Il primo ministro isrealiano Benjamin Netaniahu è in volo per Washington, dove incontrerà Barak Obama.
I rapporti fra i due non sono mai stati sereni, ed anzi lo stato di “crisi” è riconosciuto ufficiosamente da ambedue le parti. Nella sua prima visita a Washington, del marzo scorso, Netaniahu infatti fu trattato in modo gelido dal presidente americano, che lo ricevette solo a porte chiuse, e senza nessun riscontro mediatico.
Al cuore della crisi, come tutti sanno, è la richiesta dell’amministrazione Obama di congelare tutti i nuovi insediamenti, per riprendere “a bocce ferme” le trattative con i palestinesi. Ma nonostante i ripetuti appelli di Joe Biden, di Hillary Clinton, e dello stesso Obama, l’espansione israeliana continua imperterrita.
Quasi ad alzare la posta, nel suo ultimo viaggio a Washington Netaniahu aveva tenuto un discorso ... ... di fronte all’associazione delle lobby ebraiche in America, la AIPAC, riaffermando apertamente il diritto di Israele a continuare l’espansione degli insediamenti. La AIPAC è una associazione che si vanta apertamente di avere le simpatie di almeno metà del senato americano, di un terzo della camera, oltre a quella di innumerevoli politici in tutta America.
Dalla sua, Obama potrebbe far leva sul fatto che gli Stati Uniti aiutano annualmente Israele nella misura di circa 3 miliardi di dollari, ma per qualche motivo il presidente americano sembra restìo ad utilizzare quest’arma, nel prolungato braccio di ferro con il leader israeliano.
Vi fu solo un caso nella storia recente, a quanto risulta, in cui il “leverage” monetario fu applicato direttamente dall’Ufficio Ovale contro Israele: fu il presidente George H. Bush, che nel 1991 chiuse letteralmente i rubinetti dei finanziamenti USA a Israele, finchè riuscì ad obbligare Shamir a partecipare alla conferenza di pace di Madrid.
Ma quelli erano tempi diversi, nei quali lo stesso Bush aveva potuto
permettersi di dire “Fanculo agli ebrei, tanto quelli non ci votano comunque”, senza suscitare nessuno scandalo internazionale. Oggi la stessa proposta di bloccare i finanziamenti, fatta circolare inizialmente dall’inviato di Obama in Medio Oriente, Mitchell, ha suscitato una violentissima alzata di scudi fra i senatori americani, capeggiati dal “solito” Lieberman e dal “venduto” McCain.
Non si comprende quindi cosa possa sperare di ottenere Obama da Netaniahu, visto che non avrebbe comunque l’appoggio interno necessario per minacciarlo in alcun modo. Anzi, talmente forte sembra in questo momento la posizione di Israele, che viene addirittura il dubbio che questo viaggio possa “servire” allo stesso Netaniahu più che a chiunque altro. Un pò come accadde nell’ultimo viaggio di Sharon alla Casa Bianca, quando un violento attentato “palestinese” in Israele costrinse addirittura il premier a fare inversione di marcia, e ritornare in patria senza nemmeno toccare terra. Ma con in mano, naturalmente, il lasciapassare per un’altra ondata di massacri contro il popolo palestinese.
Chissà se Netaniahu sarà altrettanto fortunato?
Massimo Mazzucco