Quante volte, negli ultimi tempi, abbiamo sentito parlare di "necessità di un cambiamento"?
Di fatto, questa formula si ripropone ciclicamente, ogni volta che le condizioni sociali di una determinata nazione si avvicinino al livello dell'intollerabilità. Più quel limite si fa prossimo, più sentirete il politico di turno che si propone con urgenza alla guida del paese per portare un "cambiamento", un "rinnovamento", una "valida alternativa" al sistema vigente.
In realtà, la formula del "cambiamento" è una formula vuota già in partenza, indipendentemente dalla situazione o dal personaggio politico che cerchi di proporla. Non è infatti possibile imporre un qualunque "cambiamento" per decreto legge, o per semplice volontà politica: il cambiamento può essere soltanto la conseguenza di un processo evolutivo, non può esserne la causa stessa.
Non basta (vedi Stati uniti) fare una legge che "stabilisca la fine della discriminazione razziale", per porre effettivamente fine alla discriminazione razziale. Non basta (vedi Italia) creare un "ministero della pari opportunità" ...
di Roberto Vacca
Gli Stati Uniti decidono di investire in nuove, moderne armi nucleari 355 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni. Nei prossimi 30 anni salirebbero a mille miliardi di dollari. La notizia è apparsa sul NY Times on line del 21/9/14. In Italia non è stata ripresa da giornali, né emittenti TV. Taluno ha proposto che si revochi a Obama il Nobel per la Pace conferitogli nel 2009 - solo perché sta armando con armi convenzionali e appoggiando curdi e iracheni contro l'ISIS. Questa decisione di rimodernare l'arsenale nucleare USA è motivo molto più forte per revocargli il premio. L'avevo già proposto nel Maggio 2013 nel mio articolo che riporto più oltre.
Di questi mille miliardi si parlava già nel gennaio 2014. Sarebbero stati ripartiti fra le 3 componenti della triade: missili balistici intercontinentali, sottomarini nucleari, bombardieri nucleari. J. Wolfstahl e J. Lewis del James Martin Center for Nonproliferation Studies di Monterey, Calif. avevano commentato che il bilancio federale USA non era in grado di tirare fuori queste enormi somme.
Si può arguire che la decisione americana sia una risposta alle minacce di usare armi atomiche ...
In questi giorni il premier Matteo Renzi è in visita ufficiale negli Stati Uniti. Finora il viaggio—tra selfie, tweet, Google Glass, incontri con i big della Silicon Valley e propaganda assortita—è andato abbastanza bene. Questo almeno fino a ieri, quando Renzi ha di nuovo parlato in inglese in pubblico, per quasi un’ora filata.
L'ultima volta era successo in occasione di Digital Venice, di fronte a una platea tutto sommato piccola e relativamente local; in quell'ormai famoso discorso, Renzi è riuscito a guadagnarsi un posto d'onore nell'olimpo dei politici italiani che parlano un inglese di merda; non tanto per la qualità del suo inglese—imbarazzante, ma comunque migliore di quella di molti altri politici—quanto per il fatto che mentre i suoi colleghi si sono sempre limitati a pronunciare singole frasi in lingue a loro semi-sconosciute, lui è andato avanti per mezz'ora.
Dopo quell'occasione speravamo che un simile, estenuante corpo a corpo con l'inglese non si sarebbe più ripetuto. Invece non solo Renzi è tornato a fare lunghi discorsi in inglese in pubblico, ma lo ha fatto al Council on Foreign Relations, uno dei più potenti think tank di politica estera del mondo occidentale, davanti a una platea di americani e potenziali investitori internazionali.
Renzi ha anche provato a buttarla sull'autoironia, scherzando sul fatto che "il mio inglese è terribile" e chiedendo di mettere "i sottotitoli." Ma questo ovviamente non ha cambiato il risultato finale. [...]
Claudio Moffa: Rompere la gabbia. Sovranità monetaria e rinegoziazione del debito contro la crisi, Arianna Editrice, Bologna 2014
Recensione di Enrico Galoppini
La “gabbia” che Claudio Moffa col suo saggio pubblicato da Arianna Editrice invita a “rompere” non è quella dell’euro, se con ciò s’intende una ‘romantica’ operazione di “ritorno alla lira”.
Come recita il sottotitolo nella copertina di "Rompere la gabbia", la questione cruciale è quella della sovranità monetaria, che il docente di Storia e Istituzioni dei Paesi afro-asiatici all’Università di Teramo auspica venga ristabilita al più presto, in Italia e negli altri Paesi occidentali, per uscire dall’attuale “crisi”.
Esiste tuttavia un ostacolo insormontabile: la mancanza di volontà da parte di un ceto politico ed una classe dirigente che nel migliore dei casi, quando non si tratta di personaggi collusi e a libro paga, s’illudono che l’attuale abnorme finanziarizzazione dell’economia e della vita degli Stati nel suo complesso possa durare ancora a lungo senza ridurre la stragrande maggioranza nelle persone in una schiavitù che la ‘gabbia’ del titolo di quest’opera evoca al meglio.
Per procrastinare quest’inevitabile esito, già in parte realizzatosi, questi cosiddetti politici delle moderne “democrazie”, su imbeccata dei loro padroni e dei media di loro proprietà, si sono inventati l’ondata di “antipolitica” e la “crisi”.
Ma la “crisi” non è il risultato di “sprechi” e “ruberie” (che pure ci sono), come vorrebbe farci intendere anche tutta una saggistica interessata che ha preso a bersaglio l’ormai celebre “casta” e non il mondo della grande finanza speculativa.
Perché se di “casta” si deve parlare, essa va cercata tra quell’élite, invero ristretta e potentissima, dei “signori del denaro”. [...]
Leggi tutto: Cameron attacca il 9/11 Truth Movement