UN MORTO DI TROPPO
Fra le fila dell'esercito americano muoiono mediamente una ventina di soldati alla settimana, e ormai i media nazionali non ci fanno più caso. Fra il silenzio complice della destra repubblicana, che conta soltanto i barili di petrolio recuperati ogni giorno che passa, e la vuota retorica commemorativa della sinistra liberal, che recita ogni sera in TV in nomi dei morti sul campo in un penoso rosario ipocrita, i marines che non torneranno piu a casa sono diventati ormai delle cifre statistiche che lasciano il tempo che trovano.
Ne muore invece uno solo dei nostri, e l'Italia si ricorda di colpo di essere in guerra, abbandona il desco congiunto del festino perenne, e si spacca rumorosamente in due, anche se nella confusione della recita improvvisata si ritrova a ruoli invertiti: da una parte la vuota retorica della destra "patriottica", che inneggia all'eroismo, al senso del dovere e ai valori della democrazia, ...
PAESE CHE VAI, DEMOCRAZIA CHE TROVI
Oggi è la festa della democrazia globale. Oggi il Presidente degli Stati Uniti George W. Bush, democraticamente eletto secondo il supremo principio della Costituzione "one person, one vote", è stato insediato alla Casa Bianca per un altro quadriennio di pace e di prosperità nel mondo.
E come chiave del suo discorso inaugurale, il Presidente ha giustamente scelto di ricalcare i termini di quella che è stata la caratteristica vincente del suo primo quadriennio: "combattere e debellare la tirannia nel mondo". La ricetta, ormai la conosciamo, è relativamente semplice: abbattere i tiranni, instaurare la democrazia.
Una prova evidente del successo di questa formula l'abbiamo avuta oggi in Afghanistan, dove un potente ...
FIRE DEPARTMENT - FRATELLI DI SANGUE
Ieri sera ho portato la mia macchina dal meccanico. Quando sono arrivato (vivo in una città degli Stati Uniti), c'era parcheggiata fuori, fra le altre auto in riparazione, un'ambulanza del locale Fire Departement, il Corpo dei Pompieri. Nell'ufficio c'era un pompiere, vestito in divisa "civile" (molto simile a quella dei poliziotti), che stava pagando il conto. Mentre la sua radio, appesa alla cintura, gracchiava comunicazioni di servizio, ho notato sulla spalla il distintivo rosso e oro della sua unità che luccicava con orgoglio, e mi è venuto istintivo dire: "Fire Department, i veri eroi di oggi! Gli unici che rischiano la vita per gli altri senza guadagnare una lira". Il pompiere, senza alzare gli occhi dalla fattura che stava firmando, ha annuito con la testa e ha risposto "Puoi ben dirlo, amico".
Poi si è tirato su, e mi ha guardato dritto in faccia. Era un nero alto quasi due metri, con gli occhi scuri e pungenti e col sorriso largo quanto la mascella. A quel punto non ho saputo resistere: "E' vero quello che ho letto da qualche parte - gli ho chiesto - che i "fratelli" di New York non avevano le radio adatte per lavorare in edifici così alti,
UNA LEGGE PER TUTTE LE LEGGI
Nella discussione seguita all'articolo "Ideali, non ideologie", qualcuno ha posto la famosa "domanda da un milione di dollari": ideali sì, ma quali? Facile infatti concepire un mondo in cui si agisca solo in base a principi assoluti, ben più difficile indicare questi principi con nome e cognome. Definisci "fratellanza", se ci riesci. Oppure "giustizia".
Forse allora la soluzione sta non nell'elencare a monte una determinata serie di principi ideali, ma nel ridurre le nostre leggi talmente al minimo da imporre a questi ideali di venire fuori per forza, di definirsi da soli, di cristallizzarsi per effetto delle azioni umane, invece di essere loro a guidarle. Una specie di "omeopatia morale", che responsabilizzi l'individuo e lo obblighi a scoprire da solo, di volta in volta, la cura migliore per ogni caso specifico.
Come riuscirci? Proviamo ad immaginare un "Codice civile e penale unificato", in cui l'unica regola rimasta, per tutti e per tutto, indistintamente, …
ATTENTI ALLA BOMBA GAY
Se questo è quello che è scappato, dei "segretissimi" progetti del Pentagono per sviluppare cosiddetti "non-lethal weapons" (armi non-letali), chissà cosa bolle in pentola di cui non sappiamo o non sapremo mai niente. Negli USA sta facendo il giro dei telegiornali mattutini la notizia che fosse allo studio una bomba a base chimica, la cui esplosione avrebbe liberato nell'aria effluvi capaci di trasformare un intero esercito di cattivissimi in un'orda assatanata di omosessuali, dediti a rincorrersi l'un l'altro nelle trincee ed accampamenti nemici. Make love not war 2, la vendetta.
Il Pentagono ha subito smentito che la cosa fossa stata ...
E IL SETTIMO GIORNO CI RIPENSO'
E durata solo una settimana l'illusione - almeno per chi ci aveva creduto - di vedere un cambiamento nel tormentato braccio di ferro fra palestinesi e israeliani, in seguito all'uscita di scena di Arafat.
Additato come un paria politico ormai anche dai paracarri, il tignoso leader palestinese aveva voluto restare in sella fino all'ultimo, prolungando di qualche anno un'agonia politica che era chiaramente iniziata con il fallimento degli accordi con Ekud Barak.
Il mondo non saprà mai con precisione che cosa davvero fosse stato offerto ad Arafat in quel frangente, ma di sicuro sappiamo ...
UN ALTRO GRADO DI TERRORISMO
di Stefano Serafini
Bisognerebbe prima di tutto chiarire un equivoco, collegato a quello dell'uso invalso della parola "terrorismo". "Terrorista" è per definizione chi opera con il fine di terrorizzare, destare sconcerto nell'opinione pubblica, ad es. colpendo indiscriminatamente civili inermi (la strage di Piazza Fontana, la strage dell'Italicus, le bombe al Velabro e a S. Giovanni a Roma). Non è terrorista, ma mero criminale, guerrigliero o nemico, chi usa violenza contro un obiettivo dichiarato e identificabile (non sono atti di terrorismo il rapimento e l'uccisione di Moro da parte delle BR che è un assassinio politico, né la strage di Nassirya che è un atto di guerra).
E' evidente quanto sia strumentale l'abuso della parola "terrorismo" da parte delle amministrazioni occidentali e dei loro media per stigmatizzare i propri nemici. Prima dell' 11 Settembre, la soldataglia cecena era chiamata dal New York Times
La fatidica frase Bush l'aveva pronunciata quando la guerra in Iraq
sembrava finita, il paese domato, e la democrazia a cui lui teneva
così tanto pareva finalmente a portata di mano. O così
almeno sembrava. Si era nell'estate del 2003, e qualcuno sollevò
l'obiezione che una "piccola" parte della popolazione potesse non voler
accettare così supinamente il dominio straniero. Al che Bush
aveva risposto spavaldo "Bring 'em
on!", che si facciano avanti. E' una espressione classica dei
film d'azione, in cui l'eroe coraggioso sfida i nemici a uscire allo
scoperto, tanto sa benissimo che la sceneggiatura sarà molto
generosa con lui.
Con due piccole differenze: in guerra non c'era Bush, ma i suoi
soldati, e l'Iraq, ovviamente, non è un film. E così
quella frase gli è rimasta sul gobbo, appesantendosi man mano
che il numero dei morti americani aumentava, ed è andata a fare il
paio con l'altro scivolone presidenziale, il famoso striscione "Mission accomplished" sulla
portaerei, che risale a poco tempo prima.
Mentre nella realtà oggi l'Iraq è un paese allo sbando,
sull'orlo della guerra civile, che dovrà pagare per lunghissimi
anni
L'INDONESIA RINGRAZIA, E NE APPROFITTA
Il Messico ha il Chiapas, la Russia ha la Cecenia, e l'Indonesia ha la provincia di Aceh. Sono circa 40.000, secondo le stime ufficiali governative, i guerriglieri "ribelli" che da anni vivono asserragliati fra villaggi e foreste, e che non vogliono saperne di sottomettersi ai militari del Generale Endriartono Sutarto. Le associazioni di diritti umani lamentano da anni continui abusi contro la popolazione civile - rea, come sempre, di "ospitare" i guerriglieri - e non fatichiamo di certo a credere alle loro denunce.
Ma dopo lo tsunami - o forse è meglio dire, grazie allo tsnuami - il governo ha deciso di alzare la posta, e da ieri ha posto il veto a tutti i lavoranti esteri delle varie associazioni di soccorso ...
IDEALI, NON IDEOLOGIE
di Fernanda Alene
La Storia non dovrebbe essere un tribunale. Ma se proprio la vogliamo ridurre a questo, non dobbiamo prescindere dal momento storico e dalle circostanze in cui i fatti diventano "la Storia".
Questo non significa che tutto debba essere giustificato, ma anzi, tutto il contrario. Significa valutare ogni avvenimento come il prodotto di quelli che lo hanno preceduto. Se invece ne vediamo solo l'aspetto negativo, niente si salva. Non possiamo guardare al passato in base a quello che siamo oggi, pena la immediata perdita di obbiettività.
La verità è che continuiamo a fare discorsi vecchi, e non ci rendiamo conto di quanto sia difficile ...
NICKNAME E PERSONALITA'
A proposito del piccolo incidente da poco registratosi sul sito, in cui si è rivelato che un iscritto partecipava da tempo ai commenti con multipli nicknames (credo si chiami "clonarsi", in gergo), vorrei proporre un paio di riflessioni.
Prima di tutto, appare evidente che il sistema dei nick - che io aborrisco ma sono costretto, ovviamente, ad accettare - rappresenti già di per sè un doppio anonimato: già scegliere infatti di chiamarsi Anna invece di Maria lo garantirebbe (e questo, di per sè, è sacrosanto), ma rappresentarsi con una sigla significativa - "internazionale_comunista", "forza_italia_sempre", o "fanculo_tutti" che sia - permette di velare, e quindi di influenzare, la percezione dei propri messaggi in maniera determinante.
Una cosa è dedurre dal contenuto dei commenti che uno sia marxista, ben altra è "leggerlo" a priori nel nickname, colorando automaticamente ...
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