Chi l’avrebbe mai detto che un personaggio come Barack Obama – il “liberal” per eccellenza del partito democratico, il teorico del “movimento dal basso”, l’amico di presunti “rivoluzionari”, il propugnatore della trasparenza governativa – una volta eletto presidente avrebbe scelto fra i suoi più stretti collaboratori un professore di legge che suggerisce apertamente di infiltrare i vari gruppi di “complottisti” esistenti al mondo (in rete e non), con l’intento di indebolire le loro tesi dall’interno, e di togliere loro credibilità di fronte al resto dei cittadini, che rischiamo altrimenti di perdere fiducia nelle istituzioni?
Ebbena la cosa è avvenuta, esattamente come l’abbiamo descritta, negli ultimi due anni. Il personaggio in questione si chiama Cass Sunstein, ed il documento a cui ci riferiamo si intitola “Conspiracy Theories” (“Le teorie del complotto”), la cui prima stesura risale all’agosto del 2008.
La data è perlomeno curiosa, visto che corrisponde proprio al momento in cui apparve chiaro che Obama avrebbe vinto le elezioni, scatenando intorno a sè la classica “corsa” per saltare sul carro del vincitore, ovvero la frenetica kermesse, fra i personaggi più disparati, per guadagnarsi la simpatia del futuro presidente, e quindi un posto al sole nella nuova amministrazione.
Sarà sempre soltanto un caso, ma l’ex-professore di Harward è diventato oggi uno dei consiglieri più fidati di Obama, e dirige il potente ufficio dell’OIRA (“Office of Information and Regulatory Affairs”), che si occupa di valutare i potenziali effetti delle nuove legislazioni sul futuro della nazione. Sembra un semplice esercizio per intellettuali, ma in realtà l’OIRA è diventato un passaggio obbligato per vedere qualunque disegno di legge diventare realtà. Se per caso una nuova legge non piace a Sunstein, il presidente rischia di non firmarla.
Vale quindi la pena di studiare più a fondo il documento di Sunstein sul “complottismo”, ...
Da qualche tempo sta iniziando ad accadere nel dibattito sull’11 settembre la stessa cosa che è accaduta con il caso Kennedy: una volta esaurite la raccolta e la presentazione di tutti gli elementi che contraddicono la versione ufficiale, il dibattito si cristallizza su alcuni aspetti specifici della vicenda, ed apre una serie di discussioni secondarie che sono destinate a restare irrisolte per propria natura, mentre rischiano di allontanare l’attenzione dal problema centrale.
A causare questo problema sono spesso gli stessi “complottisti”, che nell’impeto di voler dimostrare a tutti i costi la propria tesi si spingono a dare spiegazioni che non gli competono, assumendosi in quel modo l’onere della prova. Fanno così un piacere immenso al debunker, che non vedeva l’ora di liberarsi da quel peso, e che può adesso scorrazzare liberamente su un territorio nel quale può finalmente giocare al contrattacco.
E’ stato il caso del “proiettile magico” nell’omicidio Kennedy, salito alla ribalta con il film “JFK” di Oliver Stone, e lo sta diventando nell’11 settembre la questione della thermite nelle Torri Gemelle.
Con il tentativo di dimostrare l’impossibilità del proiettile magico, infatti, Stone si è assunto l’onere della prova, e lo ha fatto anche – thank you very much - per conto di tutti gli altri “complottisti” del caso Kennedy. Da quel momento in poi la macchina mondiale del debunking ha avuto gioco facile, ...
Dopo essermi trasferito a Hollywood, una quindicina di anni fa, mi ritrovai a lavorare per un certo periodo come sceneggiatore per Dino de Laurentiis. Pur essendosi “americanizzato” più degli stessi americani, dal punto di vista produttivo, de Laurentiis ha sempre accolto benevolmente gli italiani che cercavano di farsi strada nel complesso mondo del cinema di Hollywood.
Purchè naturalmente avessero capito che “qui siamo in America, quindi scordati tutto quello che hai imparato in Italia”.
Gli incontri di lavoro con lui erano sempre veloci ed essenziali, dritti al punto, ma in quei brevi momenti ho avuto modo di cogliere alcuni aspetti della sua personalità che mi sono rimasti impressi in modo particolare. Ricordo soprattutto la sua stupefacente capacità di scartare immediatamente, senza il minimo dubbio, le idee “buone” da quelle “cattive”. Lo faceva a livello istintivo, in un millesimo di secondo, senza mai ragionarci sopra, e se per caso gli chiedevi “mi scusi Dino, ma perchè questo non dovrebbe andare bene?”, lui rispondeva brusco “Non lo so, non funziona e basta. Andiamo avanti”.
Soltanto una volta ebbi la forza di contestare una sua posizione, e la pagai molto cara. Giunti verso la metà di una sceneggiatura che stavamo costruendo insieme, …
Se chiedi ad un uomo dove sta il prosciutto in frigo, ti dirà “nel terzo ripiano in basso a destra”, se lo chiedi ad una donna ti dirà “di fianco all’insalata, sotto i formaggi”. Se chiedi ad un uomo le indicazioni per l’ufficio comunale ti dirà “terzo semaforo a destra, prima a sinistra e poi subito a sinistra”, se lo chiedi ad una donna ti dirà “vada avanti finchè vede una grande casa gialla, giri dove c’è la fontana, e subito prima del supermercato trova il comune”. Se chiedi ad un uomo di descrivere una persona che ha appena incontrato ti dirà “circa 1,70 di altezza, sugli 80 chili, aveva un accento bergamasco”, se lo chiedi ad una donna ti dirà “un pò più basso di te, grassottello, parlava un pò come lo zio Toni.”
Perchè?
Per quanto ovviamente vi siano delle eccezioni, il fatto stesso che si possano fare delle generalizzazioni di questo tipo significa che siamo di fronte ad una differenza sostanziale nel modo di operare dei due cervelli.
La cosa stupefacente è che non esista – almeno a quel che mi risulta - una adeguata letteratura scientifica in merito. Con delle differenze così palesi e marcate, infatti, ci si aspetterebbe di trovare dozzine e dozzine di ricerche di tipo psicologico su questo argomento, mentre sembra quasi che la differenza “operativa” dei due cervelli venga intenzionalmente ignorata dalla scienza ufficiale. (Forse perchè non sono in grado di spiegarla?)
In ogni caso, sembra di poter dire che il cervello maschile tende a lavorare in modo astratto (o “strutturale”), mentre quello femminile tende a lavorare in modo concreto (o “formale”). In altre parole, quando un uomo dice “terzo ripiano in basso a destra” utilizza una analisi strutturale del frigorifero (astratta, appunto), mentre quando la donna dice “di fianco all’insalata” utilizza una percezione visiva del medesimo, ovvero concreta.
Lei “vede fisicamente” il prosciutto accanto all’insalata, ...
Un nuovo rapporto ISTAT rivela che in Italia il 26,4 % dei giovani fra i 15 e i 25 anni sono disoccupati. C’è poi un altro milione e mezzo di giovani che lavorano come “parasubordinati”, ovvero con contratti a termine, con salari ridotti e con diritti e sostegno sociale limitati. Ci sono poi i lavoratori in cassa integrazione, che rischiano prima o poi di diventare disoccupati loro stessi.
Insomma, essere giovani in Italia è un incubo, che fra l’altro ha origini tutt’altro che recenti: è già dai primi anni ’80 che le nuove generazioni di italiani soffrono per una cronica mancanza di posti di lavoro, alla quale va aggiunto il continuo decadimento del valore del titolo di studio.
E proprio di recente il governo ha pensato bene di inserire, nell’ultima finanziaria, un ulteriore taglio alle borse di studio del 90%.
Naturalmente, con questo tipo di politica non viene certo incoraggiata la specializzazione, nè tantomeno l’imprenditorialità di qualunque tipo. Oggi il giovane non ha la minima possibilità di guardare al proprio futuro, e per lui sopravvivere nel presente è già un successo enorme.
Siamo quindi di fronte ad una generazione di nuovi schiavi, …
Il 54% degli elettori della California ha votato contro la legalizzazione della marijuana, il 46% ha votato a favore. La cosiddetta “Proposition 19”, uno dei tanti referendum inseriti nella scheda elettorale delle “midterm elections”, è stata così respinta.
Molti si aspettavano che lo stato più “liberal” della confederazione, dal quale sono nate praticamente tutte le rivoluzioni culturali del secolo scorso, avrebbe dato il via ad una serie di riforme tese a legalizzare la marijuana in tutto il paese, ma la strada da percorrere evidentemente è ancora molto lunga.
Due sono gli ostacoli maggiori che si pongono su questo percorso: il primo, di tipo culturale, è dovuto alle false credenze, profondamente radicate nella popolazione, sulla dannosità effettiva della marijuana. Nonostante sia dimostrato che alcohol e tabacco siano molto più dannosi della marijuana, gli effetti della propaganda contro la cannabis, durata per molti decenni, si fanno risentire ancora oggi.
In questo senso hanno avuto gioco facile i proibizionisti, ...
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