Non è necessario essere esperti di spionaggio per capire chi stia mentendo clamorosamente nello scandalo delle intercettazioni della NSA: basta usare la logica.
Ad esempio, per giustificare il programma segreto di intercettazioni, il capo della NSA, generale Alexander, ha dichiarato che "questo massiccio utilizzo delle intercettazioni è servito a sventare dozzine di attacchi terroristici" pianificati contro gli Stati Uniti.
Come mai allora, signor Alexander, non avete mai eseguito un solo arresto fra coloro che progettavano questi attentati? Volete dirci che siete così bravi da individuare, fra miliardi e miliardi di comunicazioni inutili, quelle che riguardano la pianificazione di un attentato, ma poi non siete capaci di arrestare nemmeno uno di questi "pianificatori"?
Ma poi, signor Alexander, come sarebbe possibile "sventare" un attentato se non si arresta chi lo ha progettato? Cosa fai? Lo spaventi per e-mail, dicendogli "stai attento che se ci provi ti faccio un mazzo così"?
Secondo esempio: sempre per giustificare la segretezza del programma di intercettazioni, ...
In Italia arrivano notizie confuse sugli scandali esplosi ultimamente negli Stati Uniti riguardo alle intercettazioni telefoniche e alla violazione della privacy dei cittadini.
Uno dei motivi della confusione è dovuto al fatto che si tratta in realtà di diversi scandali separati, che sono venuti alla luce nell'arco di poco tempo, sovrapponendosi uno all'altro.
Il primo è stato quello denunciato dalla Associated Press qualche settimana fa, quando si venne a sapere che il ministero di giustizia (FBI) aveva acquisito di nascosto i tabulati di migliaia di telefonate fatte dai giornalisti della nota agenzia di stampa, nella primavera di quest'anno.
I giornalisti di tutta America protestarono compatti, gridando che la loro libertà professionale - e quindi la libertà di espressione in senso lato - venivano minacciate. La Casa Bianca sia giustificò dicendo che stavano cercando di scoprire la "gola profonda" che aveva fatto trapelare alla stampa alcune informazioni riservate sui fatti di Bengasi. E così, con la scusa nella "sicurezza nazionale", se la cavarono in qualche modo.
Poi ci fu la rivelazione che il governo americano raccoglieva indiscriminatamente dati sulle comunicazioni telefoniche di tutti cittadini americani che utilizzavano Verizon, una delle 3 più grandi società di telefonia degli Stati Uniti.
In questo caso la giustificazione del governo fu che "si tratta di un'azione resa legale nel 2012 ed approvata da ambedue i maggiori partiti del Parlamento". [...]
Ci voleva la morte di un nostro bersagliere per ricordarci che il nostro esercito è ancora presente in Afghanistan, come parte delle forze NATO di invasione.
Ufficialmente eravamo andati a "difendere" il nostro alleato americano da coloro che lo avevano "attaccato" l'11 di settembre 2001, ovvero l'organizzazione terroristica di Al-Queda, capitanata da Osama bin Laden. (Come è noto l'articolo 5 della NATO permette di intervenire a fianco di un alleato solo se questo sia stato precedentemente attaccato da forze ostili).
Non dimentichiamo quindi che - nonostante la bugia dell'11 settembre - ufficialmente il nostro nemico non sono mai stati i Talebani (il gruppo etnico-religioso che governava in Afghanistan nel 2001, e che si era addirittura offerto di consegnare bin Laden agli americani, se questi gli avessero mostrato le prove della sua colpevolezza per l'11 settembre), ma appunto l'organizzazione terroristica guidata dello sceicco saudita.
Ora, noi sappiamo bene che il vero Osama bin Laden è morto nel dicembre 2001, e che quella di Al-Queda fosse una scusa patetica, preconfezionata, per invadere una nazione di enorme importanza geostrategica come l'Afghanistan. Ma ora che è morto anche il finto bin Laden, e che Al-Queda è stata ufficialmente decimata, nemmeno la scusa di facciata regge più. Che cosa ci facciamo, quindi, ancora in Afghanistan? Perché nessuno ce lo spiega?
Se andiamo a leggere il sito della ISAF, la International Security Assistance Force della NATO ...
Il problema non sono le ragazze di Arcore. Donne che concedono prestazioni sessuali in cambio di denaro e di favori da parte di uomini potenti ce ne sono sempre state.
Fatta eccezione per le minorenni, una qualunque ragazza che faccia una scelta di questo tipo lo fa in modo libero e indipendente. Nessuno la obbliga ad andare ad Arcore con la forza, quindi se ci va vuol dire che avrà deciso che ciò che sta per ricevere vale più di ciò che dovrà dare in cambio.
Anche in questo campo valgono le regole del libero mercato.
Qui non stiamo parlando di prostitute da strada, che vivono una vita di schiavitù vera e propria, nella quale non hanno nessuna possibilità di scelta. Qui stiamo parlando di prostituzione d'alto bordo, dove una ragazza porta a casa 1000 euro per fare una visita con lo stetoscopio al presidente del consiglio travestita da infermiera.
Nel caso di Arcore quindi il problema non sono le prostitute, ma casomai i prostituti, cioè tutti coloro che sono invece obbligati a svolgere il loro ruolo di comprimario pur di non perdere la loro posizione privilegiata alla corte di re Artù.
Prostituto è Lele Mora, che svolge il suo ruolo di "raccoglitore" di giovani corpi da mandare al macello per poter mantenere la propria posizione privilegiata ...
Leggi tutto: Lettera aperta a Massimo Mazzucco (quale sarà il prossimo film?)