UN MORTO DI TROPPO
Fra le fila dell'esercito americano muoiono mediamente una ventina di soldati alla settimana, e ormai i media nazionali non ci fanno più caso. Fra il silenzio complice della destra repubblicana, che conta soltanto i barili di petrolio recuperati ogni giorno che passa, e la vuota retorica commemorativa della sinistra liberal, che recita ogni sera in TV in nomi dei morti sul campo in un penoso rosario ipocrita, i marines che non torneranno piu a casa sono diventati ormai delle cifre statistiche che lasciano il tempo che trovano.
Ne muore invece uno solo dei nostri, e l'Italia si ricorda di colpo di essere in guerra, abbandona il desco congiunto del festino perenne, e si spacca rumorosamente in due, anche se nella confusione della recita improvvisata si ritrova a ruoli invertiti: da una parte la vuota retorica della destra "patriottica", che inneggia all'eroismo, al senso del dovere e ai valori della democrazia, ... dall' altra la ancora più ributtante complicità silenziosa di una sinistra inesistente, che recita il proprio ruolo di "opposizione" con un rosario di "basta, andiamocene" che non convince nemmeno più chi lo intona.
Da domani, di nuovo, "tutti a Capalbio". La porchetta sarà solo da riscaldare.
Chi ci va di mezzo invece, come al solito, è la gente normale. Oggi tocca alla famiglia del soldato morto, che non aveva mai capito davvero la realtà da cui il loro figlio è stato portato via, e che di certo non la capirà mai più da oggi in avanti, impegnata come sarà a cercare di domare un dolore inaccettabile.
Se c'è una cosa a cui è servito questo episodio, è l'aver messo nuovamente in mostra la brutale spaccatura che c'è fra la realtà illusoria che tutti continuamente ci raccontiamo, pur di tacitare le nostre coscienze rapaci, e quella effettiva che sono costretti a vivere ogni giorno non solo i nostri soldati, ma decine e decine di migliaia di cittadini iracheni - cittadini esattamente come noi, non scordiamolo - che camminano ormai costantenemte sul baratro fra la vita e la morte.
Come ci sentiremmo, noi, in termini uguali ma capovolti? Se fossimo noi gli invasi, i massacrati, i derubati, i calpestati, gli ignorati, i torturati? Lo accetteremmo davvero con la stessa rassegnazione impotente con la quale permettiamo che tutto ciò accada a loro?
Massimo Mazzucco
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