Negli Stati Uniti ormai siamo arrivati alle comiche. Ricordate che cos'era successo, due settimane prima del voto, quando Trump aveva detto che non si fidava del sistema elettorale, che secondo lui era "truccato" per favorire i democratici? In quell'occasione Hillary Clinton aveva replicato sdegnata che "è inconcepibile che non ci si possa fidare del sistema elettorale. In una nazione democratica non si può mettere in dubbio il metodo stesso che garantisce la democrazia".
Ebbene, oggi la situazione si è totalmente capovolta: Trump ha vinto, e quindi non ha nulla di cui lamentarsi, mentre è proprio la Clinton ad appoggiare improvvisamente la richiesta (fatta inizialmente da Jill Stein) perché vengano riconteggiati tutti i voti di quattro Stati cruciali, che hanno dato la vittoria proprio a Trump.
Da notare che questa è la stessa Clinton che aveva cavallerescamente riconosciuto la vittoria di Trump, il mattino stesso del 9 novembre. Evidentemente, anche lei sa qualcosa che tutti noi non sappiamo.
Da noi la situazione è molto simile: con il cruciale referendum del 4 dicembre in arrivo, la questione dei possibili brogli elettorali (operati sul voto postale degli italiani residenti all'estero) si fa ogni giorno più ingombrante.
(Pubblicazione originale: giugno 2003)
di Fernanda Alene
Nel putiferio di opinioni scatenato dalle recenti condanne a morte di Cuba, il ruolo del leone lo hanno certo fatto i "pro-americani", che non vedevano l'ora di trovare un neo qualunque su colui che è, in realtà, lui stesso l'ultimo neo rimasto sulla pelle dell'occidente globalizzante. Io a Cuba ci sono stata, per un certo periodo di tempo, intorno al '75. Non sono comunista, non lo sono mai stata, nè ho peraltro un'ulteriore "verità" da offrire a nessuno. Posso però raccontare, con serenità assoluta, quello che ho visto da vicino.
Allora la gente, a Cuba, era molto, molto povera. L'embargo aveva già raggiunto i suoi massimi risultati, e non solo non c'era più nulla di superfluo, ma anche il necessario cominciava a scarseggiare. Si faceva una fatica impensabile a trovare un semplice pettine, un chiodo, o anche solo un bottone.
Molte cose sono cambiate dall'inizio di quest'anno, e molte altre sono destinate a cambiare prima che l'anno sia finito. Pensiamo solo al mattino del 5 di dicembre, quando potremmo trovarci, ad esempio, con un'Austria che si avvia ad uscire dall'Europa, oppure con un'Italia impantanata nella millesima crisi di governo.
Ma se c'è un motivo per cui questo anno è destinato a passare alla storia, lo sarà certamente per il crollo verticale che ha avuto negli ultimi mesi il livello del nostro dibattito politico.
Quelli che una volta erano attacchi argomentati - fondati o meno che fossero - oggi sono diventati insulti diretti e volgari, che assumono sempre di più il sapore di slogan della curva sud, e sempre di meno il sapore di un dibattito politico.
L'ho già detto e lo ripeto: il discorso politico di una volta poteva essere più o meno valido dal punto di vista dialettico, ma era sempre e comunque riferito all'oggetto delle discussioni, e non ai soggetti che ne erano protagonisti.
Segnalazioni e commenti degli utenti sulle notizie più recenti.
Sembra che a Bruxelles qualcuno abbia fretta di accelerare l'escalation di tensione fra l'Europa e la Russia, prima che la nuova presidenza Trump abbia la possibilità di operare una reale distensione fra le due grandi superpotenze.
Oggi infatti i membri del Parlamento europeo hanno votato con una forte maggioranza (304 a favore, 179 contrari, 208 astenuti) una risoluzione che invita a "combattere la propaganda mediatica russa" che, secondo la parlamentare polacca Anna Fotyga, "cerca di distorcere la verità, insinuare dei dubbi, allontanare l'Europa dai suoi partner nordamericani, paralizzare il processo decisionale, gettare discredito sulle istituzioni europee, instillare paura e incertezza fra i cittadini europei".
La cosa interessante è stato il tentativo da parte del Parlamento europeo di unire in un unico tema la propaganda russa e quella islamica. Il titolo della risoluzione infatti era (v. immagine): "Propaganda russa e islamica. L'unione europea deve rispondere alla guerra d'informazione portata avanti dalla Russia e dai terroristi islamici."
Uno dei parlamentari a favore della risoluzione ha dichiarato: "Ai russi e agli estremisti non piace la libertà". Un altro ha detto: "La Russia e l'ISIS sono velenosi."
Ieri tutti i media hanno dato grande risalto all'articolo del Financial Times che prevedeva conseguenze disastrose per l'Euro se al nostro referendum dovesse prevalere il "no". Con questo articolo, Paolo Annoni suggerisce una lettura più attenta dell'articolo stesso.
di Paolo Annoni
I commenti all’articolo pubblicato ieri dal Financial Times sul referendum costituzionale del 4 dicembre sembrano fatti e scritti da chi si è fermato al titolo. Ammettiamo che il titolo, “Il referendum italiano ha le chiavi del futuro dell’euro”, sia difficile da ignorare in questi tempi volatili e imprevedibili, ma nell’articolo c’è scritto molto di più. C’è scritto che le cause sottostanti a una possibile uscita dell’Italia dall’euro non hanno “niente a che fare con il referendum stesso”, che la causa principale di questa possibile uscita è che la produttività in Italia dall’introduzione dell’euro è scesa del 5% ed è salita del 10% in Francia e Germania. E cioè che non c’è spazio strutturale per l’Italia in questa Europa. C’è scritto che la seconda causa è il fallimento dell’Europa nel costruire un’adeguata unione economica e bancaria dopo la crisi del 2010-2012 e invece la scelta di imporre l’austerity. Queste sono le due cause dell’aumento dei populismi in Europa per l’FT.
Il 22 novembre 1963 veniva ucciso a Dallas John Kennedy, l'ultimo vero presidente degli Stati Uniti. Dico "vero" perché è stato l'ultimo presidente ad avere il coraggio di mettersi apertamente contro i poteri forti.
Kennedy voleva reintrodurre la moneta stampata dal governo, e questo naturalmente non andava bene ai banchieri che gestivano la Federal Reserve. Kennedy voleva interrompere l'escalation militare che era in corso in Vietnam (prima che gli Stati Uniti entrassero ufficialmente in guerra accanto al Vietnam del Sud), e questo naturalmente non andava bene al complesso militare industriale. [...]
C'è stato un altro vincitore, oltre a Donald Trump, nelle recenti elezioni americane dell'8 di novembre: è il movimento per la legalizzazione della marijuana.
Non essendo stupidi come noi, che per ogni singola decisione facciamo una elezione a parte, gli americani usano includere nella scheda elettorale delle loro elezioni politiche anche tutte le decisioni di tipo referendario che possono essere prese a livello statale.
È stato il caso della legalizzazione della marijuana, che compariva nella scheda elettorale di cinque nuovi stati americani (oltre a quelli che già ce l'hanno). Per quattro di questi il voto è stato positivo. Altri cinque nuovi stati hanno approfittato delle elezioni presidenziali per introdurre anche l'uso medico della marijuana, e il voto positivo è stato di cinque su cinque.
"Anatomy of a great deception" (2014) è uno dei documentari più recenti sull'11 settembre. Ora è stato sottotitolato in italiano, ed è stato pubblicato sul sito di Architects & Engineers for 9/11 Truth.
Per chi è super-esperto di 11 settembre non c'è nulla di veramente nuovo. E' però interessante l'approccio seguito dall'autore, David Hooper, il quale descrive come sia entrato nella questione 11 settembre un passo alla volta, da perfetto ignorante in materia. Forse è una indicazione per come far approcciare allo stesso argomento persone che fino ad oggi dell'11 settembre sanno poco o nulla.
Forse non ve ne siete accorti perché distratti e irriconoscenti, ma con le modifiche apportate al pensionamento dalla legge Fornero e precedenti è stato finalmente sancito per decreto che dovremo vivere 12/13 anni in più.
Ci è stato infatti spiegato che l’adeguamento delle pensioni (l’ultimo di una serie iniziata già alcuni anni fa) si rende necessario perché la speranza di vita è aumentata. In realtà di quanto sia realmente aumentata la durata della vita (definizione che per altro così formulata è ambigua) non ci viene detto. Però, se l’adeguamento rispecchia fedelmente e unicamente le nuove aspettative di vita, si può fare un lavoro di ‘reverse engineering’ e risalire a quanto si sia allungata effettivamente, valutando quanto ci viene chiesto di lavorare in più.
Nota storica
Il diritto d'autore è cosa piuttosto recente e di certo non esisteva nel 1700. Questo ha causato non pochi problemi in merito al riconoscimento della paternità di opere musicali dell'epoca in tutte le loro forme (opere, sinfonie, quartetti, sonate, concerti ecc). Nel 1700, infatti, a causa di un commercio fiorente delle partiture su commissione, si viene a verificare il problema di attribuzione della paternità di molteplici opere musicali importanti, in quanto spesso l'acquirente, o il committente che fosse, ne diventava non solo il possessore, ma anche il proprietario che poteva spacciarsi per l'autore della musica o attribuirla ad un suo protetto. Va sottolineato che il commercio gravitava intorno alle parti orchestrali, infatti le partiture, ovvero i manoscritti originali, quasi sempre non sono disponibili in quanto 'andate perse'. I manoscritti originali svelerebbero, tramite la calligrafia del compositore, l'identità dell'autore dell'opera.
In conservatorio e nei corsi universitari di musicologia si studia la storia della musica per grandi nomi. Tra questi troviamo gli esponenti della Wiener Klassic (o prima scuola di Vienna) che sono oggi considerati dei 'mostri sacri' della musica. Stiamo parlando di J. Haydn, W.A. Mozart e L.v. Beethoven. Interessante notare come anche su Wikipedia si trovi uno striminzito commento di questo tipo: "La prima scuola di Vienna non si fonda su alcuna base storica né, tantomeno, estetica", insomma un accidente musicale. Ovviamente non c'è nulla di più storicamente falso.
Veniamo ora al nocciolo della questione. Il primo problema che sorge è quello relativo alla cittadinanza di questi compositori: nessuno di essi era di Vienna. La stessa Wiener Klassic è avvolta da un mistero, nel senso che viene considerata come un fatto assodato. Gli storici e i musicologi non si sbottonano troppo nello spiegare le origini di quest'epoca importantissima per la storia della musica, mentre mai un'epoca ha presentato nella storiografia musicale più punti oscuri in relazione alle reali paternità di opere importanti.
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