E IL SETTIMO GIORNO CI RIPENSO'
E durata solo una settimana l'illusione - almeno per chi ci aveva creduto - di vedere un cambiamento nel tormentato braccio di ferro fra palestinesi e israeliani, in seguito all'uscita di scena di Arafat.
Additato come un paria politico ormai anche dai paracarri, il tignoso leader palestinese aveva voluto restare in sella fino all'ultimo, prolungando di qualche anno un'agonia politica che era chiaramente iniziata con il fallimento degli accordi con Ekud Barak.
Il mondo non saprà mai con precisione che cosa davvero fosse stato offerto ad Arafat in quel frangente, ma di sicuro sappiamo ... ... che era molto di più di quanto la maggioranza degli israeliani fosse disposta a concedere in quel momento storico. Se si guarda quindi alle cose con realismo, e si lascia da parte il diritto internazionale (ormai calpestato oltre un punto di non ritorno), fu comunque un errore non accettare, se non altro per motivi storici: oggi uno stato palestinese esisterebbe davvero, ed Arafat avrebbe potuto chiudere positivamente una carriera politica che era nata proprio all'insegna di questo impossibile traguardo. Ai suoi successori poi il compito di rinforzare una tela appena imbastita.
Invece, prigioniero di una disputa personale, si è ritrovato prigioniero in casa sua, senza nemmeno più l'aria per respirare. Costretto quindi con la forza a lasciare, il mondo aveva permesso che ciò accadesse, forse anche perchè, a detta di tutti, sembrava che il problema fosse davvero lui.
Senza dire che non lo fosse, si è visto ieri con chiarezza come buona parte del problema vesta invece i panni stessi di chi lo additava, cioè Ariel Sharon.
Era sembrato strano, infatti, che gli israeliani favorissero così platealmente Mahmoud Abbas, uomo di Arafat, nella recente farsa elettorale per eleggere la nuova guida del PLO. Noi avevamo suggerito, pochi giorni prima, che lo preferissero "forse perchè abituati a trattare con lui da sempre, o forse per altri motivi che possiamo solo immaginare".
Ebbene, questi motivi sembrano essere usciti pienamente alla luce del sole già da ieri. La solita "sfortuna", il solito "tempismo sbagliato", hanno voluto che i soliti "terroristi" palestinesi abbiano deciso di ammazzare sei soldati israeliani, sul confine di Gaza. Sharon ha immediatamente gettato la maschera, e ha ordinato una rappresaglia "a mano libera" ai suoi soldati nei territori occupati.
Tanto perchè sia chiaro, la musica non cambia.
Così ha spiegato Sharon la sua decisione al parlamento: "Despite the change in Palestinian leadership, we have yet to see them taking any action against terror." Nonostante il cambio di leadership nei palestinesi, dobbiamo ancora vederli agire contro il terrorismo.
Cinque giorni e diciotto ore, gli ha lasciato di tempo per farlo, di più non ha resistito. Evidentemente è piu forte di lui.
Che cosa spinga il sionismo, oggi, a comportarsi come se fossimo ancora nel 1947, resta sempre più difficile da capire. Ma di certo i confini sono assicurati, la nazione ebraica è un dato di fatto ormai irreversibile, ed almeno 5 milioni di ebrei - cioè quasi la metà di tutti gli ebrei viventi al mondo - hanno fatto ritorno alla terra degli antenati. L'ossessione contro il non-ebreo, quel senso di persecuzione e di pericolo che essi stessi ingenerano seminando per primi il terrore, e le ondate di odio che attraversano regolarmente nei due sensi la frontiera fra i due popoli, non possono a questo punto che imporre all'interno dello stesso popolo israeliano una profonda riflessione, che porti eventualmente a sradicare dal proprio seno la radice del male che essi dicono, o pensano, di temere sotto spoglie altrui.
Massimo Mazzucco
Per chi avesse già letto la
SCHEDA STORICA DELLA PALESTINA, è stato aggiunto il paragrafo "RIVOLTA SIONISTA E SPACCATURA" (1944-1947), con la nascita ufficiale del "terrorismo" sionista.