Fra le tante promesse elettorali che sembrano finite nel dimenticatoio, c'è anche quella di togliere le sanzioni alla Russia. Sia Salvini sia Di Maio si erano dichiarati a favore di una rimozione delle sanzioni, non per motivi ideologici, ma "perchè danneggiano l'economia italiana".
Che fine hanno fatto queste promesse?
Ieri lo stesso ministro degli esteri russo Lavrov ha concesso un'intervista a El Paìs, dichiarando: "Questa mitologica "minaccia russa" viene imposta agli europei primariamente dall'esterno. Le sanzioni alla russia sono state imposte all'Europa sotto ordini diretti di Washington. Secondo alcune stime, la perdita complessiva da parte delle nazioni europee a causa delle sanzioni è stata di oltre 100 miliardi di dollari. E' importante che i politici europei si rendano conto di questo."
In questo discorso del 1995, Fidel Castro tesse un elogio degli americani, rispettosi della democrazia e dei diritti umani.
Fonte Pandora TV
La sfida lanciata da Di Maio e Salvini all'Europa sta cominciando ad avere delle serie ripercussioni.
Dopo 48 ore di calma apparente, seguite all'annuncio del nostro governo di aver optato per un rapporto deficit-Pil del 2,4%, i famosi "mercati" hanno cominciato ad agitarsi, lo spread ha iniziato a salire, e la grancassa mediatica ha dato una enorme risonanza a questo fatto.
Evidentemente Salvini e Di Maio hanno fatto male i loro calcoli: pensavano che l'affronto del 2,4% sarebbe passato senza conseguenze, perché è nell'interesse dell'Europa di non alzare i toni dello scontro, in un momento in cui questo non farebbe che favorire gli stessi Salvini è Di Maio alle prossime elezioni europee.
Invece, a quanto pare, c'è qualcuno a Bruxelles a cui non piace comunque l'idea che l'Italia possa fare di testa propria, ed ha iniziato ad agitare i mercati, per mettere l'Italia sotto pressione.
di Maurizio Blondet
Un breve recupero dei fatti della settimana per rilevare fino a che punto l’euro-oligarchia ha assunto i modi, costumi, le arroganze e soprattutto la stolidità dell’antica nobiltà di sangue – quella che per lo più sotto la ghigliottina perse la testa: testa della quale non aveva mai fatto uso, per secoli non avendone avuto bisogno per comandare.
Il primo caso plateale è ovviamente quello del ministro lussemburghese Asselborn a Vienna. Siccome lui ha detto che l’Europa ha bisogno di immigrati perché invecchia, per lui questa è le verità definitiva. Non si aspettava nessuna contraddizione. Sicchè la pacata osservazione di Salvini – “Ho una prospettiva completamente diversa. Io penso di essere al governo per aiutare i nostri giovani a tornare a fare quei figli che facevano qualche anno fa e non per espiantare il meglio dei giovani africani per rimpiazzare i giovani europei che per motivi economici oggi non fanno più figli” – lo ha fatto soffocare di rabbia. L’ha sentita come un insulto personalmente a lui, il barone Asselborn da Steinfort: dove andiamo a finire, se i subalterni cominciano a risponderti? Se un discendente di un servo italiano si permette di contraddirti? Soprattutto mostrandosi più ragionevole di te? E’ un affronto scandaloso.
di Giulietto Chiesa
Sarebbe straordinario quello che ho letto sull’ultimo editoriale di Eugenio Scalfari (la Repubblica, 9 settembre) se non fosse un ulteriore segnale della degenerazione del dibattito pubblico nel nostro Paese e in generale dell’Occidente, Europa in testa.
Leggo e “strabilio” vedendo Scalfari definire Vladimir Putin come “leader del comunismo mondiale”. Povero presidente della Russia, che si è visto attribuire negli ultimi anni – a partire dal suo discorso di Monaco – una tale serie di crimini: dall’assassinio della Politkovskaja, a quello di Litvinenko, all’abbattimento del Boeing malaysiano nei cieli del Donbass in guerra, al tentato assassinio di Skripal e di sua figlia Julia, al sequestro della (altrimenti com’è ben noto, splendente) democrazia americana in occasione del famosissimo Russiagate, fino al risultato elettorale del 4 marzo in Italia. Crimine, quest’ultimo, evidentemente così imperdonabile da aver fatto venire le traveggole non solo a Scalfari, ma a tutto il mainstream italiano e internazionale.
Silvestro Montanaro è l'autore del documentario su Thomas Sankarà "E quel giorno uccisero la felicità". In questa conferenza, organizzata da Francesca Salvador, ci racconta i retroscena che hanno portato al suo licenziamento dalla RAI, dopo la messa in onda del documentario. Montanaro racconta anche altri fatti, estremamente interessanti, che aiutano a capire meglio quali forze si muovano dietro al colonialismo occidentale in Africa. La verità sui "paesi in via di sviluppo". Montanaro parla anche dei veri motivi dell'uccisione di Gheddafi, non senza aver fatto precedere il suo intervento da una descrizione agghiacciante del turismo sessuale in Thailandia, che vede tristemente gli italiani fra i maggiori protagonisti.
ATTENZIONE: E' stata pubblicata la trascrizione dell'intervista, in coda all'articolo.
Chiunque voglia considerarsi cittadino del mondo DEVE vedere questa intervista, dall'inizio alla fine. (Questo video resterà in testa per diversi giorni, per permettere a tutti di vederlo. Fate il possibile per farlo circolare anche sui social).
Mohamed Konare, leader del movimento Panafricanista, spiega in termini chiari e semplici come a tutt'oggi 14 nazioni dell'Africa occidentale e subsahariana (Senegal, Niger, Costa D'Avorio, Mali, ecc.) vivano nella condizione fattuale di colonie francesi. Nonostante l'indipendenza di facciata - spiega Konare - la Francia è riuscita a mantenere di fatto la completa dipendenza economica di queste nazioni, grazie ad un meccanismo (il franco CFA) per cui i paesi africani vendono nel mondo le materie prime, ma è la Francia ad incassare e gestire il ricavato delle vendite. Questo meccanismo porta nelle casse francesi una plusvalenza di 400 mld di dollari all'anno, mentre ai paesi africani restano solo le briciole, da spendere esclusivamente in moneta locale. Nel corso della storia 22 capi di stato africani hanno tentato di far uscire il proprio paese dalla morsa degli accordi coloniali, e 22 di loro sono stati ammazzati. [...]
Robert Fisk è considerato uno dei più grandi reporter di guerra del mondo. In Medio Oriente dal 1976 come corrispondente del Times, ha seguito la guerra civile libanese, l’invasione sovietica dell’Afghanistan, la guerra Iran-Iraq, le guerre balcaniche, la prima e la seconda guerra del Golfo, sempre denunciando crimini di guerra di opposte fazioni e molte delle attività dei governi occidentali in Medio Oriente. Un vero testimone del nostro tempo. Oggi collabora con l’Independent, e qui vi proponiamo ampi stralci del suo ultimo clamoroso articolo sulla Siria. Titolo: “La ricerca della verità tra le macerie di Duma – e i dubbi di un medico sull’attacco chimico”. La parola di Fisk ha un peso, e se anche lui si chiede “gli attacchi con il gas sono avvenuti davvero?”, il mondo non può non ascoltare.
Questa è la storia di una città chiamata Duma, un luogo devastato tra palazzi distrutti, e di una clinica sotterranea le cui immagini di sofferenza hanno autorizzato tre delle nazioni più potenti del mondo occidentale a bombardare la Siria la settimana scorsa. C’è un dottore amichevole in camice verde che, mentre lo seguo nella clinica, allegramente mi dice che il video sul “gas” che ha fatto inorridire il mondo, malgrado i dubbiosi, è perfettamente autentico.
Era un bel mattino del 2014. Il presidente russo Vladimir Putin si svegliò di buon umore, guardò fuori dalla finestra, e vide i raggi del sole che accarezzavano le cupole del Cremlino. Gli uccellini cinguettavano allegri. Putin chiamò il suo segretario e gli chiese:
"Che cosa succede oggi nel mondo?"
"Niente di particolare, presidente Vladimir. È tutto tranquillo, a oriente come a occidente", rispose il segretario.
"Uffa che noia - disse Putin fra uno sbadiglio e l'altro - Ma non possiamo fare qualcosa di divertente?"
Se c'è una qualità che va riconosciuta alla Francia è quella di non essersi mai piegata ossequiosamente ai voleri degli Stati Uniti. Fin dai tempi di De Gaulle, che nel 1966 ritirò il suo paese dalla NATO, il nazionalismo francese è sempre stato una nota predominante nei rapporti con gli Stati Uniti.
Ed è soltanto di ieri la dichiarazione del ministro delle finanze francese, Bruno Le Maire, che in un'intervista a Europe-1 ha detto che "l'Europa non dovrebbe accettare che gli americani siano i poliziotti economici del mondo".
Come sappiamo infatti, con la rescissione dell'accordo nucleare con l'Iran, gli USA non solo torneranno ad imporre dure sanzioni econoniche al paese degli Ayatollah, ma minacciano anche severe ripercussioni su tutte quelle società europee che non interrompessero immediatamente ogni relazione econonomica con Teheran.
Gli Stati Uniti hanno rescisso unilateralmente l'accordo sul nucleare con l'Iran. La motivazione ufficiale è che: "L’Iran è il principale sponsor mondiale del terrorismo. Continua a sviluppare i suoi missili e a destabilizzare il Medio Oriente. Ora abbiamo anche la prova definitiva che la promessa di non sviluppare le armi atomiche era una bugia".
Peccato che questa "prova definitiva" stia tutta nelle mani di Netaniahu, e che nessuno al mondo abbia ancora potuto verificarla.
Inoltre, basta fare una semplice prova del nove per dimostrare che non è questo il vero motivo per la rescissione dell'accordo: se davvero gli USA temessero un armamento nucleare iraniano, metterebbero sul chivalà anche i loro alleati europei, e insisterebbero a voce alta perchè tutti uscisero dall'accordo al più presto, obbligando l'Iran a fermare immediatamente l'arricchimento dell'uranio. Invece gli Stati Uniti si sono "dimenticati" di fare pressioni sull'Europa per questo "pericolo imminente", mentre sembrano solo interessati a tornare ad imporre al più presto le durissime sanzioni economiche all'Iran, che già vigevano prima dell'accordo.
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