Questo articolo è stato scritto all’indomani dell’intervento del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu all’Assemblea generale delle Nazione Unite. Tale intervento si è tenuto meno di un mese fa, il 22 settembre 2023 e ha fatto molto discutere il fatto che Netanyahu mostrò una mappa del Medio Oriente senza Palestina. Alla luce degli eventi di sabato scorso, dell’operazione di Hamas e della reazione di Israele, quella “mappa” di Netanyahu assume un significato particolare...
di Brett Wilkins – CommonDreams
22 SETTEMBRE 2023 - Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto arrabbiare i palestinesi e i loro difensori venerdì dopo aver presentato una mappa del “Nuovo Medio Oriente” senza la Palestina durante il suo discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York.
Parlando ad un’aula in gran parte vuota, Netanyahu – il cui governo di estrema destra è ampiamente considerato il più estremo della storia israeliana – ha mostrato una serie di mappe, inclusa una che non mostrava la Cisgiordania, Gerusalemme Est o Gaza. Questi territori palestinesi sono occupati illegalmente da Israele dal 1967, ad eccezione di Gaza, da cui le forze israeliane si sono ritirate nel 2005, pur mantenendo una stretta economica sulla fascia costiera densamente popolata.
Lo avete notato? Ci sono due grandi assenti dalla stampa nazionale: il “ritorno del covid” e la “crisi climatica”. Questi due temi sono completamente scomparsi dall’informazione di regime, e non è un caso.
All'inizio dell'autunno, le farmaceutiche hanno iniziato ad attrezzarsi per la nuova campagna vaccinale, e hanno cominciato a fare pressione sulla stampa nazionale perchè spargesse fra i cittadini una nuova ondata di paura. E i nostri pennivendoli, ubbidienti, si sono messi di buona lena a pubblicare notizie sul “ritorno del covid” con tutte le sue “pericolosissime varianti”, e sugli ospedali che "ricominciano a riempirsi" in ogni parte d'Italia.
Ma gli è andata male. La paura non c'è stata, la campagna vaccinale non è mai partita, e persino gli stessi medici ora si rifiutano di aderire. Il flop è stato tale che Big Pharma ha deciso di non insistere, e piano piano, senza farsene accorgere, le notizie sul “pericolo covid” sono scomparse dai nostri giornali.
Mi ha sinceramente stupito il vedere, nelle ultime settimane, i maggiori esponenti della stampa di destra strillare all’unisono come galline spennate contro “il terrorismo di Hamas”.
Come se fosse genuino.
Forse i vari Belpietro, Capezzone, Porro e Sallusti non sanno che Hamas è una creazione di Netanyahu, il quale ne ha voluto la nascita, e l’ha poi foraggiata in tutti i modi – politicamente ed economicamente - in modo da poterla utilizzare al momento giusto per perseguire la propria agenda personale.
Se queste cose le dicessi io, lascerebbero il tempo che trovano. Ma le dice Haaretz, una delle più importanti testate giornalistiche israeliane.
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Questo documentario di Marco Bellini affronta quello che per la scienza è il tabù dei tabù: la nascita dell'universo, e la necessità evidente di un progetto intelligente.
- Attacco aereo di Israele sull'ospedale battista. Autorità di Gaza: Almeno 500 morti LINK
- Secondo Israele, la distruzione dell’ospedale di Gaza è stata dovuta al lancio sbagliato di un razzo da parte di Hamas.LINK
- Un rappresentante di alto livello di Hamas dice alla BBC che l'organizzazione è disposta a rilasciare immediatamente tutti gli ostaggi, se Israele cessa di attaccare Gaza LINK
Ci risiamo, la giostra ricomincia.
La situazione politica si stava facendo insopportabile per Netaniahu, e l’opinione pubblica mondiale si stava rivoltando contro il massacro programmato dei palestinesi di Gaza. Ed ecco che puntuale arriva il solito “folle solitario” che urla “Allah Akbar” e uccide a caso i passanti in una capitale europea, distraendo così l’attenzione dai fatti di Palestina.
Da oggi scompare magicamente la parola “Gaza” dai titoli dei giornali, e compare un nuovo spettacolo pirotecnico che richiama la nostra attenzione su problemi molto più vicini a casa.
Su tutti i quotidiani campeggiano i titoli a nove colonne, che ci indicano chiaramente dove dobbiamo (e dove NON dobbiamo) guardare: il Corriere: “Torna la paura in Europa”. La Repubblica: “Il ritorno del terrore”. La Stampa: “Terrore a Bruxelles”. Il Giornale: “Torna l’ISIS, strage a Bruxelles”. (Fra le grandi testate soltanto “Il Fatto Quotidiano” – onore a Travaglio – non casca nella trappola, relega a pagina 9 l’attentato di Bruxelles, e continua invece a battere il ferro sul vero problema: il titolo a 9 colonne è “Biden, Putin e Xi provano a tenere fermo Netaniahu”).
Nell’arco di 6 giorni Israele ha rovesciato su Gaza oltre 6000 bombe, quasi la stessa quantità di bombe usate dagli americani in Afghanistan nel corso di un anno. Sono già 2650 i morti palestinesi accertati, più del doppio dei morti causati da Hamas la scorsa settimana. 64.000 sono gli edifici di Gaza gravemente danneggiati, fra cui più di 5.000 quelli già distrutti interamente. E sotto quelle macerie ci sono probabilmente centinaia di cavaderi ancora da scoprire. La popolazione è senza acqua corrente, senza elettricità, e le riserve di cibo stanno per finire. Il sistema di depurazione delle acque è stato distrutto, per cui anche se l’acqua dovesse tornare, non sarebbe comunque potabile. Non essendoci elettricità non funzionano i cellulari, ed è quindi impossibile comunicare una qualunque emergenza. Anche i sistemi fognari sono bloccati. La ambulanze faticano a raggiungere i feriti, a causa delle strade bloccate dalla macerie. A loro volta, gli ospedali sono saturi, e i feriti che continuano ad arrivare vengono curati ormai sul pavimento, con quel poco di medicinali che ancora rimangono. Nessun corridoio umanitario è possibile, nessuno può mandare aiuti alla popolazione palestinese, perchè Israele blocca qualunque tipo di aiuto dall’esterno.
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“DOA” è un acronimo molto usato dagli americani, che significa Dead On Arrival, ovvero “morto all’arrivo”. Si usa spesso per le emergenze mediche, quando il paziente viene trasportato d’urgenza all’ospedale, ma quando arriva è già morto.
Questa è proprio la fine che rischia di fare l’auto elettrica: partita una decina di anni fa con grandi strombazzi e annunci di “rivoluzione planetaria”, l’auto elettrica rischia di arrivare finalmente sui mercati mondiali come un cadavere che cammina.
Non solo abbiamo visto in passato le difficoltà di sostenere un vero vantaggio ecologico in questa “rivoluzione tecnologica”, ma gli incidenti sempre più frequenti che riguardano l’uso delle batterie al litio non fanno certo da incentivo dal punto di vista commerciale.
E se per ora i costruttori continuano a fingere che “va tutto bene sul fronte dell’elettrico”, ci stanno pensando le agenzie di assicurazione a rendere improponibile una vasta diffusione dell’elettrico nei prossimi anni. Già oggi nel Regno Unito le assicurazioni rifiutano categoricamente le auto elettriche, oppure applicano rincari sino al 940%.
Nelle moderne “società democratiche” non è pensabile esercitare apertamente la censura, come si fa invece disinvoltamente nelle dittature. E’ stato quindi necessario inventare un escamotage linguistico, per continuare ad applicare il controllo sulle idee senza apparire dittatoriali. Il termine inventato è “disinformazione”. Il potere si arroga il diritto di stabilire cosa sia “disinformazione”, dopodichè pretende di sopprimere qualunque idea scomoda utilizzando questa etichetta.
E nessuno – questo è il paradosso meraviglioso - può metterla in discussione. Pensateci bene: in una società libera e democratica un autonominatosi giudice delle idee (il famoso fact-checker) stabilisce che una certa testata diffonde “disinformazione”, e quando questa testata chiede di elencare nello specifico dove sarebbe questa “disinformazione”, la risposta gli viene negata.
E’ esattamente quello che è successo a Elon Musk di recente.
Leggi tutto: Quel "piccolo particolare" della mappa che Netanyahu ha presentato all'ONU