipo sanitario, e soprattutto il diritto della prostituta di rifiutare un cliente, se non le va, senza per questo dover subire minacce, ricatti o violenze di alcun tipo.
In fondo si tratta di un accordo commerciale come qualunque altro, per cui è evidente che ambedue i contraenti debbano essere d’accordo.
Ma soprattutto, da quando c’è stata questa innovazione, ...
Leggi tutto: Prostituzione: i fatti e le opinioni