Obama fa licenziare il capo della General Motors
La dura presa di posizione di Obama sugli aiuti federali per l’agonizzante industria automobilistica ha obbligato il direttore della General Motors, Rick Wagoner, a dare le dimissioni.
Un gesto più che altro simbolico (bastasse licenziare i direttori …), ma altamente significativo, perchè segna uno storico capovolgimento nei rapporti fra governo e settore privato in America. Nel tempio del capitalismo moderno un qualunque interferenza governativa nelle scelte del libero mercato equivale ad una bestemmia impronunciabile.
Fino a ieri infatti i boss delle tre grandi dell’automobile (Ford, Crysler e GM) erano riusciti ad ottenere gli aiuti federali ricattando la nazione con lo spettro di un disastroso effetto domino, che avrebbe colpito più o meno tutti se fossero affondati loro (in effetti, la produzione di auto supporta una notevole quantità di industrie minori, dalle quali a loro volta dipende un’infinità di piccole imprese private). Ma una volta incassato la prima tranche (ancora sotto Bush, ma con l’accordo dei democratici), i boss dell’auto hanno continuato serenamente a licenziare dipendenti, senza mostrare una particolare urgenza di ristrutturare le loro pachidermiche società e adeguare l’intero processo produttivo alle nuove esigenze di mercato. In tutto questo hanno anche mantenuto un atteggiamento sprezzante, presentandosi a Washington con i loro costosissimi jet privati, invece di usare normali aerei di linea.
Qualcuno ha cominciato a domandarsi come mai questi profeti del capitalismo debbano godere in maniera esclusiva di tutti i profitti industriali, ma siano poi così disponibili a condividere con l’intera popolazione il peso delle perdite. Ma loro hanno continuato impavidi a respingere le richieste della nuova amministrazione di introdurre precisi obblighi da parte loro, nella seconda tranche di finanziamento, mettendosi ad urlare “questo è socialismo” ...
di Marco Cedolin
Il megainceneritore di Acerra, inaugurato stamattina, avvelenerà l'aria ed il suolo attraverso le sue emissioni contenenti nanopolveri, diossina ed oltre 250 sostanze chimiche nocive che vanno dall’arsenico al cadmio al cromo al mercurio al benzene.
Farà aumentare l’incidenza dei tumori, delle malformazioni fetali e di una lunga serie di altre gravi patologie, fra la popolazione di un territorio già oggi conosciuto come “triangolo della morte” alla luce di una percentuale di patologie tumorali fra le più alte al mondo.
Produrrà energia in maniera assolutamente antieconomica, potendo sopravvivere economicamente solo grazie ai contributi Cip6 che tutti gli italiani dovranno continuare a pagare sotto forma di addizionale sulla bolletta elettrica. Produrrà energia in maniera assolutamente antiecologica, emettendo in atmosfera (oltre ai veleni) quantitativi di CO2 doppi rispetto ad una centrale a gas naturale di uguale potenza.
Distruggerà qualunque prospettiva di realizzare un moderno circolo virtuoso dei rifiuti, annientando la raccolta differenziata ed il riciclo, dal momento che i materiali più facilmente riciclabili, plastica, carta e cartone, sono anche quelli con più alto potere calorifico, indispensabili all’inceneritore per funzionare.
Ha già distrutto ogni anelito di democrazia, essendo stato costruito contro la volontà dei cittadini, ...
Quando mi iscrissi alla terza media, a Milano, ero appena rientrato da un paese straniero, dove avevo vissuto per qualche anno con la famiglia. L’impatto con i miei coetanei si presentava quindi come qualcosa di nuovo e sconosciuto, quasi come se dovessi affrontare di nuovo il “primo giorno di scuola”.
Dopo che fui presentato alla classe, i nuovi compagni mi si fecero intorno, e per prima cosa mi chiesero: “Tu sei dell'Inter o del Milan?”
Ricordo i loro sguardi ansiosi, che speravano di veder cadere dalla loro parte la nuova moneta, mentre io cercavo di spiegare imbarazzato che il calcio non mi aveva mai interessato più di tanto. Ricordo ancora meglio l'ondata di delusione collettiva che mi investì, facendomi sentire di colpo inutile e fuori luogo.
Un mese dopo recitavo a memoria la formazione dell’Inter, conoscevo la vita di Tarcisio e di Luisito come se fossimo cresciuti insieme, e avevo imparato a trattare i milanisti come la peggior feccia dell’umanità. (Non ricordo nemmeno perchè scelsi l’Inter. Forse per dispetto a qualcuno che il primo giorno aveva detto "che figo quello, sicuramente è un milanista").
Questo è il problema nella nostra società: se non sei con qualcuno non sei nessuno.
Quella dell’appartenenza al branco è una caratteristica ancestrale, che ci portiamo nel DNA e che possiamo riconoscere in molte specie animali. Non è quindi un “difetto” di per sè, nè tantomeno qualcosa che si possa liquidare come una semplice anomalia.
Bisogna però distinguere l’istinto primordiale di sopravvivenza, che porta l’animale a compattarsi con i suoi simili per difendersi dalle altre specie, e altre forme di polarizzazione, all’interno del gruppo, che non sempre sono naturali o necessarie.
La mia classe era composta tutta di ragazzi come me, e non c’era alcun bisogno di separare gazzelle da leoni, perchè fra noi non esistevano nè le une nè gli altri. Li stavamo creando noi in quel momento.
Anzi, l’ ”unità” sociale minima, a quell’età, è proprio la classe scolastica, ...
[All’interno video-intervista con trascrizione completa].
Ricordate la discussione su Obama-burattino? Abbiamo sbagliato tutti, a quanto pare, su un fronte come sull’altro.
Abbiamo dedicato notevoli energie, nei mesi scorsi, per cercare di capire fino a che punto fosse valida la teoria proposta da Webster Tarpley, nella quale Barack Obama sarebbe stato un candidato “costruito in laboratorio”, con una facciata vistosamente liberal, destinata a raccogliere i consensi di un popolo frustrato e confuso, ma con un’agenda strettamente imperialistica, coordinata dal “grande vecchio” del neo-colonialismo americano di fine secolo, Zibigniew Brzezinski.
Come ampiamente illustrato nel suo libro “The Grand Chessboard” (“Il grande scacchiere”), la filosofia di Brzezinski prevedeva di arrivare alla supremazia geopolitica tramite un indebolimento dell’impero sovietico, da ottenere con il progressivo passaggio dei suoi paesi-satellite alla sfera occidentale, accompagnato da una strategia che alimentasse una costante destabilizzazione fra Russia e Cina.
In tutto questo - secondo Tarpley – Obama era stato individuato come veicolo ideale per ripristinare questa strategia a discapito di quella, molto più limitata nelle ambizioni (e decisamente fallimentare sul campo), messa in atto dai neocons negli ultimi otto anni.
Contrariamente a Tarpley, c’era chi sosteneva che ormai i tempi fossero cambiati in maniera così radicale, rispetto agli anni ’80, che quel genere di politica sarebbe assolutamente improponibile oggi, chiunque fosse il presidente: con Russia e Cina più forti che mai, con un esercito logoro e insufficiente, con il paradigma energetico da rivedere alla radice, con un debito estero ormai fuori controllo, …
Marco Cedolin
Si chiama “Lay Off” ("licenziamento") ed è il nuovo videogioco realizzato dalla Tilfactor in collaborazione con la New York University, con lo scopo di spiegare le dinamiche sociali attraverso l’esperienza videoludica. Un proposito molto ambizioso, perseguito dai programmatori in maniera alquanto parcellare, dal momento che nel contesto ludico i “lavoratori” vengono rappresentati unicamente sotto forma di un’ inutile zavorra di cui occorre disfarsi al più presto con ogni mezzo, senza che la loro presenza costituisca alcun valore.
Le regole del gioco sono molto semplici (a dispetto di quanto risultino complesse nella realtà le dinamiche sociali che i soloni della N.Y. University intenderebbero spiegare) il divertimento assicurato solo nel breve periodo, la “morale didattica” assai impalpabile, dal momento che i realizzatori propongono come panacea alla crisi l’equazione più licenziamenti uguale più profitti, senza preoccuparsi di cosa accadrà quando l’impresa non avrà più dipendenti.
Il giocatore, non appena accomodatosi dinanzi alla console, si trasforma come per incanto da risorsa umana in “tagliatore di teste” sotto forma dell’amministratore delegato di una corporation che deve recuperare il profitto perduto, nell’unica maniera in cui è possibile recuperarlo (finchè dura) all’interno di una società profondamente malata come quella contemporanea, cioè licenziando i dipendenti in maniera implacabile. Con la malcelata soddisfazione determinata dalla metamorfosi (sia pur virtuale) da vittima ad aguzzino, ...
Leggi tutto: Isolato il virus della bugia