di Stefano Lorenzetto
Il professor Giuseppe Zora, all’epoca docente all’Istituto di clinica oncologica dell’Università di Messina, e la dottoressa Anna Tarantino, biologa nel medesimo istituto, formavano una delle coppie più promettenti nel campo della ricerca sui tumori, e non certo perché erano (sono) marito e moglie.
È che trent’anni fa, inoculando nei topi malati di cancro il Corynebacterium parvum, un batterio appartenente alla famiglia dell’agente patogeno che provoca la difterite, avevano constatato sorprendenti regressioni del male.
Ma poi, nel 1979, il professor Saverio D’Aquino, direttore dell’istituto, chiese loro di sperimentare in laboratorio un siero ottenuto dalle feci e dalle urine delle capre, che gli era stato portato da un veterinario di Agropoli (Salerno), il dottor Liborio Bonifacio.
«Scoprimmo che qualche effetto antitumorale sulle cavie malate lo aveva», racconta oggi il professor Zora. «L’anno dopo illustrai i risultati di quella ricerca in un convegno a Saturnia. Fu la fine. Tutto ciò che mia moglie e io avevamo fatto sino a quel momento non valeva più niente». Ciò che avrebbero fatto di lì in avanti sarebbe valso ancora meno.
Eppure il preparato, frutto delle loro ricerche, l’Imb (immunomodulante biologico), non ha niente a che fare col siero Bonifacio. È un prodotto che ha per principio attivo l’Lps, lipopolisaccaride estratto da batteri Gram-negativi, ampiamente studiato presso l’Università di Tours, ...
Massimo Fini ha scritto questo articolo sul “fenomeno Obama”, schierandosi decisamente dalla parte di coloro che “tanto non cambia nulla”. Lo pubblichiamo per intero, con mia risposta a seguire.
M.M.
Tutti pazzi per Obama? di Massimo Fini
Tutti pazzi per Obama. Oltre, e forse più, che negli Stati Uniti, in Europa e soprattutto in Italia dove non siamo mai secondi a nessuno nel flaianesco correre "in soccorso del vincitore". Tutti pazzi per Obama , a sinistra come a destra. A sinistra perché si ritiene che rappresenti "il cambiamento" (parola magica e taumaturgica che, per se stessa, non significa assolutamente nulla se non l'eterno bisogno dell'uomo di illudersi che le cose, nel futuro, vadano meglio), a destra però l'elezione di un presidente nero, o comunque mezzo nero, dimostrerebbe, come scrive, sia pur a denti stretti, Angelo Panebianco sul Corriere della Sera, quanto "aperta e libera" sia la società americana.
Ho ascoltato in questi giorni un'infinità di stucchevoli dibattiti sulle elezioni americane, ma alla domanda perché mai Barack Obama debba essere considerato se non "l'uomo della Provvidenza" almeno quello del "cambiamento" (concetto che, se ha mai un senso, contiene in sè quello di "miglioramento") la sola risposta comprensibile che politici, politologi, esperti, commentatori, eccetera, hanno saputo dare è questa: perché è un nero. Ora un nero non è per ciò stesso, migliore di un bianco. Questo lo può pensare solo una società intimamente razzista come resta quella americana ...
di Marco Cedolin
Se la sentenza di luglio, relativa alle violenze e torture compiute dalle forze dell’ordine nei confronti di centinaia di giovani inermi all’interno della caserma di Bolzaneto, durante il G8 del 2001 era sembrata un vero e proprio colpo di spugna, avendo portato alla condanna solamente15 dei 45 imputati a complessivi 24 anni di carcere, contro gli oltre 76 chiesti dai magistrati Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati, senza oltretutto contestare il reato di tortura dal momento che non esiste nel nostro ordinamento giuridico in spregio perfino alla convenzione ONU in materia di diritti dell’uomo, la sentenza di ieri riguardante la sanguinosa irruzione delle forze dell’ordine all’interno della scuola Diaz, sempre durante il G8 di Genova, riesce a fare perfino di peggio, assumendo il carattere di una vera e propria amnistia.
Nonostante nel corso del processo siano state dimostrate in maniera incontrovertibile le responsabilità degli agenti, sia per quanto riguarda le violenze gratuite nei confronti dei giovani che dormivano all’interno della scuola Diaz, sia in merito alla falsificazione delle prove consistenti in bombe molotov, picconi e spranghe portati sul posto dagli stessi poliziotti al fine di giustificare con l’inganno il proprio operato, la sentenza emessa dal prima sezione penale del Tribunale di Genova è di quelle da lasciare basito chiunque sia stato in grado di percepire la gravità degli accadimenti.
Tredici condanne e sedici assoluzioni (fra le quali tutti gli uomini appartenenti ai vertici della polizia) per un totale di 35 anni e sette mesi, ...
Capita a tutti di perdere il portafoglio, gli occhiali o le chiavi della macchina. A volte capita anche di perdere cose molto più importanti, come una valigia, la suocera, o persino il filmato del primo uomo sulla Luna (capitò alla NASA – ci dissero – qualche tempo fa).
Ma di perdere una bomba atomica non era ancora successo a nessuno.
Il fatto risale al 1968, ed ebbe luogo vicino alla base miliare americana di Thule in Groenlandia. Thule era l’avamposto americano di intercettazione di un eventuale attacco nucleare sovietico, e nella zona circolavano costantemente bombardieri armati di testate atomiche, pronti a colpire la Russia in caso di emergenza.
Nel gennaio del 1968 si verificò un incendio a bordo di uno di questi aerei, che trasportava 4 bombe atomiche, e l’equipaggio fu costretto a lanciarsi con il paracadute, prima che l’aereo si schiantasse sulla superficie ghiacciata della baia sottostante.
Fortunatamente le bombe non erano innescate, per cui si verificò solo lo scoppio del normale esplosivo che sta intorno al cuore dell’ordigno, ...
di Marco Cedolin
Ci sono note di colore che meglio di qualsiasi altro accadimento riescono a fotografare perfettamente lo stato di profondo degrado nel quale ormai giacciono sia l’informazione che la politica all’interno di questo disgraziato Paese. Note di colore che sembrerebbero rubate ai cartoni dei Simpson o a qualche commedia del filone demenziale, ed invece appartengono drammaticamente al lemmario dei nostri TG e dei mestieranti della politica che proprio davanti alle telecamere giorno dopo giorno costruiscono la propria immagine, cambiando opinione alla bisogna, così come fanno con gli abiti le modelle durante un defilè.
Ormai da un paio d’anni, senza che nessun politico o giornalista abbia avuto a dolersene più di tanto, sul Monte Musinè, praticamente all’ingresso della Valle di Susa, campeggia un’enorme scritta “NO TAV” non dipinta con la vernice, bensì realizzata pazientemente con teli e reti da cantiere da un nutrito gruppo di valsusini.
Qualche giorno fa un ugualmente nutrito gruppo di NO TAV si è recato sul Musinè alla luce del sole e, dopo che le guardie forestali avevano proceduto all’identificazione di ogni singolo partecipante, ha provveduto a risistemare la scritta originaria danneggiata dalle intemperie, ...
L'ARTICOLO
Un camion di frutta si è rovesciato in tangenziale, coprendo mezzo chilometro di asfalto con albicocche, pere e banane, che sono state schiacciate dagli automobilisti di passaggio, rendendo il tratto particolarmente scivoloso. Questo ha creato una serie di tamponamenti a catena, con oltre trenta auto coinvolte. Una donna di 27 anni è rimasta uccisa. Vi sono anche quindici feriti, di cui tre gravi. L’autista del camion, che è stato arrestato, è risultato essere ubriaco al momento dell’incidente.
Massimo Mazzucco
I COMMENTI
ARMA_GEDDON: Che articolo stupido. Non c’era niente di meglio su cui scrivere oggi?
CLORO_FORMIO: Io credo invece che Massimo abbia voluto mandarci un messaggio molto sottile: ci sta dicendo che le responsabilità non si possono mai attribuire ad una sola persona. Se gli automobilisti avessero viaggiato a distanza di sicurezza, il tamponamento a catena non ci sarebbe stato.
ANTI_PATICO: Quindi la colpa sarebbe della donna che è morta, e non del camionista ubriaco?
CLORO_FORMIO: Non ho detto questo, ...
Ci ha scritto il sito spagnolo INVESTIGAR 11s:
Ieri abbiamo avuto un gran successo di pubblico, alla Conferenza Internazionale in cui ha parlato Richard Gage, rappresentante del gruppo “Architetti e Ingegneri per la verità sull’undici settembre”, alla Fondazione di Architettura (Scuola ufficiale degli Architetti di Madrid).
C’erano 250 persone, di cui molti architetti e ingegneri, che sono rimaste ad ascoltare per quasi 3 ore gli innumerevoli argomenti presentati. Come “Associazione per la verità sul 9/11” abbiamo ottenuto che questo noto conferenziere venisse a Madrid nel suo tour europeo che lo porta in 8 città diverse.
Richard ha mostrato come gli edifici crollati siano in realtà stati demoliti, ...
Una domanda, posta di recente da un nostro iscritto, solleva una questione di fondamentale importanza: “Se sono veramente libero – si domanda l’utente - chi o cosa mi impone di tesserarmi come cittadino di uno stato e vivere da tale? Io nasco, non chiedo niente (a uno stato), e per tanto non voglio niente in cambio”.
La prima risposta che viene da dare è “perchè se tutti facessero così si creerebbe il caos”. Ma è una risposta profondamente sbagliata, poichè parte da un presupposto tutt’altro che scontato. A: Chi l’ha detto che si creerebbe per forza il caos? B: E anche se così fosse? Dove sta scritto che il caos non possa esserci?
Il vero errore però sta nella domanda iniziale: l’individuo che viene al mondo in realtà “è” libero di scegliere. Può scegliere di adattarsi alle condizioni che gli vengono imposte da chi è nato prima di lui, ma può anche scegliere di non adattarsi, e diventare quello che la società chiama “un ribelle”.
Naturalmente, la società fa di tutto per imporre all’individuo di adattarsi, rendendogli praticamente impossibile la ribellione attraverso il ricatto continuo: se diventi un fuorilegge la tua vita diverrà un calvario, e molto pochi se la sentono a quel punto di mettersi contro il mondo intero.
Ma in linea teorica la libertà esiste.
Bisogna quindi analizzare il problema a livello di costrizione morale e sociale, più che non di libertà come principio assoluto. Come fa la società ad “obbligarti” ad accettare i suoi parametri? Il meccanismo inizia fin da piccoli, quando la mamma o il papà ti dicono “no, quello non si fa!” Il bambino non ha certo gli strumenti critici per mettere in discussione quel divieto, ...
La gregarietà culturale del Partito democratico. Walter Veltroni: “Io credo all’insostituibilità dell’America”
di Gennaro Carotenuto
Su Repubblica di oggi (p. 10) [ieri, n.d.r.] Goffredo de Marchis intervista Walter Veltroni che dichiara:
“Io credo all’insostituibilità dell’America. Il mondo non può accettare l’isolamento degli USA, non può rinunciare alla sua leadership morale”.
Sarebbe bene che il segretario del Partito Democratico spiegasse se il destino di 20 anni di storia della sinistra italiana sia stato passare da una gregarietà a un’altra, dal ruolo guida dell’Unione Sovietica all’insostituibilità degli Stati Uniti, dalla patria dei lavoratori alla leadership morale degli Stati Uniti.
In questi vent’anni il percorso che ha portato dal PCI al PD non è stata la necessaria ricerca di una nuova modernità e di un nuovo modello di sviluppo che superasse il ‘900 e la sconfitta ineludibile del socialismo reale. Questo percorso è stato invece una resa culturale incondizionata ...
Dopo l’ultima discussione, nell’articolo dedicato alle elezioni americane, sono giunto ad una conclusione in qualche modo sorprendente: il problema dell’Italia non sta affatto nella “massa di pecoroni che guarda la TV”, ma in quella ristretta elite di intellettuali che crede di aver capito tutto solo perchè ha smesso di guardarla.
Il problema dell’Italia si chiama cinismo, presunzione, qualunquismo.
Sono tre caratteristiche tipiche di una certa “elite” che oggi popola la rete, e sono caratteristiche pienamente funzionali - guarda caso - alla conservazione del potere da parte di chi lo detiene.
Pensateci bene: cos’altro potrebbe desiderare, chi sta al potere, se non una massa di gente che dice ”tanto non cambia nulla”?
In realtà questo non è un problema di oggi, già Pasolini lo aveva evidenziato in maniera scottante: il popolo non è fesso, è solo intontito dal “rumore” mediatico, ma sotto l’apparente apatia conserva intatta la capacità di intendere e di volere. Sono invece gli intellettuali, quelli che credono di aver capito tutto, che si fanno scudo del “tanto non cambia nulla” per evitare di rimboccarsi le maniche e provare a rimuovere quella crosta di apatia negli altri, per arrivare a raddrizzare davvero le sorti del loro paese.
E poi naturalmente sono gli stessi che si lamentano di vivere in un “paese di merda”.
Sono loro le vere “zavorre” del progresso, che frenano una qualunque spinta al cambiamento poichè si autosoddisfano della loro presunta conoscenza, e non si sforzano minimamente di tradurla in azione positiva.
In questo senso Internet ha compiuto – senza volerlo – un miracolo al contrario: mettendo a disposizione di costoro ingenti masse di informazione, ...
Solo chi non conosce bene la storia americana può non apprezzare fino in fondo il significato storico della vittoria di Barack Obama.
Basti pensare che solo 40 anni fa i suoi genitori – un nero e una bianca – non avrebbero potuto nemmeno viaggiare insieme in autobus da una città all’altra degli Stati Uniti.
Basti pensare che 40 anni fa fece scalpore un film in cui un nero (Sidney Poitier) decideva di sposarsi con una donna bianca.
Basti pensare che 40 anni fa i neri americani non avevano ancora acquisito il diritto universale di votare.
Eppure, poco prima di essere ucciso, Robert Kennedy dichiarò: “Entro 40 anni un nero potrà diventare presidente di questa nazione”. Era il 1968, a 40 anni esatti da oggi.
Ma la grandezza di Barack Obama - e quello che gli ha permesso di vincere – è stata di non impostare una campagna elettorale nel nome di una eventuale “rivincita” dei neri, ma della semplice affermazione dei valori di eguaglianza espressi dalla Costituzione.
Nel discorso di ringraziamento, infatti, Obama ha esordito dicendo: “Se c’è ancora qualcuno che pensa che in questa nazione esistano traguardi irraggiungibili per il cittadino qualunque, la serata di oggi contiene la sua risposta”.
Ora, sappiamo tutti bene che il “cittadino qualunque”, per poter raggiungere quei traguardi, deve prima scendere a compromessi non da poco, ma a questo punto bisogna introdurre una importante distinzione ...
Leggi tutto: Costretto a rifugiarmi in Vaticano perché aiutavo i malati di tumore