di Federico Giovannini
Questo articolo è dedicato a chiunque sia pronto e disponibile a fare un lavoro importante su sé stesso. Chi ritiene che solo negli altri ci sia il marcio e il mondo vada cambiato lasciando sé stessi immutati come una statua di marmo può serenamente saltarlo a piè pari, senza inutili perdite di tempo.
Quante volte affrontando i temi dibattuti sul nostro sito ci siamo chiesti: ok ma cosa possiamo fare di concreto?
Quante volte ci siamo detti (me compreso) quando uscirà questa verità/denuncia/documentario/articolo cambierà tutto? E poi invece il mondo continua regolarmente a camminare a passi decisi verso l’autoannientamento.
Mauro Scardovelli, costituzionalista e psicoterapeuta, offre una visione d’ insieme dove finalmente i conti cominciano a quadrare, dove inizia ad apparire un senso in quello che stiamo vivendo e all’inutilità di proiettare continuamente fuori di noi i problemi della società senza assumerci minimamente vere responsabilità, ovvero senza considerare che se veramente vogliamo cambiare qualcosa inevitabilmente non si può che cominciare da noi stessi ;perché come sanno bene i veri educatori un esempio vale più di mille parole.
Se dovessi provare a definire l'anno che si chiude con una sola parola, utilizzerei il termine "delusione".
Questa delusione nasce dalla realizzazione che qualunque governo possa venire a formarsi in Italia, la nostra situazione non potrà mai cambiare in modo sostanziale.
Certo, si potranno dare 100 euro in più a chi è povero, e magari mandare in pensione qualche mese prima chi se lo è meritato, ma la realtà complessiva che ci circonda non potrà mai cambiare più di tanto: siamo una nazione schiava.
Schiava economicamente, a causa di un debito che ci schiaccia in maniera insopportabile, e che ci toglie ogni margine di manovra per cambiare efficacemente la nostra organizzazione sociale. Schiava politicamente, perché siamo legati mani e piedi al patto Atlantico, e da quello non possiamo uscire. Schiava ideologicamente, perché legati a certi dettami del pensiero unico che viene controllato ferocemente dai media di sistema, e che impedisce una qualunque mutazione sostanziale nelle opinioni delle masse.
L'altro giorno, mentre riflettevo sulla sorte crudele di Antonio Megalizzi, ho pensato: "Almeno questa volta non ci sono i soliti fessacchiotti che dicono 'E' tutto falso' ".
E invece anche questa volta sono arrivati.
Persino qui su luogocomune, sito conosciuto per prediligere l'uso della logica e dei riscontri fattuali, è comparso qualcuno che ha detto "è tutta una messinscena, a Strasburgo non è morto nessuno".
A questo punto mi domando quale possa essere il meccanismo mentale che porta certe persone ad oscurare a tal punto la propria capacità di raziocinio da fare affermazioni del genere. Il semplice ragionamento che costoro fanno per giungere a tale conclusione infatti ("non ci sono foto del morto quindi non è morto") non è sufficiente a giustificare un tale salto quantico nel nostro cervello.
Ci deve essere qualcos'altro, un "a priori" di tipo kantiano, che ti porta poi a formulare una giustificazione così fragile, pur di arrivare a quella conclusione.
di Stefano Re
di Giulietto Chiesa
Da parecchi anni la mia attenzione torna spesso, sempre più spesso, sull’interrogativo che, per la prima volta, formulai nel mio libro “Superclan” (Feltrinelli 2003). E su cui ritornai, con un intero capitolo del mio libro “Invece della catastrofe” (Piemme, 2016). Come pensano, cosa pensano i “padroni universali”?
C’è una spiegazione. Questa ricorrenza è connessa con l’acuta sensazione del peggioramento della situazione internazionale e dell’accumularsi di condizioni sempre più critiche in numerosi campi dell’organizzazione sociale, dell’economia, degli equilibri ambientali, degli sviluppi scientifici e tecnologici etc.
Sono arrivato a questa domanda dopo avere compreso che costoro, i “padroni universali”, esistono davvero e che, in quanto dotati di un potere immenso, probabilmente senza precedenti nella storia umana, essi devono avere idee corrispondenti alle dimensioni del loro potere. Comunque specificamente plasmate dalle esigenze che il loro stesso potere impone loro.
di Alberto Medici
- Hey! Psst! Ma ci sei? Pronto? C'è qualcuno? Ma sei sveglio o dormi?
- Come dormo? Certo che sono sveglio! Ma chi sei?
- Ah già! Lui è quello che ha scritto "Risvegliàti", figurarsi se non ti rispondeva così... Sempre sveglio! Pronti all'attenti!
- Spiritoso... ma si può sapere chi sei? Non vedo nulla, sento solo la tua voce, ma che vuoi da me?
- Lascia perdere chi sono, non è tanto importante; anzi, non conta proprio nulla, conta molto di più quello che ho da dirti.
- Ah, bella questa.... vuoi fare il misterioso? Almeno datti un nome, che io sappia come chiamarti se ti devo rispondere.
- Guarda, non c'è problema, stai pure tranquillo che per quello che devo dirti basta che ascolti; io, poi, per dire il vero, non esisto neanche, sono stato inventato dalla fervida fantasia di quelli come te.
- Quelli come me?
- Massì, voi complottisti: vi inventate un sacco di cose, come ad esempio il fatto che il mondo sia governato da una elite perlopiù finanziaria che organizza la vita dell'umanità, crea gli inganni (altro titolo a te caro, mi sembra di ricordare), e studia tutte la maniere possibili per restare nell'oscurità e, nell'anonimato, controllare e tirare le fila.
Oggi ho ricevuto questa mail, che pubblico insieme alla mia risposta.
"Caro Massimo, avendo visionato il tuo documentario sulle cure proibite del cancro la mia necessità è quella di poter accedere alla documentazione che attesta la veridicità delle cure in oggetto. Per esempio il metodo Gerson del quale le informazioni dicono essere state pubblicate solo in Europa. In realtà se possibile, vorrei tutto, tutto ciò che hai di possibile documentazione che possa attestare che oggettivamente hanno funzionato/funzionano. Altrimenti vorrei mi indirizzassi circa il dove reperire le informazioni. Ho fame di informarmi e informare e, sapendo che puoi capirmi perfettamente, ti condivido che in ciò si racchiude un mondo. Grazie e ti chiedo di perdonare la mia incisività, è dovuta solo al fatto che non ho più tempo da perdere."
di Felice Di Giandomenico (Adonis)
Viviamo nell’era del “pensiero unico” e del “politicamente corretto”: un’era in cui si è imposta un’omologazione e un’adesione incondizionata “della massa” a stili di vita e modi di percepire la realtà confezionati ad hoc da un sistema-potere le cui parole d’ordine sono: buonismo, consumo, economia, mercato e benessere a tutti i costi. Ma spesso, i costi di questo presunto benessere tanto ostentato risultano piuttosto alti.
Volendo dare una definizione semplice ma chiara di pensiero unico, è possibile considerarlo come una sorta di conformismo globale, dove la massa si allinea, spesso in maniera acritica, a modi di percepire i fatti della vita condizionati e/o imposti in modo più o meno occulto, dal sistema-potere.
Con il termine politicamente corretto (politically correct), invece, ci si riferisce in particolare al modo con cui si esprimono determinate idee o opinioni facendo bene attenzione a non sforare in presunte volgarità o cadere in atipici atteggiamenti attraverso i quali si rischia di essere tacciati di razzismo, fascismo, stalinismo, rossobrunismo, omofobia, ecc.
Per alcuni, il pensiero unico è una forma “pervasiva e capillare” di un totalitarismo democratico incombente, incalzante, che sta avanzando a gran velocità servendosi soprattutto della tecnica della persuasione coercitiva o lavaggio del cervello che dir si voglia. Spesso, quando si parla dei condizionamenti e delle suggestioni prodotte da tale totalitarismo democratico, ci si riferisce alla metafora della “rana bollita”, efficacemente proposta dal grande linguista e teorico della comunicazione Noam Chomsky nel suo libro “Media e potere”.
di Fabio Angiolini [fabiomln]
Cogito ergo sum.
Questo è un buon punto di partenza, ma la questione è: quando cogito, sogno o son sveglio? Tornerò alla fine sul significato e sul perché della domanda.
Quando si sogna si verificano almeno tre eventi singolari.
La prima cosa è l'incredibile capacità del cervello di creare all'istante situazioni che al miglior regista richiederebbero mesi di analisi e prove. Il cervello lo fa al volo, creando personaggi e sceneggiature del tutto sconosciuti all' individuo quando è in stato di veglia: soggetti totalmente inventati che posseggono una loro personalità; a volte sono timidi altre volte intraprendendenti, cattivi oppure buoni, etc... Possiedono una loro connotazione fisica: alti, bassi, biondi, mori, etc...
Mi domando su che base il mio cervello (e suppongo anche il vostro) crei letteralmente questi personaggi o le ambientazioni. Talvolta mi dico, da sveglio, che io non possiedo tutta questa fantasia e non mi capacito da dove attinga il mio cervello.
Esistono diverse forme di analfabetismo funzionale. La più elementare è quella che risponde alla definizione corrente: persone che sono perfettamente in grado di leggere e scrivere, ma che faticano a comprendere il senso di ciò che leggono.
Questo ovviamente è dovuto al progressivo impoverimento del linguaggio, che riduce il tutto a un semplice "like" o "dislike" sui social, con evidente caduta verticale dell'uso dell'argomentazione. A furia di seguire i suoi scivoli mentali, che lo portano direttamente ad un "sì" o "no", ad un "bianco" o "nero", l'individuo perde la facoltà di riconoscere e navigare nel grigio, con tutte le sfumature che questo può comportare.
Ma c'è poi una seconda forma di analfabetismo, che risulta non tanto da un limite di tipo grammaticale, quanto piuttosto da un limite logico. In altre parole, queste persone sono perfettamente in grado di comprendere e argomentare, ma lo fanno secondo dei parametri fissi, inamovibili, che gli impediscono in ogni caso di raggiungere delle conclusioni valide.
Sono le persone che usano la propria persona (e la propria mente, o il proprio punto di vista) come parametro assoluto per giudicare il mondo.
Ho ricevuto questa lettera da un lettore di luogocomune. Ho deciso di pubblicarla, insieme alla mia risposta, perchè credo che sia un problema che riguarda molti di noi.
Ciao Massimo, sono un giovane neolaureato in informatica che segue da tanto tempo il tuo blog e le tue conferenze.
Durante tutti questi anni mi sono fortemente appassionato a tutti i temi che hai trattato nei tuoi film e nei tuoi documentari. Mi hai fatto scoprire un mondo di giornalismo d'inchiesta e controinformazione che non conoscevo e mi hai permesso di approfondire tematiche interessantissime che mai e poi mai avrei pensato di approfondire, visto anche il mio percorso di studi.
Purtroppo sto attraversando un periodo davvero di merda. Appassionato dai tuoi argomenti ho divulgato molto nella mia cerchia di amici e parenti i tuoi documentari e diversi tuoi articoli, cercando di renderli partecipi e di illustrare un diverso punto di vista su fatti della nostra storia dati per assodati, senza cercare di convincere nessuno ovviamente ma solo presentando teorie (che poi per me sono fatti) che non tutti conoscono.
Leggi tutto: Una speranza e un obiettivo di lavoro: la visione di Mauro Scardovelli