di Felice Di Giandomenico (Adonis)
Viviamo nell’era del “pensiero unico” e del “politicamente corretto”: un’era in cui si è imposta un’omologazione e un’adesione incondizionata “della massa” a stili di vita e modi di percepire la realtà confezionati ad hoc da un sistema-potere le cui parole d’ordine sono: buonismo, consumo, economia, mercato e benessere a tutti i costi. Ma spesso, i costi di questo presunto benessere tanto ostentato risultano piuttosto alti.
Volendo dare una definizione semplice ma chiara di pensiero unico, è possibile considerarlo come una sorta di conformismo globale, dove la massa si allinea, spesso in maniera acritica, a modi di percepire i fatti della vita condizionati e/o imposti in modo più o meno occulto, dal sistema-potere.
Con il termine politicamente corretto (politically correct), invece, ci si riferisce in particolare al modo con cui si esprimono determinate idee o opinioni facendo bene attenzione a non sforare in presunte volgarità o cadere in atipici atteggiamenti attraverso i quali si rischia di essere tacciati di razzismo, fascismo, stalinismo, rossobrunismo, omofobia, ecc.
Per alcuni, il pensiero unico è una forma “pervasiva e capillare” di un totalitarismo democratico incombente, incalzante, che sta avanzando a gran velocità servendosi soprattutto della tecnica della persuasione coercitiva o lavaggio del cervello che dir si voglia. Spesso, quando si parla dei condizionamenti e delle suggestioni prodotte da tale totalitarismo democratico, ci si riferisce alla metafora della “rana bollita”, efficacemente proposta dal grande linguista e teorico della comunicazione Noam Chomsky nel suo libro “Media e potere”.
di Fabio Angiolini [fabiomln]
Cogito ergo sum.
Questo è un buon punto di partenza, ma la questione è: quando cogito, sogno o son sveglio? Tornerò alla fine sul significato e sul perché della domanda.
Quando si sogna si verificano almeno tre eventi singolari.
La prima cosa è l'incredibile capacità del cervello di creare all'istante situazioni che al miglior regista richiederebbero mesi di analisi e prove. Il cervello lo fa al volo, creando personaggi e sceneggiature del tutto sconosciuti all' individuo quando è in stato di veglia: soggetti totalmente inventati che posseggono una loro personalità; a volte sono timidi altre volte intraprendendenti, cattivi oppure buoni, etc... Possiedono una loro connotazione fisica: alti, bassi, biondi, mori, etc...
Mi domando su che base il mio cervello (e suppongo anche il vostro) crei letteralmente questi personaggi o le ambientazioni. Talvolta mi dico, da sveglio, che io non possiedo tutta questa fantasia e non mi capacito da dove attinga il mio cervello.
Esistono diverse forme di analfabetismo funzionale. La più elementare è quella che risponde alla definizione corrente: persone che sono perfettamente in grado di leggere e scrivere, ma che faticano a comprendere il senso di ciò che leggono.
Questo ovviamente è dovuto al progressivo impoverimento del linguaggio, che riduce il tutto a un semplice "like" o "dislike" sui social, con evidente caduta verticale dell'uso dell'argomentazione. A furia di seguire i suoi scivoli mentali, che lo portano direttamente ad un "sì" o "no", ad un "bianco" o "nero", l'individuo perde la facoltà di riconoscere e navigare nel grigio, con tutte le sfumature che questo può comportare.
Ma c'è poi una seconda forma di analfabetismo, che risulta non tanto da un limite di tipo grammaticale, quanto piuttosto da un limite logico. In altre parole, queste persone sono perfettamente in grado di comprendere e argomentare, ma lo fanno secondo dei parametri fissi, inamovibili, che gli impediscono in ogni caso di raggiungere delle conclusioni valide.
Sono le persone che usano la propria persona (e la propria mente, o il proprio punto di vista) come parametro assoluto per giudicare il mondo.
Ho ricevuto questa lettera da un lettore di luogocomune. Ho deciso di pubblicarla, insieme alla mia risposta, perchè credo che sia un problema che riguarda molti di noi.
Ciao Massimo, sono un giovane neolaureato in informatica che segue da tanto tempo il tuo blog e le tue conferenze.
Durante tutti questi anni mi sono fortemente appassionato a tutti i temi che hai trattato nei tuoi film e nei tuoi documentari. Mi hai fatto scoprire un mondo di giornalismo d'inchiesta e controinformazione che non conoscevo e mi hai permesso di approfondire tematiche interessantissime che mai e poi mai avrei pensato di approfondire, visto anche il mio percorso di studi.
Purtroppo sto attraversando un periodo davvero di merda. Appassionato dai tuoi argomenti ho divulgato molto nella mia cerchia di amici e parenti i tuoi documentari e diversi tuoi articoli, cercando di renderli partecipi e di illustrare un diverso punto di vista su fatti della nostra storia dati per assodati, senza cercare di convincere nessuno ovviamente ma solo presentando teorie (che poi per me sono fatti) che non tutti conoscono.
Fulvio Grimaldi sta facendo circolare questo post di Roberto Vallepiano su Sergio Marchionne. Non sono in grado di verificare ogni singola affermazione fatta da Vallepiano, ma mi sembra comunque un ottimo spunto per chiarire la vera natura di quello che in queste ore tutti si affannano a definire "un grande italiano".
Che grand'uomo Marchionne.
Il beniamino della sinistra padronale.
Che grand'uomo Marchionne.
Con il suo stipendio ci campano 6400 operai.
In un solo giorno guadagna quanto un operaio in 10 anni di duro lavoro.
Che grand'uomo Marchionne.
Turni massacranti, ritmi di lavoro infernali e niente pause, neppure per andare al bagno.
Si sta instaurando ormai a tutti i livelli, nel pubblico confronto, un meccanismo per cui la verità diventa qualcosa di liquido, immediatamente "reversibile" nel suo opposto grazie ad una semplice dichiarazione contraria.
Facciamo qualche esempio: Luigi Di Maio accusa l'ex-ministro Calenda di avere mal condotto la gara che ha portato all'offerta di Arselor-Mittal per l'acquisto dell'ILVA di Taranto. Risposta di Calenda? "Totali idiozie", e liquida così con due parole l'accusa del ministro che lo ha rimpiazzato.
Oppure: L'ex presidente della camera Pietro Grasso viene condannato a risarcire il PD per 80 mila euro che non avrebbe mai versato nelle casse del partito, durante la sua militanza piddina. Risposta di Grasso? "Parole infamanti, è una ritorsione”, liquidando così in due parole una sentenza emessa dalla magistratura italiana.
Nuovamente si è trovata una soluzione momentanea alla questione migranti, e nuovamente il governo italiano canta vittoria, come se il problema fosse stato risolto definitivamente.
Ieri si era cantato vittoria perchè la Spagna aveva deciso di accogliere la nave Aquarius, oggi si canta vittoria perchè i 450 di Pozzallo verranno smistati fra Francia, Germania, Malta, Spagna e Portogallo.
E' certamente un enorme passo in avanti - questo non lo nega nessuno - ma è assolutamente impensabile che ogni volta che arriva una nave carica di migranti il nostro primo ministro debba prendere carta e penna e mettersi a scrivere a tutte le cancellerie d'Europa per chiedere se "perfavore" possono prendersi una cinquantina di migranti.
A mio parere Conte dovrebbe approfittare della situazione odierna per chiedere una riunione urgente a Bruxelles, nella quale pretendere che ciò che oggi viene fatto come "gesto volontario" da domani diventi la regola per tutti.
Da domani, e non "in futuro".
Da innocuo giocattolo e utile servigio a cane da pastore. Da organismo di perdizione a spunto di redenzione.
di Lorenzo Merlo
Intorno a fine maggio 2018 repubblica.it titolava così un video:
«Facebook, la lavata di capo del parlamentare Ue a Zuckerberg: “Hai creato un mostro».
Non si capisce se lavata di capo era un modo gentile per alludere che l’ha messo al muro o se l’autore – ignoto – del titolo e del trafiletto che segue era immacolato nei confronti di quanto stava presentando così:
«Mark Zuckerberg ceo e fondatore di Facebook, è stato convocato dal Parlamento europeo per rispondere sul caso di Cambridge Analytica. Molti parlamentari si sono innervositi perché Zuckerberg non è riuscito o non ha voluto rispondere a tutti i quesiti postigli. Guy Verhofstadt, ex primo ministro del Belgio e oggi parlamentare europeo dell’Alde, ha caricato sui social il suo discorso a Zuckerberg, tra i più infervorati della seduta: “Lei deve domandare a se stesso se vuole essere ricordato come Steve Jobs e Bill Gates, i quali hanno arricchito la società, o come il creatore di un mostro digitale che sta distruggendo le nostre democrazie”».
Si dice spesso che quello dell'immigrazione sia "un problema complesso", e che non lo si possa quindi risolvere con una semplice formula di due righe.
Questo è verissimo, ma quando poi si cerca di analizzare questa complessità ci si trova davanti ad un garbuglio intricato di concetti che tendono a mescolarsi continuamente fra di loro.
Forse un piccolo grafico può aiutare, se non altro a separare fra di loro i vari livelli del problema.
Al livello più basso ci sono sicuramente i migranti stessi. Ovvero la carne umana, l'oggetto del contendere, la cristallizzazione fisica del problema reale. Centinaia di migliaia di disperati che lasciano le loro terre vuote di promesse alla ricerca di un futuro migliore.
Queste masse si spingono istintivamente verso nord, attratte dal miraggio del benessere europeo.
Ma fra loro e questo miraggio si frappone un problema: il viaggio. I paesi europei infatti non accettano un'immigrazione libera, da qualunque parte del mondo. E' quindi necessario arrivare in Europa con metodi illegali.
Di recente ho ricevuto questa e-mail da un frequentatore di luogocomune. Visto che l'argomento può interessare diverse persone, ho scelto di rispondergli pubblicamente.
"A luglio compirò 40 anni, così come la mia compagna. Sono un avvocato, alle prese tutti i giorni con un mestiere che non garantisce più neanche lontanamente i redditi di una volta. La mia compagna è impiegata nel turismo, da anni con contratti di pochi mesi…insomma combattiamo ogni giorno la precarietà, come tanti altri.
Da poche settimane abbiamo avuto la notizia che arriverà un figlio, sperando ovviamente che tutto vada bene.
Non ti nascondo che l'idea di diventare padre mi spaventa. Ho spesso pensato che fosse una follia affidare un figlio a questo mondo distorto. Da anni, prima ancora di conoscere Luogocomune, ho sempre cercato di informarmi, non accettando verità calate dall’alto. Il tuo sito ed i tuoi lavori non hanno fatto poi che confermare i miei dubbi.
Mi ha molto colpito la notizia dell'avvocato americano che si è dato fuoco per protestare contro il degrado ambientale del pianeta.
Mi ha colpito non tanto per il sacrificio umano, quanto piuttosto per l'inutilità intrinseca del gesto.
David Buckel era un attivista, e come avvocato in passato aveva difeso la causa dei diritti dei gay e transessuali. Come ambientalista viveva il suo messaggio in prima persona: riduceva al minimo il consumo personale dell'acqua, e andava al lavoro a piedi per non consumare combustibili fossili.
Ma il suo gesto rimane assolutamente inspiegabile, di fronte alla prevedibile irrilevanza che avrebbe avuto nel mondo. Innanzitutto lo ha compiuto da solo, all'alba in un parco deserto di New York: solo uno jogger ha visto le fiamme da lontano, ed ha avvisato la polizia. Dopodichè i media si sono degnati appena di dare la notizia, più che altro per un (probabile) senso di dovere verso chi ha compiuto un gesto così estremo.
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