Forse Beppe Severgnini non si è reso conto del pantano in cui si andava a infilare, nel momento in cui si è abbandonato al giusto sdegno per la buffonata imminente che prende il nome di elezioni europee.
“Avete visto chi vogliono candidare? – si domanda Severgnini nell’articolo Votare per l'Europa. E sentirsi fessi - Vecchi delusi, giovani amiche, soliti trombati, parenti invadenti, ex potenti indigenti, funzionari sconosciuti.”
Sembra di sentir parlare il cittadino attento e responsabile di una democrazia sana e funzionante, abituato sin dall’infanzia a votare per una gamma di candidati che sia la fedele espressione delle più legittime aspirazioni popolari.
Severgnini tuona - giustamente - contro “ragazze dalle competenze incerte, ma con splendide foto”, come se le competenze delle nostre parlamentari fossero certe e inoppugnabili. Severgnini mette in dubbio “l'opportunità della candidatura Mastella”, come se questo signore da noi avesse avesse sempre fatto l’astronauta o il maestro delle elementari. Severgnini parla di questa classe politica …
Un nuovo whistleblower si è fatto avanti a sorpresa, venendo ad aggiungere un importante tassello nel grande puzzle, ancora incompleto, dell’11 settembre.
Si tratta di una soldatessa che nel giorno degli attentati si trovava nella base militare di Fort Meade, sede congiunta di un ospedale militare e del centro di comando della NSA (National Security Agency), il cui racconto sembra confermare quanto segue:
1 - Il primo schianto fu ripreso da un circuito TV riservato, di tipo militare.
2 – Il volo United 93 fu abbattuto in volo.
3 - I militari che diedero l’ordine di abbatterlo non sembravano coinvolti in alcun modo nel presunto inside-job.
4 – L’ “aereo bianco” visto su Manhattan serviva da ponte di comunicazione.
Niente di sconvolgente, in realtà, per chi già conosca bene la questione 11 settembre, ma certamente una conferma importante a favore della tesi della totale “compartimentazione”, l’unica che riesca a spiegare come la complessità di un attentato di questo tipo non ne abbia causato una prematura scoperta da parte di chi non ne facesse già parte. In questo caso addirittura si sarebbe riusciti a tenere separati i progettisti del piano da alcuni suoi diretti esecutori materiali.
La soldatessa “Elizabeth Nelson” – non è il suo vero nome, ovviamente - è stata intervistata da Bill Ryan, uno dei curatori del Project Camelot, che si occupa di raccogliere le testimonianze degli ex-militari che sono stati coinvolti a diversi livelli nelle oscure vicende degli UFO. Talmente vasta è questa realtà nascosta, che già in passato alcune di queste testimonianze erano arrivate a lambire l’undici settembre. La testimonianza di Elizabeth invece è incentrata esclusivamente sui fatti di quel giorno, e apporta dettagli tutt’altro che insignificanti.
Secondo il suo racconto, ad un certo punto Elizabeth vide un soldato uscire agitato nel corridoio, annunciando di aver appena visto un aereo schiantarsi contro una delle Torri Gemelle. Tornati con lui al televisore, ...
Stucchevole. Ributtante. Inaccettabile. E l'unico modo per definire l'atteggiamento pietistico a reti unificate con cui i media nazionali hanno presentato la notizia del terremoto di ieri.
Con il funereo volto di circostanza, il commentatore TV introduce immediatamente il filtro generalizzato del fatalismo escatologico, di profonda matrice cristiana, nel quale la "volontà divina" porta ad annullare qualunque approccio analitico dell'evento, accettandolo già in partenza nella sua ineluttabilità complessiva.
Sia chiaro, nessuno dice che un terremoto si possa evitare, nè di certo si suggerisce che HAARP stia a preoccuparsi del destino dei nostri paesini abruzzesi (per fortuna).
Si vuole solo sottolineare come il fatalismo elevato a chiave di lettura generalizzata porti a convogliare automaticamente ogni pensiero nel grande imbuto emotivo, allontanandolo così dal terreno dell'analisi razionale.
Una volta che abbia prevalso l'aspetto emotivo, infatti, ogni pensiero di genere analitico dovrà compiere un percorso molto più lungo e difficile per risalire in superficie.
Questo significa, ad esempio, che di fronte alla notizia di un padre che abbia perso l'intera famiglia nel crollo della sua casa, prevalga la compassione - peraltro giustificata e doverosa - verso di lui, su qualunque parallelo che possa sorgere a livello razionale con le dozzine di padri palestinesi a cui accade la stessa identica cosa ogni giorno dell'anno.
Oppure significa che l'eventuale esistenza di un conflitto precedente, ...
di Marco Cedolin
Ormai da qualche mese, un giorno sul sito web di Repubblica, l’altro su quello del Corriere Della Sera, l’altro ancora su quello di La Stampa, continuano a susseguirsi articoli di carattere promozionale che esaltano le virtù velocistiche del nuovo TAV Frecciarossa, regolarmente presentato dal pennivendolo di turno come l’ultima frontiera dell’innovazione tecnologica nel campo dei trasporti, in grado di competere con successo in velocità perfino con l’aereo.
Dopo la “marchetta” del buon Gian Antonio Stella a favore della costruzione dei rigassificatori è così arrivata anche quella di Sergio Rizzo, sotto forma di un lungo promo a favore dell’alta velocità dal titolo “il treno vola e sfida l’aereo” comparso sul Corriere della Sera.
Per amore della verità occorre sottolineare come il buon Rizzo non abbia lesinato affatto le forze, impegnandosi a fondo nel produrre con cura uno spot infarcito di citazioni dotte e richiami storici. Come quello attraverso il quale ha introdotto l’argomento, proponendo un ardito parallelismo fra le sfide che intercorrevano fra diligenze e locomotive nella selvaggia America del 1830 e quelle che, nell’immaginario di Rizzo, sarebbero le contese del terzo millennio, fra il Tav di Moretti e gli aerei della Cai di Colaninno, nell’Italia della recessione selvaggia del 2009. Introduzione senza dubbio spassosa, che ha il merito d’indurre al proseguimento della lettura, per comprendere quanto lontano sarà in grado di correre la fervida fantasia dell’autore.
Dopo alcune riflessioni di carattere generale sulla nuova Alitalia e altre osservazioni riguardo al “tradimento” di Berlusconi che ha dismesso di recente la divisa da aviatore per indossare quella da capotreno, Rizzo inizia a proporre il confronto fra i tempi di percorrenza del Frecciarossa (il treno) e del Frecciaverde (l’aereo), partendo da una simulazione di Alitalia che vedrebbe il velivolo vincente, impiegando 3 ore e quaranta contro le 4,30 del locomotore. Simulazione criticata dal buon Rizzo non in quanto priva di qualunque valenza, ...
E’ possibile oggi pubblicare una notizia falsa in Internet? Non stiamo parlando di una notizia vera solo in parte (lo sono quasi tutte), e nemmeno di una piccola bugia nascosta in una grande verità. Stiamo parlando di inventarsi un fatto di sana pianta, dall’A alla Z, e poi immetterlo in rete perchè ci rimanga, senza che nessuno se ne accorga mai.
Confesso che ci ho provato – la notizia del “pesce d’aprile” del New York Times è a sua volta un pesce d’aprile, completamente inventato – ma vi confermo che la cosa non è affatto facile, ed è concepibile solo in condizioni estreme come questa.
Ormai in rete la possibilità di fare riscontri incrociati - grazie ai motori di ricerca - permette a chiunque di stabilire in pochi minuti se la notizia sia stata riportata anche altrove, o se appaia solo sul sito che la presenta. Se altri siti ne parlano, indicando fonti esterne, vuol dire che qualcun altro l'ha messa in rete. Questo non garantisce che la notizia sia vera, ovviamente, ma esclude almeno che l’inganno nasca dalla pagina che abbiamo di fronte.
Il problema infatti, per chi voglia provarci, è di superare lo scoglio delle prime 24 ore, senza che nessuno si accorga che sei l'unico a riportare quella notizia. Vi garantisco che si tratta di una solitudine terrificante: ti senti nudo e vulnerabile, sapendo che nel mare infinito di internet non c'è assoluamente nulla in grado di supportare quello che hai scritto ...
Rompendo una tradizione consolidata, che ha sempre visto i quotidiani più “seri” astenersi dal fare “pesci d’Aprile” ai propri lettori, ieri il New York Times ha pubblicato la notizia (solo nella versione on-line) del sorprendente passaggio di John McCain alle fila del partito democratico. Ecco la “cattura” della homepage del New York Times alle 5 del pomeriggio. (Qui la pagina originale in cache).
Sotto la scritta “BREAKING NEWS” (“Edizione straordinaria”) campeggia il titolo :“McCain passa ai Democratici”. Il testo dice: Un terremoto politico sta scuotendo la capitale dopo che John McCain ha annunciato ufficialmente il suo passaggio al partito democratico. In un breve comunicato stampa rilasciato oggi il senatore dell’Arizona dichiara: “Sono giunto a questa importante decisione dopo che i miei sforzi per raggiungere un consenso politico all’interno del mio partito sono ripetutamente falliti. Ritengo peraltro che molte delle posizioni che hanno caratterizzato la mia intera carriera politica sino riflesse anche dall’ala moderata del partito democratico. Voglio esprimere la mia profonda gratitudine ai leader repubblicani che mi hanno offerto un sopporto incondizionato durante gli eventi che hanno portato alla mia decisione finale” .
Sembra però che ci siano cascati in pochi (anchè perchè la data del 1° aprile sta in bella vista proprio sopra il titolo), mentre molti lettori si sarebbero lamentati per una caduta di stile così infantile e fuori luogo. Sta di fatto che entro le sette di sera il New York Times aveva già ritirato l’articolo, come se nulla fosse successo.
Quando ho chiamato per avere chiarimenti, ...
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