"La prossima grande battaglia che dovrà affrontare l’America molto probabilmente avrà a che fare con la guerra cibernetica". Lo
ha detto Leon Panetta, il nuovo direttore della CIA, ai senatori di Washington che si accingono ad approvare definitivamente la sua nomina. “La prossima Pearl Harbor - ha specificato Panetta - sarà probabilmente un attacco cibernetico che mette in ginocchio la rete elettrica americana ed i suoi sistemi di sicurezza e finanziari”.
Oddio, c’è qualcuno che crede davvero che in America esista un unico bottone, nascosto da qualche parte, con la scritta “Per mettere in ginocchio la rete elettrica, i sistemi di sicurezza e quelli finanziari premere qui”? E’ evidente che le cose non possano essere così semplici, ma quando i politici americani “giocano a fare le persone serie” gli scappano anche delle stupidaggini del genere.
“Dovremo prendere sia misure difensive che misure aggressive per fronteggiare questo problema” – ha infatti concluso Panetta, in quella che sembrava una sceneggiatura già vista e rivista migliaia di volte: la creazione di un nuovo nemico.
Già il mese scorso il Pentagono
aveva dichiarato che “un qualunque attacco cibernetico da parte di una nazione avversaria, ... ... che danneggi le infrastrutture critiche degli Stati Uniti o la sua capacità militare, potrebbe essere considerato un atto di guerra”.
È stato il Wall Street Journal
a rivelare l’esistenza di una documento del Pentagono, non ancora reso pubblico, nel quale si dice chiaramente che "una operazione di cibersabotaggio potrebbe scatenare una risposta americana in termini di bombe e di proiettili". (Come se sapessero anche rispondere in altri modi, fra l’altro).
Ad aggiungere peso a questa presa di posizione ci ha pensato Henry Kissinger in persona, il quale non ha fatto mistero che il principale indiziato per questo potenziale attacco cibernetico sia proprio la Cina.
L’altro ieri Kissinger
ha dichiarato che “gli Stati Uniti e la Cina dovranno raggiungere un accordo ad alto livello per limitare lo spionaggio e gli attacchi cibernetici”.
Sembra quindi di capire che ci sia la solita commistione di preoccupazione reale e di opportunismo politico. Da una parte, nessuno fatica a credere che i cinesi abbiano già tentato in mille modi – e probabilmente siano anche in parte riusciti - a raccogliere notevoli quantità di informazioni “private” dalla rete americana. Dall’altra c’è invece la paura più generica della vera forza di Internet, che non è tanto quella di “procurare al nemico informazioni riservate”, quanto quella di vedersi potenzialmente ribaltare il cadreghino dalla sera alla mattina, da parte di una popolazione sempre più informata ed attenta, che ormai in tutto il mondo sta raggiungendo livelli di consapevolezza decisamente pericolosi per i cosiddetti poteri forti.
Noi lo abbiamo scritto già tanti anni fa, e non possiamo che ripeterlo: sarà sicuramente nel campo dell’informazione - e quindi sul terreno della rete - che si combatterà la vera Armageddon, la grande battaglia finale fra il popolo che finora è stato mantenuto nell’ignoranza e quei pochi eletti che fino ad oggi - grazie a quell’ignoranza - lo hanno tenuto schiavo.
Alla fine saranno i poteri forti a distruggere Internet, o sarà Internet a distruggere i poteri forti? Perchè qui, a quanto pare, tertium non datur.
Massimo Mazzucco