Solo chi non conosce bene la storia americana può non apprezzare fino in fondo il significato storico della vittoria di Barack Obama.
Basti pensare che solo 40 anni fa i suoi genitori – un nero e una bianca – non avrebbero potuto nemmeno viaggiare insieme in autobus da una città all’altra degli Stati Uniti.
Basti pensare che 40 anni fa fece scalpore un film in cui un nero (Sidney Poitier) decideva di sposarsi con una donna bianca.
Basti pensare che 40 anni fa i neri americani non avevano ancora acquisito il diritto universale di votare.
Eppure, poco prima di essere ucciso, Robert Kennedy dichiarò: “Entro 40 anni un nero potrà diventare presidente di questa nazione”. Era il 1968, a 40 anni esatti da oggi.
Ma la grandezza di Barack Obama - e quello che gli ha permesso di vincere – è stata di non impostare una campagna elettorale nel nome di una eventuale “rivincita” dei neri, ma della semplice affermazione dei valori di eguaglianza espressi dalla Costituzione.
Nel discorso di ringraziamento, infatti, Obama ha esordito dicendo: “Se c’è ancora qualcuno che pensa che in questa nazione esistano traguardi irraggiungibili per il cittadino qualunque, la serata di oggi contiene la sua risposta”.
Ora, sappiamo tutti bene che il “cittadino qualunque”, per poter raggiungere quei traguardi, deve prima scendere a compromessi non da poco, ma a questo punto bisogna introdurre una importante distinzione ... ... nel nostro ragionamento: da una parte c’è l’elezione vissuta dai candidati, dall’altra c’è quella vissuta dal popolo.
Sul primo fronte possiamo stare a disquisire per giorni su “quanto“ in effetti un presidente come Obama potrà cambiare il corso della storia, e solo la storia potrà darci quella risposta completa.
Sull’altro fronte invece c’è un fatto assolutamente solido e inconfutabile: un’intera nazione come gli Stati Uniti ha votato per Barack Obama, e per quello che lui rappresenta “per loro”.
In altre parole, indipendentemente da quello che farà Obama, l’elezione appena conclusa ci ha dimostrato che per la prima volta in otto anni gli americani hanno visto la speranza prevalere sulla paura, e hanno visto la loro parte costruttiva prevalere su quella distruttiva.
Tanto è durato il trauma dell’undici settembre, che aveva permesso ai neoconservatori di impazzare liberamente in ogni direzione, senza alcun controllo, arrivando a depredare le casse statali di tutto quello che contenevano, nascosti dietro al “bau-bau” del terrorismo mondiale.
La stessa America che nel 2004 – nonostante gli insuccessi ormai evidenti dell’amministrazione Bush - aveva voluto a tutti i costi continuare nella stessa direzione suicida, oggi è passata in minoranza, e ha lasciato la strada al buon senso, alla ragionevolezza e allo spirito costruttivo che hanno da sempre animato questa giovane nazione.
Non dimentichiamo che per l’America avere duecento anni è come per un individuo averne una decina, dodici al massimo: cominci appena a capire di che cosa è fatto il mondo che ti circonda.
Ebbene, l’America di oggi ha saputo votare per Obama nonostante sia nero, semplicemente perchè ha visto in lui dei valori che trascendono il colore della sua pelle. Se anche – paradossalmente – Obama avesse voluto ingannarli tutti, rimane il fatto incontrovertibile che l’America abbia scelto quei valori, ed è questo che conta più di ogni altra cosa.
Alla fine sono i popoli del mondo a fare la storia, e non i loro governanti, e oggi l’America è cresciuta come raramente lo aveva fatto nel passato.
Massimo Mazzucco