Le uniche notizie politiche che riescono a riempire i telegiornali, in Italia, sono le notizie che riguardano i personaggi politici.
Oggi ad esempio c’è stata la richiesta di dimissioni di Berlusconi da parte di Fini, e i telegiornali ci hanno riempito le orecchie con notizie che riguardano i commenti dei politici a questa richiesta. Berlusconi dice che deve essere Fini a fare un passo indietro, Casini ironizza sulle aperture di comodo del Cavaliere, Di Pietro dice che Berlusconi ha paura di andare alle elezioni, la sinistra insiste che bisogna tornare alle urne “per voltare pagina una volta per tutte”, eccetera eccetera eccetera.
Questo tipo di “notizia” non è affatto una eccezione, in Italia, ma da lunghi anni è diventata la regola. Incapaci di procedere ad una qualunque riforma degna di quel nome, i politici italiani passano la maggioranza del loro tempo a cercare di strapparsi a vicenda una fetta di potere in più, riuscendo così a trasformare questa lotta permanente nel vero argomento trattato quotidianamente dai nostri notiziari.
Riuscirà il buon Berlusconi a tenere in piedi la sua maggioranza traballante? Riuscirà l’eroico Di Pietro a far cadere una volta per tutte l’odiato nemico? Riuscirà finalmente Casini ad incunearsi in modo permanente nel famoso “centro” di tutti e di nessuno?
Naturalmente, l’abilità di spostare l’attenzione dai veri problemi a quelli fasulli ...
Wendell Potter, un ex-dirigente della società di assicurazione sanitaria CIGNA, si è pubblicamente scusato con Michael Moore per aver contribuito alla campagna di diffamazione che affossò il film “Sicko” negli Stati Uniti, tre anni fa.
Lo ha fatto con una lettera aperta sul suo blog, indirizzata a Michael Moore, e poi ha ripetuto le sue scuse in televisione, in presenza di Moore, nel programma “Countdown” di Keith Olbermann (MSNBC).
Molti ricordano ancora la sera in cui il dott. Sanjee Gupta, allora “consulente medico” della CNN, silurò in diretta mondiale il nuovo film di Moore, definendolo “impreciso” e “non corrispondente ai fatti”. A Moore non fu concesso di replicare, e quello che poteva diventare un importante documentario, che denunciava il vero volto delle assicurazioni mediche in America, venne immediatamente eliminato da ogni listino di programmazione.
In realtà "Sicko" denunciava la degenerazione dell’intero sistema sanitario americano, ...
Da tempo ormai è chiaro a tutti i ricercatori più attenti che Lee Harvey Oswald non uccise John Fitzgerald Kennedy. La montagna di prove che smentiscono questa ipotesi è tale che persino i debunkers più accaniti, come Gerald Posner o John McAdams, hanno rinunciato a cercare di smontarle tutte. (In realtà le loro stesse tesi “ufficialiste” sono state fatte a pezzi dai ricercatori complottisti, esattamente come ha fatto David Ray Griffin con il libro di Popular Mechanics per il 9/11 ).
La vera domanda che rimane oggi sul tavolo è “chi è stato ad uccidere John Kennedy?”
Sappiamo infatti che i fratelli Kennedy – il primo come presidente, il secondo come ministro di giustizia – nell’arco di soli due anni erano riusciti ad inimicarsi tutti i maggiori gruppi di potere in America. Si potrebbe quindi puntare il dito sulla mafia, sulla CIA, sui banchieri, sugli industriali delle armi o sull’FBI, senza rischiare di sbagliare più di tanto.
In realtà la coppia di fratelli si era inserita nel complesso meccanismo del potere americano esattamente come un sasso da 5 chili può andare ad incastrarsi nel cuore di un delicato congegno ad orologeria. A quel punto non puoi più toglierlo, devi prima macinarlo.
Nel ricevere la notizia dell’assassinio di John Kennedy, nel suo ufficio di Washington, Robert Kennedy esclamò: “Immaginavo che prima o poi avrebbero fatto fuori uno di noi, ma pensavo che sarebbe toccato a me”. Gli fa eco il ragionamento espresso da uno dei boss mafiosi, nella riunione in cui fu deciso di uccidere il presidente: “Se tagliamo la coda del serpente, la testa continuerà a cercare di morderci. Se invece tagliamo direttamente la testa, anche la coda morirà”.
Per questo motivo, è importante tenere sempre presente che l’uccisione di John Kennedy va messa in relazione alle azioni congiunte dei due fratelli, e non soltanto a quelle del presidente.
L’elemento determinante di tutta la vicenda fu l’elezione a sorpresa di John Kennedy alla presidenza nel 1960 ...
La storia del filmato di Zapruder costituisce un vero e proprio giallo, all’interno del già complicato mistero dell’assassinio Kennedy. Come tutti sanno, il filmato di Zapruder è diventato, nel corso degli anni, il punto di riferimento obbligatorio per tutti i ricercatori del caso Kennedy. Ma quello che tutti conoscono come “il film di Zapruder” è veramente il filmato originale?
Il 22 di novembre 1963, piazzato su un piedestallo di cemento, Abraham Zapruder filmò l’intera sequenza dell’assassinio di John Kennedy, dal momento in cui la limousine presidenziale svolta sotto il Book Depository fino a quando scompare a grande velocità sotto il ponte della ferrovia.
Sono i 486 fotogrammi più famosi della storia.
Zapruder raccontò in seguito di essere rimasto scioccato nel vedere così da vicino, nel suo mirino, la testa di Kennedy esplodere in una nuvola di sangue, ma di aver avuto la presenza di spirito di continuare a filmare fino in fondo.
Dopodichè Zapruder fu visto aggirarsi per Dealey Plaza, attonito, che continuava a ripetere a tutti “Lo hanno ucciso, lo hanno ucciso. L’ho visto con i miei occhi, ho filmato tutto!” La voce che qualcuno avesse ripreso l’intera sequenza si sparse velocemente, e per le otto di sera era già arrivato a Dallas un rappresentante di Life Magazine, Richard Stolley, con il compito di acquistare i diritti del filmato. Nel frattempo Zapruder aveva fatto sviluppare la pellicola al laboratorio della Kodak di Dallas, chiedendo che gli stampassero anche tre copie di riserva. Zapruder consegnò due di queste copie agli uomini dei Servizi Segreti, e se ne tornò a casa con la terza copia, insieme all’originale. Il mattino dopo l’ufficio di Zapruder fu letteralmente assediato dai giornalisti, che volevano a tutti i costi vedere il filmato. Ma Stolley li aveva preceduti, ...
La sorprendente notizia, segnalata ieri da Megachip, che la Fox abbia dato uno spazio relativamente “pulito” al Movimento per la Verità sull’11 settembre, contiene uno splendido esempio di come ci si debba comportare a livello mediatico in situazioni del genere. (E’ proprio l’argomento che abbiamo trattato di recente nell’articolo ”Thermite, debunking e onere della prova”).
La stessa trasmissione della Fox poteva infatti trasformarsi in un disastro per il Movimento, se solo Tony Szamboti – un rappresentante di Architects and Engineers for 9/11 Truth - fosse cascato in una delle tante trappole che gli ha teso, consapevolmente o meno, il presentatore Geraldo Rivera.
Prima di tutto bisogna sapere che Geraldo Rivera non è affatto un presentatore qualunque. Rivera è l’uomo che nel 1975 presentò al pubblico americano, per la prima volta nella storia, il filmato di Zapruder sull’omicidio Kennedy. Fino a quel giorno il pubblico aveva visto soltanto ...
Chi l’avrebbe mai detto che un personaggio come Barack Obama – il “liberal” per eccellenza del partito democratico, il teorico del “movimento dal basso”, l’amico di presunti “rivoluzionari”, il propugnatore della trasparenza governativa – una volta eletto presidente avrebbe scelto fra i suoi più stretti collaboratori un professore di legge che suggerisce apertamente di infiltrare i vari gruppi di “complottisti” esistenti al mondo (in rete e non), con l’intento di indebolire le loro tesi dall’interno, e di togliere loro credibilità di fronte al resto dei cittadini, che rischiamo altrimenti di perdere fiducia nelle istituzioni?
Ebbena la cosa è avvenuta, esattamente come l’abbiamo descritta, negli ultimi due anni. Il personaggio in questione si chiama Cass Sunstein, ed il documento a cui ci riferiamo si intitola “Conspiracy Theories” (“Le teorie del complotto”), la cui prima stesura risale all’agosto del 2008.
La data è perlomeno curiosa, visto che corrisponde proprio al momento in cui apparve chiaro che Obama avrebbe vinto le elezioni, scatenando intorno a sè la classica “corsa” per saltare sul carro del vincitore, ovvero la frenetica kermesse, fra i personaggi più disparati, per guadagnarsi la simpatia del futuro presidente, e quindi un posto al sole nella nuova amministrazione.
Sarà sempre soltanto un caso, ma l’ex-professore di Harward è diventato oggi uno dei consiglieri più fidati di Obama, e dirige il potente ufficio dell’OIRA (“Office of Information and Regulatory Affairs”), che si occupa di valutare i potenziali effetti delle nuove legislazioni sul futuro della nazione. Sembra un semplice esercizio per intellettuali, ma in realtà l’OIRA è diventato un passaggio obbligato per vedere qualunque disegno di legge diventare realtà. Se per caso una nuova legge non piace a Sunstein, il presidente rischia di non firmarla.
Vale quindi la pena di studiare più a fondo il documento di Sunstein sul “complottismo”, ...
Da qualche tempo sta iniziando ad accadere nel dibattito sull’11 settembre la stessa cosa che è accaduta con il caso Kennedy: una volta esaurite la raccolta e la presentazione di tutti gli elementi che contraddicono la versione ufficiale, il dibattito si cristallizza su alcuni aspetti specifici della vicenda, ed apre una serie di discussioni secondarie che sono destinate a restare irrisolte per propria natura, mentre rischiano di allontanare l’attenzione dal problema centrale.
A causare questo problema sono spesso gli stessi “complottisti”, che nell’impeto di voler dimostrare a tutti i costi la propria tesi si spingono a dare spiegazioni che non gli competono, assumendosi in quel modo l’onere della prova. Fanno così un piacere immenso al debunker, che non vedeva l’ora di liberarsi da quel peso, e che può adesso scorrazzare liberamente su un territorio nel quale può finalmente giocare al contrattacco.
E’ stato il caso del “proiettile magico” nell’omicidio Kennedy, salito alla ribalta con il film “JFK” di Oliver Stone, e lo sta diventando nell’11 settembre la questione della thermite nelle Torri Gemelle.
Con il tentativo di dimostrare l’impossibilità del proiettile magico, infatti, Stone si è assunto l’onere della prova, e lo ha fatto anche – thank you very much - per conto di tutti gli altri “complottisti” del caso Kennedy. Da quel momento in poi la macchina mondiale del debunking ha avuto gioco facile, ...
Dopo essermi trasferito a Hollywood, una quindicina di anni fa, mi ritrovai a lavorare per un certo periodo come sceneggiatore per Dino de Laurentiis. Pur essendosi “americanizzato” più degli stessi americani, dal punto di vista produttivo, de Laurentiis ha sempre accolto benevolmente gli italiani che cercavano di farsi strada nel complesso mondo del cinema di Hollywood.
Purchè naturalmente avessero capito che “qui siamo in America, quindi scordati tutto quello che hai imparato in Italia”.
Gli incontri di lavoro con lui erano sempre veloci ed essenziali, dritti al punto, ma in quei brevi momenti ho avuto modo di cogliere alcuni aspetti della sua personalità che mi sono rimasti impressi in modo particolare. Ricordo soprattutto la sua stupefacente capacità di scartare immediatamente, senza il minimo dubbio, le idee “buone” da quelle “cattive”. Lo faceva a livello istintivo, in un millesimo di secondo, senza mai ragionarci sopra, e se per caso gli chiedevi “mi scusi Dino, ma perchè questo non dovrebbe andare bene?”, lui rispondeva brusco “Non lo so, non funziona e basta. Andiamo avanti”.
Soltanto una volta ebbi la forza di contestare una sua posizione, e la pagai molto cara. Giunti verso la metà di una sceneggiatura che stavamo costruendo insieme, …
Di fronte ad un mondo che cambia sempre più rapidamente, è diventato ormai impossibile prevedere in quale tipo di società si troveranno a vivere i nostri figli. Per questo motivo è indispensabile poter fornire loro, durante il percorso educativo, degli strumenti che li rendano in grado di affrontare la più ampia gamma di situazioni immaginabili, pensando in modo sempre più creativo ed innovativo.
Purtroppo invece ci trasciniamo dietro un sistema scolastico ormai antiquato, che tende ad appiattire il potenziale creativo di ciascun bambino, cerca di uniformarlo ad un unico standard, e lo spinge a pensare in maniera univoca.
Sir Ken Robinson è uno dei critici più accesi dell’attuale sistema scolastico occidentale. Egli definisce la creatività come “il processo dell'avere idee originali che hanno valore”, ovvero di idee che creano le innovazioni che plasmano l’evolversi della società. Nell’animazione che segue, Sir Robinson affronta diversi aspetti inerenti questo tema cruciale, suscitando interrogativi e fornendo spunti davvero interessanti.
(E' possibile scaricare la copia in alta risoluzione su Arcoiris.tv
Altri due video molto interessanti, …
di Marco Cedolin
I miasmi della melma mefitica in cui sta sprofondando ogni giorno di più la politica italiana emanano un lezzo insopportabile, una puzza che odora d'ideologie in avanzato stato di decomposizione, di partiti putrescenti che dopo lente agonie muoiono, per rinascere già morti, di leader o presunti tali impegnati in quelle stesse operazioni di riciclo che si guardano bene dall'applicare alla gestione dei rifiuti.
Futuro, sinistra, libertà, democrazia, valori, sono parole vuote, appiccicate alla rinfusa per ricoprire il fango delle consorterie più svariate, conscie della necessità di dover nascondere, almeno in superficie la loro reale natura. Gruppo per una migliore gestione del protettorato USA, amici alle dipendenze della BCE, progressisti per lo sviluppo delle multinazionali, futuro sulla poltrona senza doversi alzare mai e altre definizioni sui generis non garantirebbero certo grande appeal presso l'elettorato. E allora ecco una mano di vernice fresca, qualunquista, populista, perbenista, ottimista, ed il gioco è fatto. Anche un cassonetto dei rifiuti può arrivare a somigliare ad una Morgan d'epoca, ma il puzzo, quello, continua a sentirsi lo stesso.
Se non fosse per il fatto che tutti noi paghiamo e pagheremo sulla nostra pelle ...
Se chiedi ad un uomo dove sta il prosciutto in frigo, ti dirà “nel terzo ripiano in basso a destra”, se lo chiedi ad una donna ti dirà “di fianco all’insalata, sotto i formaggi”. Se chiedi ad un uomo le indicazioni per l’ufficio comunale ti dirà “terzo semaforo a destra, prima a sinistra e poi subito a sinistra”, se lo chiedi ad una donna ti dirà “vada avanti finchè vede una grande casa gialla, giri dove c’è la fontana, e subito prima del supermercato trova il comune”. Se chiedi ad un uomo di descrivere una persona che ha appena incontrato ti dirà “circa 1,70 di altezza, sugli 80 chili, aveva un accento bergamasco”, se lo chiedi ad una donna ti dirà “un pò più basso di te, grassottello, parlava un pò come lo zio Toni.”
Perchè?
Per quanto ovviamente vi siano delle eccezioni, il fatto stesso che si possano fare delle generalizzazioni di questo tipo significa che siamo di fronte ad una differenza sostanziale nel modo di operare dei due cervelli.
La cosa stupefacente è che non esista – almeno a quel che mi risulta - una adeguata letteratura scientifica in merito. Con delle differenze così palesi e marcate, infatti, ci si aspetterebbe di trovare dozzine e dozzine di ricerche di tipo psicologico su questo argomento, mentre sembra quasi che la differenza “operativa” dei due cervelli venga intenzionalmente ignorata dalla scienza ufficiale. (Forse perchè non sono in grado di spiegarla?)
In ogni caso, sembra di poter dire che il cervello maschile tende a lavorare in modo astratto (o “strutturale”), mentre quello femminile tende a lavorare in modo concreto (o “formale”). In altre parole, quando un uomo dice “terzo ripiano in basso a destra” utilizza una analisi strutturale del frigorifero (astratta, appunto), mentre quando la donna dice “di fianco all’insalata” utilizza una percezione visiva del medesimo, ovvero concreta.
Lei “vede fisicamente” il prosciutto accanto all’insalata, ...
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