Immaginate se Carlo Sibilia - o un qualunque altro deputato 5 Stelle - avesse dichiarato che lui parla regolarmente "con i dirigenti di altri pianeti". Si sarebbe scatenato il finimondo, gli avrebbero dato dell'ubriacone e avrebbero chiesto subito le sue dimissioni da parlamentare.
Se invece una cosa del genere la dice Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione europea, allora non succede niente.
Chi, come me, è andato a dormire verso mezzanotte, si è addormentato convinto che la Gran Bretagna fosse rimasta nell'Europa. Invece nel corso della notte c'è stato il capovolgimento dei dati.
E questo è avvenuto nonostante la violenta battuta d'arresto subita dalla campagna del sì dopo l'omicidio di Jo Cox.
Mentre infatti nessuno potrà mai affermare che l'omicidio della parlamentare Jo Cox sia stato commissionato da chi voleva evitare l'uscita della Gran Bretagna dall'Europa, nessuno potrà mai nemmeno negare che questo episodio abbia influito in maniera sostanziale sull'andamento dei sondaggi. Fino al giorno prima del suo assassinio, infatti, i sondaggi davano il sì per la Brexit in costante aumento. Partiti da un rassicurante 65-35 per il no, le percentuali fra sì e no erano ormai arrivate alla pari. Deve essere stato un momento terrificante, per coloro che temono la futura disgregazione dell'Europa unita.
Dopo il rifiuto del direttore dell'Unità di correggere la plateale gaffe su Virginia Raggi (che era stata erroneamente individuata in un video ad inneggiare a Berlusconi) credevamo che il giornalismo italiano avesse toccato il fondo.
Invece oggi il Corriere della Sera ci ha dimostrato che ci sono immense profondità, negli abissi del giornalismo nostrano, ancora tutte da esplorare. Il titolo è "Euro 2016, tre tifosi russi in carcere. Il capo degli hooligans vicino a Putin".
Lo scoop consiste nell'aver individuato una "vicinanza" fra Putin e il capo dei tifosi russi, Alexander Shprygin.
L'articolo recita: "Tra loro [gli arrestati di Marsiglia, ndr] c’è anche il capo degli hooligans che hanno portato avanti le violenze di Marsiglia. Si tratta di Alexander Shprygin, 38 anni, responsabile dell’Unione di tutti i tifosi russi e che è arrivato in Francia con la delegazione ufficiale inviata da Mosca. Shrpygin è sospettato di avere affiliazioni con l’estrema destra (nonostante abbia negato di essere stato fotografato mentre faceva il saluto nazista). Non solo. Sono spuntate anche alcune foto che lo ritraggono molto vicino al presidente Vladimir Putin: in un’immagine del 2010, il tifoso è accanto a Putin al Cimitero di Lublino in occasione di una cerimonia in memoria di Yegor Sviridov, un tifoso dello Spartak ucciso a Mosca."
Nei media ormai quasi universalmente ‘allineati e coperti’ passano raramente notizie autentiche, news in grado di dare un quadro reale di quanto accade nel mondo.
di Piero Cammerinesi
Ogni tanto, però, qualcosa trapela e, anche se minimizzato o tardivamente negato o ridicolizzato, può aiutare il lettore spregiudicato a cogliere degli elementi utili per formarsi un giudizio indipendente sui fatti.
Una di queste notizie si riferisce a un’ammissione del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, il quale ha dichiarato ieri di aver rimosso – ad appena 72 ore dalla pubblicazione - la coalizione guidata dall’Arabia Saudita dalla lista nera dei Paesi assassini di bambini.
Perché è stata cancellata da questo vergognoso elenco l’Arabia Saudita che sta bombardando da mesi lo Yemen insieme a Bahrain, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Giordania, Marocco e Sudan?
Provate ad immaginare se i tre più importanti quotidiani italiani - Corriere, Stampa e Repubblica -decidessero tutti insieme di scatenare una campagna mediatica di discredito contro un singolo personaggio politico: persino i morti si accorgerebbero che c'è qualcosa di poco "giornalistico" in un'operazione del genere.
Ebbene, è proprio quello che sta succedendo negli Stati Uniti in questi giorni: i tre più importanti quotidiani americani, e cioè il New York Times, il Washington Post e il Los Angeles Times, hanno deciso di sparare ad alzo zero contro Donald Trump.
Già da tempo il Los Angeles Times usciva con articoli apertamente denigratori contro il magnate americano, definendolo ripetutamente un ciarlatano, un buffone senza credibilità, oppure addirittura una star da soap-opera. Adesso si sono aggiunti il New York Times e il Washington Post, che in un'azione chiaramente concertata stanno cercando di distruggere la credibilità dell'uomo che nell'arco di pochi mesi ha completamente stravolto le regole delle elezioni presidenziali.
Il Washington post ha pubblicato un paginone nel quale raccoglie tutte le presunte bugie e false affermazioni pronunciate da Trump negli ultimi mesi. Naturalmente, pur di aumentare il volume delle presunte "bugie", il Washington Post non si fa scrupoli nell'elencare anche delle semplici opinioni di Donald Trump, che fa passare come "falsità" solo perché non sono supportate dai fatti ( "unsupported claim").
Fino all'altro ieri Donald Trump era considerato soltanto una macchietta, un personaggio colorito salito alla ribalta solo grazie al momentaneo vuoto che si è creato ai vertici della classe dirigente del partito repubblicano.
"Al massimo - si diceva - vincerà la nomination dei repubblicani, ma poi Hillary Clinton lo schiaccerà come una lucertola sull'asfalto". La convinzione più diffusa a livello mainstream infatti era che Trump, con le sue posizioni estremiste, xenofobe e razziste, non sarebbe comunque mai riuscito a conquistare quella famosa fetta intermedia di elettori americani - i cosiddetti "indecisi", collocati al centro dello schieramento elettorale - che di solito rappresentano l'ago della bilancia nelle elezioni presidenziali.
Ma da qualche giorno le cose sono radicalmente cambiate, perché Donald Trump ha finalmente fatto il suo primo discorso sulla politica estera, ed ha spiazzato tutti: invece del solito sproloquio vuoto e delirante, Trump ha messo insieme un discorso sensato, equilibrato e assolutamente ragionevole, che sembra aver fatto presa sul grande pubblico. In sintesi, ha detto Trump, gli Stati Uniti devono mettere fine alla loro politica interventista nel mondo, e ritrovare un equilibrio con le grandi potenze straniere, basato sul reciproco rispetto delle esigenze di ciascuno. (Grande festa ovviamente a Mosca, dove Donald Trump suscita decisamente maggiori simpatie della Clinton).
Talmente "pericoloso" si è rivelato questo discorso per la politica dei guerrafondai americani (di cui la Clinton si propone come leader indiscussa) ...
Quando ho aperto le news, questa mattina, mi è venuto da sorridere: Putin fra coloro che nascondono i propri soldi nei paradisi fiscali. E ti pareva - ho pensato - ora ci manca solo che scoprano che è un pedofilo, e il ritratto del grande babau sarà finalmente completato.
La notizia dei Panama Papers, infatti, non avrebbe nulla di sconvolgente, se non fosse per il risalto esagerato che si è voluto dare alla figura del leader russo all'interno di questo presunto nuovo scandalo. Ma quando vedi che tutte le testate occidentali - dal New York Times alla BBC, dall'Espresso alla Cnn, mettono tutti l'accento su Vladimir Putin, allora ti viene da sorridere: è chiaro che si tratta di una operazione di discredito progettata a tavolino.
La cosa divertente infatti è che tutte queste testate si danno un gran da fare per riempire la prima pagina con le foto dei vari personaggi coinvolti nello scandalo - da Cameron a Montezemolo, da Messi a Jackie Chan - ma il primo in alto a sinistra è quasi sempre lui: Vladimir Putin.
Un'altra cosa che salta all'occhio, in una rosa così forbita di grossi personaggi mondiali, è la totale assenza di un qualunque nome americano di rilievo.
L'India ha deciso di porre fine allo sfruttamento da parte della Monsanto delle proprie coltivazioni di cotone, tagliando le loro percentuali sulle royalties dei semi venduti di quasi il 70%.
"E' ora di mettere fine a questa avidità basata sulle percentuali", ha dichiarato il ministro dell'agricoltura indiano, Sanjeev Kumar Balyan.
Imponendo sul mercato il proprio seme geneticamente modificato, infatti, la Monsanto è arrivata ormai a controllare il 90% della produzione indiana di cotone, fornendo il proprio prodotto ad oltre 7 milioni di piccoli coltivatori indipendenti. Ma il costo delle royalties, sommato all'alto prezzo dei semi stessi, e ai costi aggiuntivi richiesti da questo tipo di coltivazione, hanno portato centinaia di migliaia di piccoli coltivatori in bancarotta.
Il problema principale delle coltivazioni OGM, infatti, è che richiedono una quantità di acqua per l'irrigazione molto superiore alla norma, e questo naturalmente comporta costi aggiuntivi per i contadini locali, che spesso abitano in zone scarsamete irrorate.
Non è facile capire cosa sia successo nei giorni scorsi intorno alla vicenda dei quattro ostaggi italiani - due uccisi e due liberati, nell'arco di sole 24 ore. Ci sono però alcuni punti fermi che risulta molto difficile considerare casuali, e non correlati fra loro.
1 - Fino all'altro ieri circolavano voci insistenti di una imminente attacco militare italiano alla Libia. Non si capiva bene si sarebbe trattato di una "cinquantina di uomini" dei corpi speciali, oppure di un vero e proprio attacco militare, ma dopo che il capo del Pentagono Ash Carter ci aveva generosamente dato "la benedizione" per guidare le operazioni militari in Libia, era diventato molto difficile fare finta che non ci fosse nulla in preparazione.
2 - Dopo che Fausto Piano e Salvatore Failla sono stati uccisi, i loro relativi familiari hanno denunciato lo Stato italiano per "averli abbandonati al loro destino". Subito dopo, abbiamo saputo da "fonti certe" italiane che gli altri due, Calcagno e Pollicardo, erano vivi e stavano bene. Questo significa che molto probabilmente, i nostri servizi sapevano anche benissimo dove si trovassero i primi due.
Lo abbiamo detto tante volte, e lo ripetiamo anche oggi: le elezioni americane, comunque vadano a finire, non servono a cambiare il corso della storia. Nessun presidente, per quanto tenace e caparbio possa essere, è in grado di farlo.
Le elezioni americane servono però a capire quale sia il sentimento generale della popolazione in un determinato momento storico.
E le elezioni attualmente in corso ci stanno dicendo una cosa molto chiara: sia da destra che da sinistra, la gente è stufa del tradizionale sistema politico. Il fatto che a destra stia vincendo un candidato, Donald Trump, che non è mai stato eletto ad alcun ruolo pubblico nella sua vita, la dice lunga su quanto basso sia l'entusiasmo dei repubblicani per i loro rappresentanti moderati, "di sistema", come Marco Rubio o Jeb Bush.
Il fatto che a sinistra stia vincendo un candidato, Sanders, che si dichiara apertamente "socialista" - una parolaccia vera e propria, nella cultura americana - la dice lunga su quanto basso sia l'entusiasmo dei democratici per la loro rappresentante moderata, "di sistema", Hillary Clinton.
La grande fatica che la Clinton sta facendo nell'imporsi in campo democratico, inoltre, rivela un'altra verità storica importante: quello che otto anni fa avrebbe rappresentato un cambiamento storico epocale, e cioè l'elezione della prima donna nella storia a presidente degli Stati Uniti, oggi è considerato semplicemente un fatto aneddotico: che vinca un uomo o una donna non fa più nessuna differenza per gli americani. Le nuove generazioni di donne non si sentono più in dovere di votare la Clinton "in quanto donna", ma sono tornate a mettere le questioni di principio al di sopra di quelle di gender.
Con questo articolo, Fulvio Grimaldi capovolge la lettura corrente del caso Regeni. Una ipotesi azzardata, ma di questi tempi chi se la sente di escluderla?
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Due cose sono infinite. L’universo e la stupidità umana. E non sono sicuro dell’universo”. (Albert Einstein).
“Le azioni sono ritenute buone o cattive, non per il loro merito, ma secondo chi le fa. Non c’è quasi genere di nequizia– tortura, carcere senza processo, assassinio, bombardamento di civili – che non cambi il suo colore morale se commessa dalla ‘nostra’ parte. Lo sciovinista non solo non disapprova atrocità commesse dalla sua parte. Ha anche una notevole capacità di non accorgersene”. (George Orwell)
Un eroe? Calma e gesso.
Sulla persona di Giulio Regeni, trovato morto con segni di tortura al Cairo, probabilmente fatto trovare morto con segni di tortura, non ho elementi e quindi diritto di pronunciarmi. Prendo atto della sua formazione accademica anglosassone, della sua vicinanza giornalistica al più discutibile e filoccidentale informatore sul Medioriente (Giuseppe Acconcia, “il manifesto”), del suo impegno per i "sindacati indipendenti". Leggo anche della notizia riferita dal “Giornale” secondo cui Regeni avrebbe lavorato per il servizio segreto AISE. Prendo quest’ultima notizia con le pinze, come con pinze lunghe cento metri prendo l’uragano di interpretazioni uniformi e apodittiche, nella solita chiave razzista eurocentrica, scatenate, sul solito pubblico basito e disarmato, in perfetta unanimità dai due giornali opposti di opposizione (“manifesto” e “Fatto Quotidiano”) e dalla gran maggioranza dei mainstream media di stampa e radiotelevisivi. In ogni caso, compiango la sua morte e il dolore dei suoi.
Non ho certezze, ma come per tutti gli avvenimenti che rivestono una portata strategica ed esercitano una fortissima pressione sull’opinione pubblica, potenziata dal concorso dei media citati, mi permetto di rilevare indizi e raggiungere un’ipotesi che, alla luce di quanto c’è di concreto e inoppugnabile, ha la stessa dignità e validità di quelle conclamate con sospetta sicumera da tutti gli altri che, a minuti dalla scoperta del cadavere, sanno già perfettamente su chi puntare il dito.
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